Chiesa di Santa Maria a Olmi
La prioria di santa Maria a Olmi, avrebbe avuto origine prima del Mille: Giuseppe Maria Brocchi, che vi fu priore dal 1716 al 1722 e che vi è sepolto, ne fa risalire la fondazione addirittura al tempo di Carlo Magno. La testimonianza documentaria più antica che ne attesta l’esistenza risale al 1161. La chiesa di Olmi conobbe un radicale rifacimento nel 1280, quando nella semplice aula rettangolare furono aperte due cappelle laterali, quasi a formare un transetto, fornite di altrettanti archi ogivali di accesso e fu eretto un atrio antistante alla facciata. Nel settimo decennio del Cinquecento, la chiesa fu oggetto di ulteriori lavori, tra cui la riedificazione dell’atrio antistante all’ingresso, che aveva anche la funzione di ospitare la grande edicola lapidea della Madonna del Parto (posta alla sinistra della porta di ingresso alla chiesa) e l’altare della famiglia Parenti col dipinto del Portelli (posto alla destra dell’ingresso alla chiesa).
Nel 1717 cadde l’antico campanile, e l’esistente torre campanaria fu eretta nel 1828. Nel 1854 l’edificio ottenne all’incirca l’aspetto attuale, con la trasformazione all’interno, da nave unica preceduta da un atrio, a tre navate con pilastri quadrangolari di sostegno sormontati da architravi. In quell’occasione fu probabilmente anche rifatto l’altare maggiore, sotto la cui mensa, nel 1864, fu collocato il corpo del martire Benedetto, traslato dalla cappella della vicina cappella della villa di Viterete.
Anche la ricchezza delle opere d’arte testimonia dell’importanza della chiesa nel corso dei secoli.
Subito a destra dell’ingresso si vede una monumentale edicola in pietra scolpita, sorretta da quattro colonne con capitelli corinzi e fornita agli angoli degli stemmi della famiglia Marucelli, committente del manufatto. L’opera, in tutta evidenza è vicina a quella analoga eseguita da Michelozzo per la basilica della SS. Annunziata, su committenza di Piero de’ Medici (padre di Lorenzo il Magnifico): la solenne eleganza classicheggiante dell’edicola, testimonianza di un linguaggio nobile e colto, fa di questo raro oggetto una espressione preziosa della diffusione nel contado della raffinata cultura umanistica cittadina e di ambito mediceo intorno alla metà del XV secolo.
L’edicola era stata realizzata per custodire l’immagine della Madonna del Parto, oggetto di una secolare devozione da parte della popolazione locale: si tratta in realtà di un ampio frammento di una decorazione parietale più ampia, della quale sopravvive una sorta di trittico raffigurante la Madonna del Parto affiancata dai Santi Antonio Abate e Cristoforo, affresco di scuola fiorentina della fine del Trecento. Nella cappella di sinistra del transetto si trova la grande pala raffigurante l’Assunzione della Vergine, attribuita ad Alessandro Allori (1535-1607).
Sull’ultimo altare della parete destra, della famiglia Parenti, si trova il dipinto con Eraclio che riporta la croce a Gerusalemme, raro soggetto tratto dalla Leggenda della Vera Croce, diffusa soprattutto in ambito francescano. Il dipinto è firmato e datato da Carlo Portelli che lo ha compiuto nel 1569. Si tratta di una delle poche opere datate del Portelli, cardine per la ricostruzione della carriera artistica del suo autore, interessante e tormentato protagonista della pittura fiorentina della seconda metà del XVI secolo, interprete di un’arte complessa e a tratti cerebralmente grottesca.
Sul secondo altare della navata destra vi è una tela con San Giuseppe, opera gradevole di Niccolò Lapi, databile tra il 1716 e il 1723.
Da segnalare infine le vetrate della navata centrale e soprattutto quella del grande occhio della facciata: si tratta di lavori della Manifattura Chini e di particolare qualità appare la figura del Cristo Re dell’oculo in facciata, su disegno di Tito Chini, opera risalente al 1935.
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