BORGO SAN LORENZO – Passeggiando per le strade del centro storico di Borgo San Lorenzo troverete dei cartelloni con frasi e disegni. Sono le poesie illustrate realizzate dagli alunni e dalle alunne dell’ Istituto comprensivo di Borgo San Lorenzo che coi loro insegnanti hanno aderito alla terza edizione dell’ iniziativa Pro Loco “ L’ Angolo della poesia” giunta quest’ anno alla terza edizione. Ogni anno quattro temi, che stimolano i ragazzi a riflettere, a guardare dentro loro stessi e a mettere nero su bianco sogni e desideri. Quest’anno gli argomenti erano “ Il mio paese”, “ La scuola che vorrei, “ Parlo di me” e “ Tema libero” ed è sorprendente la quantità di emozioni suscitate dalle loro parole, con le quali hanno descritto luoghi, persone, sentimenti, ma anche tematiche profonde con la semplicità disarmante della loro giovane età.

Inoltre quest’ anno la ProLoco ha voluto racchiudere questi lavori in un bellissimo libro, che solo a sfogliarlo è un’iniezione di ottimismo e di allegria. Vi invitiamo dunque a passeggiare in centro e a soffermarvi a a leggere le poesie, chi volesse inoltre una copia del libro può rivolgersi alla Pro Loco al numero 339 6017119 o al negozio “ La Coccinella” in Via Mazzini a Borgo San Lorenzo.

Marilisa Cantini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 28 marzo 2024

SCARPERIA E SAN PIERO – Visto il gradimento della proposta di cineforum attivato nei mesi scorsi, Auser-Università dell’età libera del Mugello, in collaborazione con l’Ass. Arzach, che gestisce il cinema Garibaldi di Scarperia, ha organizzato un nuovo breve ciclo di tre proiezioni da farsi dopo Pasqua, il giovedì alle 21,15.

La proposta è aperta a tutti, anche non soci, il biglietto è stato contenuto a 5 euro per film, per facilitare la partecipazione, fosse anche per una sola serata. A tutti i partecipanti verrà consegnata una scheda critica del film, poi alla fine della proiezione, per chi vorrà trattenersi, ci sarà la discussione coordinata da Andrea Banchi, socio dell’Auser.
Questa è la programmazione:

Giovedì 4 aprile – ore 21,15
Prima della pioggia di Milcho Manchevski, 1994, 115 min., GB-Macedonia, drammatico

Giovedì 11 aprile – ore 21,15
Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, 2014, 100 min., USA, commedia

Giovedì 18 aprile – ore 21,15
45 anni di Andrew Haig, 2015, 95 min., GB, drammatico

Le tre opere proposte sono di qualche anno fa, ma sono tutte di valore, spesso premiate in ambito internazionale. Hanno caratteristiche molto diverse. Vengono riproposte perché anche se già viste risultano ricche di spunti di riflessione e discussione. “Siamo convinti – spiegano gli organizzatori – che apprendere o riprendere l’abitudine ad un esame critico dei film che vediamo sia piacevole, e che farlo insieme ad altri spettatori sia un arricchimento culturale e sociale, positivo anche per il nostro modo di stare insieme come comunità locale”.

Il primo film che viene proposto il 4 aprile “Prima della pioggia”, vinse il Leone d’oro a Venezia, nel 1994, e numerosi altri premi internazionali. E’ un film di straordinaria bellezza, in tre episodi concatenati, in modo atemporale, come farà anche Quentin Tarantino. Di origine macedone, il regista narra l’inizio delle violenze che daranno luogo, poco tempo dopo, alla guerra conseguente alla disgregazione della Jugoslavia.

 

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 28 Marzo 2024

VICCHIO – Arrivano anche a Vicchio le visite guidate di “Riflessi d’arte”, a cura del Sistema Museale Mugello – Montagna Fiorentina, presso il Museo Beato Angelico, dove i visitatori saranno invitati a ripercorre la vita di Bianca Cappello e i suoi forti legami con il Mugello ed in particolare con la chiesa di S. Maria a Olmi dove sarà immortalata, in uno dei sui rari ritratti conservati, realizzati da Alessandro Allori.

Appuntamento domenica sabato 30 marzo alle ore 10,30 oppure sabato 13 aprile sempre alle 10,30 vi aspettiamo per la visita guidata ‘L’incanto dell’affresco’.

Tutte le visite guidate di Riflessi d’arte sono ispirate alla mostra “I Medici: gente del Mugello. Ritratti di famiglia dalle Gallerie degli Uffizi” visitabile fino al 2 giugno 2024 al Palazzo dei Vicari e Museo dei Ferri Taglienti. 

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 26 marzo 2024

BARBERINO DI MUGELLO – Mercoledì 3 aprile, alle 18.30 alla libreria “Capitolo 7” di Barberino di Mugello l’autore fiorentino Marco Vichi presenterà il suo ultimo romanzo “Il ritorno”. 

Il libro racconta la storia di una donna nata bambino che, per non rinunciare alla propria identità più autentica, dovrà attraversare l’inferno, quello costruito dagli uomini sulla terra. Sarà costretta a fuggire da molte gabbie, liberandosi da pregiudizi, malignità, umiliazioni, violenza. Sopporterà i tradimenti più dolorosi e la solitudine più estrema. Lontana da casa, sprofonderà nell’orrore e nello strazio della guerra dei Balcani, simile a una delle tante guerre che ammorbano questi decenni di pace apparente. Nella sua storia senza respiro, ogni affermazione e ogni negazione vengono rivoltate, amplificate, distrutte e poi sognate, nel tentativo folle di arrivare a un punto che sia almeno un po’ veritiero. Un luogo dove chi è generoso e sa amare abbia ancora diritto all’esistenza. Questa donna che non cede, che non si corrompe, che sa vedere, persino sorridere, e giocare, ha un nome semplice, si chiama Maria. Non è frequente, ma a volte succede che ci siano persone come lei e storie come la sua, nelle quali gli archetipi si manifestano e parlano delle vite di tutti.

Ad accompagnare l’autore, un collega, l’autore Paolo Ciampi che converserà con Vichi accompagnandoci alla scoperta di quest’ultima fatica letteraria. 

L’ingresso è libero ma è consigliata la prenotazione al numero 353 440 6628.

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 25 Marzo 2024

MARRADI – Sabato 23 Marzo, presso l’ Urban Center, la sezione ANPI di Marradi ha inaugurato la mostra. “Brutti, sporchi e cattivi, 100 anni di emigrazione italiana fra discriminazione e pregiudizi”.

La mostra con scritti, disegni e foto ripercorre in particolare l’emigrazione che ha visto come protagonisti cittadini marradesi: la prima parte dall’inizio del secolo con mete transoceaniche verso i paesi delle Americhe, mentre la seconda parte verso i paesi europei.

Le immagini hanno mantenuto la forza evocativa e il vissuto dei vari protagonisti, facendo riflettere di come sempre sia tragico lasciare la propria terra, i propri cari alla ricerca di una nuova vita il cui esito è tutt’altro che scontato. La Signora Danila Calderoni, che insieme alla sorella Luisa, ha coordinato l’iniziativa, ha comunicato che la mostra vuole essere un omaggio a tutti i migranti, in particolare a quelli marradesi, e anche un piccolo seme contro il pregiudizio che da sempre è una costante nei confronti dei migranti.

Le testimonianze, alcune in video, di marradesi che non sono più con noi e che ci fa piacere ricordare: Alfredo Bellini e Rita Alpi, altri invece dal vivo: Leonarda Malavolti e Gian Carlo Benerecetti, ci hanno riportato dagli anni cinquanta fino ai primi anni settanta.

La guerra aveva lasciato sul territorio marradese terribili conseguenze e le emergenze economiche erano stringenti, anche perché le attività legate al mondo rurale iniziavano a non essere più sufficienti per molti abitanti, così come in tanti luoghi italiani, gli uomini per lo più giovani si indirizzavano verso i paesi di confine che avevano bisogno di braccia forti per le loro costruzioni e per le loro fabbriche, in particolare la Svizzera, la Germania e in parte la Francia.

Alfredo, che rimase in Svizzera come muratore dal 1958 al 1963, raccontava che c’era sempre un gancio che apriva il contatto, al quale poi seguiva un ingaggio con un contratto di lavoro. Gli italiani venivano chiamati “cingali”, che in realtà voleva dire zingari, c’era una non sempre velata discriminazione, fra i migranti in base alla regione di appartenenza. Tuttavia pian-piano grazie anche a una padronanza sempre migliore della lingua e rispettando appieno leggi e regole, il bilancio della permanenza era stato sostanzialmente positivo. Il problema più grave era per chi aveva moglie e figli, era infatti complicato ricongiungersi e soprattutto tenere i bambini con sé. Anche Rita raccontava che aveva vissuto bene gli anni in Svizzera, anche lei lavorava (una delle poche donne) insieme al marito in un atelier di tappezzeria. L’aspetto negativo è che le ore di lavoro erano anche più di nove e la loro piccola bambina era accudita da un’ altra famiglia tanto che non voleva più essere considerata italiana.

Leonarda non ricorda volentieri quegli anni, ancora oggi prova una profonda commozione; insieme alla mamma avevano seguito il babbo, che era uno scalpellino nella Svizzera francese, dove ha vissuto l’infanzia e la prima giovinezza. Il ricordo peggiore è legato proprio all’arrivo, quando sia gli uomini che le donne, in ambienti promiscui o addirittura all’aperto, venivano messi a petto scoperto per permettere di praticare i primi esami medici a garanzia della loro salute, prima di iniziare il rapporto di lavoro.

Durante gli anni in Svizzera, nonostante frequentasse le scuole si sentiva diversa, emarginata, spesso gli italiani erano malvisti e bersagli di preconcetti, come purtroppo avviene ancora oggi nel modo delle migrazioni. Il babbo fu poi colpito dalla silicosi, e solo al rientro in Italia ebbe pieno riconoscimento della malattia come conseguenza del lavoro svolto nelle cave di quarzo.

Furono molti gli scalpellini marradesi, abitanti sopratutto nella frazione di Biforco, che in quegli anni lavorano all’estero e subirono la stessa sorte.

L’incontro è stato terminato dl Dott. Alberto Tassinari, che ha evidenziato i continui cambiamenti che subiscono le migrazioni, mantenendo tuttavia alcuni aspetti comuni nelle motivazioni iniziali: si emigra per sfuggire da ambienti devastati da calamità naturali, guerre o per problemi economici, sperando e sognando vita migliore per sè e per la famiglia.

Oggi la parole emigrante accoglie tutto: si va dal pensiero per la gente sui barconi, alla fuga di cervelli e spesso si dimenticano le sensibilità personali, le storie individuali.

Certo è che da sempre bisogna fare i conti con i flussi migratori, con politiche adeguate e con iniziative di formazione che partono dalla scuola, e riconoscere che le migrazioni sono un tassello importante, anzi indispensabile per un autentico progresso delle civiltà.

Fedora Anforti
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 25 marzo 2024

Santa Maria a Vezzano

VICCHIO – Vezzano è una graziosa e tranquilla località a nord di Vicchio. Un gruppo di casette ben ordinate, adagiate in una zona pedemontana disegnata da modesti rilievi e dall’opera preziosa di molte generazioni che da sempre vi hanno condotto una lodevole e proficua attività agreste. Il Poggio del Paretaio ed il Monte di Gattaia sono i primi rilievi che la proteggono dalle gelide correnti settentrionali e costringono la Pesciola ad un’angusta e precipitosa discesa, lungo la quale il torrente sa regalare angoli di straordinaria bellezza naturale.

L’unica stradella che vi sale da valle, percorre ampie radure coltivate seguendo un andamento per lunghi tratti rettilineo che lascia spazio all’ipotesi suggestiva di un impianto romano, per altro facilmente assimilabile al toponimo indicativo del luogo, di inequivocabile matrice latina. Giunta in prossimità dell’abitato, la via prosegue con lo stesso piglio lineare attraversando i quartieri di Vagliano, il Pruno, Querceto, almeno fino alla chiesa di Santa Maria, seguendo un tracciato dalle origini lontanissime. Notizie storiche di un certo rilievo sulle qualità di questo luogo così ameno, iniziano a comparire nel 1084 e proseguono più sporadicamente nei due secoli successivi, quando il Comunello di Vezzano doveva riverenza e obbedienza ai vescovi di Firenze e Fiesole se non all’abate della Badia di Moscheta che possedeva poderi e terreni nella zona. All’inizio del XIV secolo tutta quest’area di media collina doveva avere ormai raggiunto una propria identità urbanistica, costituita da un numero considerevole di individui che occupavano un discreto numero di abituri, probabilmente resedi poco più che capanne, ricovero di pastori, boscaioli e contadini. Nelle stime catastali del primo Trecento si registrano case poderali a Pianuzzo, al Poggio di Piolle, Querceto, a Zolla; spesso munite di aia, orto e forno.

Un’altra casa era registrata a Lato nel 1319, a Fierli un mulino nel 1323 con un altro mulino a La Gufa; a Salomone nel 1348 era una casa con aia, cella e forno e così per un’altra trentina di unità sparse sul territorio. Per assolvere alle esigenze spirituali di questa laboriosa comunità in progressiva crescita demografica, operavano al tempo e contemporaneamente, almeno tre chiese o rettorie, tutte comprese nel piviere di San Cassiano in Padule.

Fra queste era San Pietro a Vezzano detta la Chiesa Vecchia e probabilmente la più antica, posta ad almeno mezzo miglio dall’attuale verso al montagna e poco distante dal fiume. In località Il Piovano, in un piccolo complesso rurale da poco ristrutturato, restano ancora visibili l’abside ed i caratteri tipici dei luoghi di culto che distinguevano la primitiva chiesa di San Pietro.

Sant’Andrea a Vezzano. Ruderi

Sant’ Andrea a Vezzano, già citata in documenti del 1212, era invece lungo la via principale in prossimità del borgo, posta a lato di un hospitale per i pellegrini detto di Salomone del quale oggi non resta traccia. Nonostante l’abbraccio irriverente e distruttivo dei rampicanti, restano dell’edificio sacro parti consistenti in elevato dell’abside e delle mura perimetrali, all’altezza del crocevia della strada che conduce alla frazione di Grezzanello.

Le memorie più antiche della chiesa di Santa Maria a Vezzano risalgono al 1220 e poi al 1276, quando assieme a quelle di San Pietro e Sant’Andrea, appare citata e tassata nelle decime pontificie. Nel 1335 l’edificio mostrava preoccupanti segnali di cedimento strutturale, tanto da costringere prete Chiaro rettore pro tempore, a chiedere il permesso di alienare parte del beneficio in dote alla chiesa per ricavare i fondi necessari al restauro.

Al 1542 e al tempo di Rotuli rettore, sembra risalire invece un restauro radicale se non una ricostruzione vera e propria della chiesa. Verso la metà del XVI secolo deve essersi compiuta la soppressione delle due chiese di San Pietro e Sant’Andrea, con i rispettivi popoli annessi a quello di Santa Maria solo in epoca più tarda. Forse proprio per questa ragione, con decreto vescovile del 13 febbraio 1565, la chiesa era elevata a prioria. Due anni più tardi un provvedimento analogo, ne assegnava il patronato a Matteo Boni da Vicchio, da tempo pastore e curato di questo popolo.

A dx lapide celebrativa terremoto del 1611 e stemma dei Fabbrini di Vicchio a sinistra lapide opera di restauro di Simone Fabbrini 1617 e stemma dei Fabbrini di Vicchio

Costruito in una zona soggetta a periodici fenomeni tellurici, l’edificio ormai vetusto fu seriamente danneggiato dal terremoto del 1611 e quindi praticamente ricostruito. Grazie all’opera di Simone Fabbrini da Pilarciano, la chiesa fu eretta ed ampliata secondo le nuove esigenze del popolo, consacrata e restituita al culto con cerimonia solenne il 1 giugno del 1617.  Note dell’evento sismico e della ricostruzione restano incise in due lapidi poste in chiesa ai lati dell’arcata principale, sormontate entrambe dallo stemma dei Fabbrini di Vicchio (d’azzurro al calice d’oro).

Monofora tamponata sulla parete sinistra

Allo stesso periodo se non ad un’epoca precedente, sembra riconducibile l’opera della Compagnia di Sant’Antonio Apostolo i cui capitoli furono approvati nel 1641 e poi riconfermati due secoli più tardi.

Santa Maria a Vezzano – Facciata

Importanti interventi di riqualificazione e ristrutturazione all’esterno e all’interno dell’edificio furono compiuti fra il XVIII e i XIX secolo.

Nel 1777 per volontà del parroco Pietro Boni, fu eretto il nuovo campanile posto sull’angolo destro della facciata a stretto contatto della canonica. La torre a pianta quadrangolare e realizzata con bozze a vista, reca una lapide commemorativa della sua costruzione ed è munita di due campane, opera dei Rustini maestri fonditori della Lunigiana. Verso il 1860 Pietro Alessio Chini offriva il suo talento decorativo per impreziosire gli ambienti di Santa Maria, probabilmente realizzando la riquadratura di un soffitto nella canonica, ornamento del quale purtroppo non resta oggi alcuna traccia.

Lunetta del portale con Madonna in terracotta policroma.

Sull’architrave d’ingresso alla chiesa resta inciso il nome di Don Pietro Parrini priore nel 1882, momento in cui fu restaurata o radicalmente ricostruita la facciata secondo un paramento di bozze irregolari che si ripete anche sul lato settentrionale dell’edificio. Allo stesso intervento dovrebbe appartenere l’esecuzione della lunetta tamponata e la statuetta della Madonna col Bambino in terracotta policroma.

Vergine orante – Vetrata policroma della facciata.

Trave della facciata – Cherubino alato in bassorilievo.

Sopra a questa, al centro della facciata, si apre la grande finestra inquadrata da una robusta cornice e a sua volta sormontata da una trave di reimpiego recante in bassorilievo la figura di un cherubino. Dopo il terremoto del 1919, fu necessario adottare adeguate misure garanti il ripristino e la sicurezza di tutte le strutture e successivamente furono compiuti interventi significativi che avrebbero offerto un aspetto completamente nuovo degli interni della chiesa.

Negli anni Sessanta del Novecento Don Bruno Giovannini si adoperò per ricondurre l’ambiente di preghiera alle nuove disposizioni liturgiche. Il vecchio Altar Maggiore lasciò spazio alla nuova struttura “versus populum” e l’intero presbiterio fu completamente ridisegnato secondo il progetto di Don Marcello Peruzzi architetto.

Santa Maria a Vezzano – Interno

L’interno dunque, appare oggi accogliente e bene ordinato, pavimentato in cotto e coperto a capriate con travatura lignea.

Cappella del Fonte Battesimale – Vetrata policroma, San Giovani Battista.

Appena entrati in chiesa, a destra dell’ingresso, si apre la piccola cappella un tempo sede del Fonte Battesimale, illuminata da una finestra con vetrata policroma riproducente la figura di San Giovanni Battista e donata dalle Priore della Beata Vergine del Rosario nel 1955.

Assunzione della Vergine tra angeli, sec XVIII

Sempre sulla parete destra dell’aula è apposta una pala polilobata dell’Assunzione della Vergine raccolta in uno stuolo di angeli e cherubini. L’opera, il cui profilo denuncia una collocazione originale diversa, mostra qualità pittoriche gradevoli, tuttavia collocabili in ambito puramente devozionale. Negli angoli inferiori gli stemmi dei Fabbrini e dei Boni, le famiglie committenti.

Madonna tra San Pietro, Sant’Andrea e Santa Brigida – Francesco Furini, 1623.

Sulla parete sinistra in posizione contrapposta, è un dipinto a olio su tela realizzato da Francesco Furini nel 1623. L’opera raffigura la Madonna in gloria tra i Santi Pietro, Andrea e Brigida e una figura che volge lo sguardo all’osservatore, forse il ritratto di una committente. Una composizione che lascia supporre un’esecuzione del dipinto prossima se non coeva alla soppressione delle vicine chiese intitolate agli stessi santi raffigurati, commissionata forse in omaggio o per riconoscenza della loro annessione a quella di Santa Maria.

Il Crocifisso sulla parete sinistra del presbiterio

Tabernacolo del Santissimo

Il presbiterio rialzato da due gradini, è delimitato da un arco trionfale dipinto a finta pietra e illuminato da finestre laterali mistilinee con vetrate policrome.

Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Maria Maddalena de’ Pazzi – Bottega di Francesco Curradi, sec. XVII

Sulla parete di fondo è un’elegante imposta in muratura dipinta a finta pietra, con paraste recanti il simbolo dei Fabbrini, colonne laterali e timpano triangolare interrotto. Al suo interno è collocato un dipinto a olio su tela databile al XVII secolo. L’opera attribuita a Francesco Curradi o alla sua bottega, raffigura la Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Maria Maddalena de’ Pazzi. Nella parte inferiore è ancora l’emblema della famiglia Fabbrini. Si ringrazia la Dott.ssa Lucia Bencistà, storica dell’Arte, per le preziose indicazioni relative alle opere pittoriche.

Scheda e foto di Massimo Certini

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 24 Marzo 2024

VICCHIO – Si intitola “Dagli amanti al mondo”, ed è ambientato in gran parte a Vicchio, il libro scritto e pubblicato lo scorso 31 Gennaio da Michela Pini con la casa editrice “Ouverture Edizioni”. Nel volume l’autrice, che abita in Maremma dove è direttrice di una casa di riposo per anziani, ricostruisce parte della storia della sua famiglia, che inizia, come detto, nel paese mugellano. 

Una saga familiare: “Mio padre – spiega Michela Pini – è originario di Vicchio, la sua famiglia era di Rostolena. Suo babbo, mio nonno Michele, all’età di 19 anni si frequentava con una ragazza di 14 anni, che rimase incinta. Non poterono però sposarsi, e in seguito a questi fatti mio nonno lasciò Vicchio ed andò a Firenze, dove iniziò a lavorare, e una nuova vita. Intanto, dopo varie vicissitudini, il bimbo era nato all’Istituto degli Innocenti, ed era poi arrivato nella casa materna, accolto come un figlio da quello che in realtà era suo nonno, e considerando la madre come una sorella che gli faceva da balia”. 

“Nel frattempo – continua l’autrice – mio nonno si era sposato con un’altra donna e dopo sette anni nacque mio padre. I due fratelli si sono incontrati solo da adulti, è una storia che mi ha sempre colpito: erano figli dello stesso padre, ma avevano cognomi diversi. È una vicenda particolare che ho voluto ricostruire, scoprendo anche particolari che non conoscevo”. 

“Ad esempio pensavo che mio zio fosse anche nato a Vicchio, non sapevo che era nato all’Istituto degli Innocenti. Erano storie molto diffuse in quegli anni. E il libro ricostruisce la vicenda a partire dagli anni Venti, quando nacque l’amore tra mio nonno Michele e questa ragazza, fino ad arrivare al 1970, che è l’anno in cui si sono incontrati i due fratelli. Si parte da Vicchio, da Rostolena, per poi passare a Firenze. Si seguono le vicissitudini di mio nonno che per un periodo abitò a Capri, dove faceva il cuoco, poi si trasferì a Bari, dove è rimasto fino alla morte. Mio padre, intanto, da Bari si era spostato a Torino, dove sono nata io, poi è tornato a Firenze e si è incontrato con suo fratello. Adesso – conclude – a Vicchio abita mia cugina. Mio zio, infatti, si era sposato ed ha avuto due figlie. Purtroppo sia mio zio che mio papà sono morti, ora rimangono solo queste cugine”.

Per ricostruire questa storia, nel libro Michela Pini si è fatta aiutare dalle carte dei tarocchi,  “nell’utilizzo – spiega – che ne ha fatto Calvino, per dare un filo conduttore. Ho usato una carta per ogni capitolo, e anche il titolo trae ispirazione da questo”.

“Quella che racconto – continua – è anche una storia pesante. Mia nonna paterna, ad esempio, durante la guerra ha anche fatto la prostituta e leggeva i tarocchi; il riferimento a queste carte è anche un modo per alleggerire il tono del racconto”. 

Questa la presentazione del libro fatta dalla casa editrice:

“C’è un momento preciso in cui inizia l’amore?» si chiede Ada, innamorata di Michele. Un amore sfortunato, che inciampa, resiste e si piega alla Storia e alle storie. Campagna fiorentina. Anni Venti. Prende il via da qui l’intreccio familiare che vede i sei protagonisti attraversare l’Italia di un secolo: vivere il Fascismo, la guerra, la fame, gli ideali politici e i sogni di ricostruzione. Sei protagonisti che, come le carte dei tarocchi, filano trame invisibili, e guidano quel destino che ci conduce fino ai giorni nostri, ai rimpianti e ai ricordi più dolci. Tutto questo attraversa il tempo e lo spazio dell’Italia di quegli anni: Firenze alla fine degli anni Venti, Bari e Capri negli anni Trenta, Torino e Firenze durante la guerra e nel Dopoguerra”.

Nicola Di Renzone
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 23 Marzo 2024

DICOMANO – Il gruppo archeologico dicomanese ha organizzato la presentazione del libro “I Bardi. L’opera pia ed il Mugello” di Paolo Lucarini e Stefano Guarducci. Una ricostruzione minuziosa ed accurata sull’attività delle tre fattorie dei Bardi nel territorio Mugellano, Mangona, Ghiereto e Celle, a cura dell’Accademia dei Bardi di Vernio.

L’appuntamento è per sabato 23 marzo alle 17.00 nella sala del Consiglio Comunale di Dicomano. Interverranno, il presidente dell’Accademia dei Bardi Alesandro Magini, l’antropologo forestale Luca Mori, il presidente del GAD Laura Passerini ed il vicepresidente Paolo Pasciolla.

L’ingresso all’evento è libero. 

PALAZZUOLO SUL SENIO – Giovedì 21 Marzo alle 18.00 a Palazzuolo sul Senio si illuminerà il progetto “Nè/ON – parole per il futuro”, ideato dalla Cooperativa di Comunità “La C.I.A.”  in collaborazione con l’Istituto Comprensivo “Dino Campana” e la cooperativa “In Cammino”, gestore della residenza per anziani locale.

Il progetto, cofinanziato dalla Regione Toscana, è vincitore del bando “Toscanaincontemporanea2023” che si inserisce nell’ambito di Giovanisì , il progetto della Regione Toscana per l’autonomia dei giovani.

Artisti indiscussi sono stati gli studenti della classe terza della Scuola Secondaria di Primo Grado dell’Istituto Comprensivo “Dino Campana” di Palazzuolo sul Senio come artisti née (nati) in dialogo intergenerazionale con i nonni della Casa di Riposo locale, in un progetto in cui nessuno, né le nuove né le vecchie generazioni, sono escluse, ma dialogano insieme nell’ottica di legame comunitario.

Il progetto artistico è volto a valorizzare e promuovere la cultura locale fra tradizione e sviluppo innovativo: partendo dal dizionario palazzuolese-italiano di Elio Baracani, che raccoglie in oltre duecento pagine parole peculiari che descrivono la comunità locale, gli adolescenti, in dialogo coi nonni, guidati dalla community manager Silvia Di Passio, hanno indagato su parole della tradizione che siano importanti per il futuro, parole che sono state successivamente trasformate in opere concettuali grazie al supporto del graphic designer e curatore Gian Maria Cavini e del professore d’arte Bruno Mascellino.

Le quattro opere di neon art andranno ad arricchire il paese di installazioni luminose site- specific, andando a sottolineare e valorizzare un’identità culturale contemporanea comunitaria che rilegge il proprio patrimonio e lo mette in luce.

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 19 Marzo 2024

Il circolo Arci Il Tiglio

VICCHIO – Sabato 23 Marzo tornano le presentazioni letterarie al Circolo Arci Il Tiglio. Il programma riparte con “La fabbrica dei sogni” (edizioni Alegre), il romanzo di Valentina Baronti ispirato dalla vicenda della GKN di Campi Bisenzio e della lotta dei suoi operai.

“Una storia che i circoli del territorio – spiegano gli organizzatori – compreso il nostro, hanno seguito da vicino fin da subito, sostenendo l’assemblea permanente del Collettivo Di Fabbrica e contribuendo in modo concreto alla Campagna di crowdfunding per la prima fabbrica socialmente integrata d’Italia che ha raccolto oltre 173 mila euro”.

Con l’autrice, che sarà ospite del circolo, dialogherà Daniele Bianchini. L’appuntamento è alle 18.00 e a seguire ci sarà anche un apericena.

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 20 Marzo 2024