La chiesa di San Donato al Cistio
VICCHIO – Il Cistio è un piccolo agglomerato di antiche casette rurali posto lungo la strada che sale a Campestri, sul fianco settentrionale del Monte Giovi. Gli Ubaldini vi possedevano beni e terreni ed una struttura difensiva proteggeva l’abitato già nella prima metà del XIII secolo. Nel 1260 il Popolo del Ceschio era chiamato a versare 18 staia di grano per sostenere l’esercito fiorentino nella battaglia di Montaperti.
L’aspetto di villaggio fortificato persiste ancora nei caratteri distintivi degli immobili, nella disposizione delle case e degli annessi divisi da poche viuzze e da un’angusta stradella che sale alla chiesetta di San Donato, la cui facciata guarda con occhio privilegiato alla piana di Vicchio e al maritarsi prossimo del Fosso di Rimaggio con la Sieve.
Difficile stabilire le origini di questo luogo di culto posto nel territorio di Vicchio, ma anticamente appartenuto al piviere di San Cresci in Valcava e quindi annesso alla giurisdizione ecclesiastica di Borgo San Lorenzo. Le notizie più antiche risalgono al 1298, momento in cui il patronato apparteneva al popolo.
Nel 1484 le era unita la soppressa chiesa di Santa Maria a Fabbrica e qualche tempo dopo San Donato al Cistio era dichiarata prioria, titolo riconosciuto con decreto vescovile del 15 novembre 1525.
Pochissimo conosciamo della sua evoluzione strutturale e di eventuali trasformazioni architettoniche; possiamo solo supporre che l’intero complesso parrocchiale abbia mantenuto nel tempo la propria planimetria originale in quanto esteso all’intera superficie del promontorio che lo ospita.
La canonica si appoggia sul lato tergale della chiesa conferendo ordine, linearità ed un senso di compattezza a tutti gli immobili del complesso.
Importanti lavori di restauro vi furono compiuti nel 1908, anche se il terremoto del 1919 avrebbe causato nuovi danni ed imposto altri interventi di consolidamento strutturale. Il campanile caduto in parte sul tetto della sacrestia, fu interamente demolito e ricostruito secondo il progetto proposto da Dino Chini nei primi mesi del 1921. Grazie allo zelo di Don Luigi Tani parroco dell’epoca e al contributo del popolo, la chiesa fu completamente restaurata e restituita al culto il 7 agosto di quello stesso anno. E fu proprio il suono festoso delle campane ad raccogliere i popolani ed i fedeli delle frazioni vicine per assistere alla particolare cerimonia della riapertura. I festeggiamenti iniziarono al mattino con il canto della Messa solenne presieduta dal pievano di San Cresci in Valcava e concelebrata da Don Pietro Bertelli parroco di San Quirico a Uliveta, Don Vito Cerchiai parroco di Campestri e dagli altri sacerdoti del piviere al completo. Alla sera dopo il canto vespertino, fu esposta e concessa al bacio dei fedeli, la reliquia del santo patrono.
Interventi più recenti ci restituiscono un ambiente sacro ben conservato in ogni sua forma. La torre campanaria attuale conserva la pianta quadrangolare, con copertura a padiglione e monofore ogivate di gusto gotico toscano.
Il breve sagrato si mostra protetto da una loggetta sorretta da tre colonne di pietra ottagonali. Sul lato sinistro del portico si colloca un semplice tabernacolo a edicola con la statua della Madonna di Lourdes, apposto nella seconda metà del Novecento.
La facciata è a capanna, completamente intonacata ad eccezione di poche tracce che lasciano intravedere il paramento originale in filaretto.
Sul lato destro della facciata è appeso un dipinto realizzato dal pittore locale Bruno Brunoni nel 2015, raffigurante San Donato vescovo sullo sfondo della cattedrale di Fiesole.
L’ingresso è incorniciato da un elegante portale in pietra di foggia settecentesca. Sull’architrave è scolpito uno stemma gentilizio recante due mazze incrociate, il crescente ed una stella ad otto punte secondo la simbologia araldica prossima all’emblema dei Buonaccorsi o ad un ramo cadetto di quella casata. Lo stesso simbolo si ripete sopra la porta della canonica ma con la stella a sei punte.
L’interno ad unica navata, è coperto a capriate lignee e pavimentato in cotto. A sinistra dell’ingresso è il Fonte Battesimale di marmo a pianta esagonale poggiante su una base di arenaria, con le specchiature impreziosite da tarsie di marmo nero e dall’epigrafe “ricordo SS. Missioni 1947.”
Due gradini di pietra dividono l’aula dal presbiterio, con l’Altar Maggiore disposto secondo le norme dettate dalla riforma conciliare.
Sulla parete tergale una nicchia absidale poco profonda ospita un Crocifisso databile alla fine del XVIII secolo e sulla stessa parete di fondo, a sinistra della nicchia, è l’elegante tabernacolo cinquecentesco in pietra arenaria per il Santissimo.
Sulla parete destra della navata, raccolta da una cornice ad edicola, resta la tavola dell’Annunciazione datata al 1585 e recante l’epigrafe “al tempo di Bartolo di Donato Bertolli Priore MDLXXXV.”
Di effetto visivo notevole sulla parete sinistra, il grande dipinto a fresco di scuola giottesca popolarmente conosciuto come la Madonna delle Grazie. L’opera riproduce la figura della Madonna col Bambino e quattro angeli. La Vergine è dipinta secondo i canoni classici dell’iconografia mariana, con il Bambino assiso sulle ginocchia che tiene nella mano sinistra un cardellino simbolo della Passione. Molteplici e recenti studi sembrano attribuire il dipinto al Maestro di Santa Verdiana, anonimo attivo verso la fine del XIV secolo nell’ambito della bottega di Agnolo Gaddi. Durante i restauri compiuti in chiesa nel 1908, Dino Chini maestro decoratore borghigiano, dipinse attorno alla figura, una cornice policroma a motivi geometrici che esalta ed arricchisce le qualità dell’affresco.
Sul lato destro del sagrato, separata dalla chiesa, è la vecchia cappella della Compagnia alla quale si accede salendo tre gradini di pietra e superando un portone di legno finemente scolpito.
L’ambiente interno è sobrio con il presbiterio ed il piccolo altare rialzati di un gradino. La parete di fondo accoglie un Crocifisso processionale con raggera.
Lungo l’imposta della travatura e per tutto il perimetro della cappella, si sviluppa una fascia decorata a motivi geometrici e vegetali di chiara esecuzione chiniana. Il decoro si ripete sulle cornici delle due finestrelle laterali e sull’oculo circolare della facciata.
Tutta la fascia, mostra ad intervalli regolari, piccole formelle a compassi con i volti di angioletti.
Il piccolo ambiente è stato recentemente oggetto di un amorevole ed accurato restauro in ogni sua parte, consentendo così di poter tutelare ed ammirare ancora a lungo un esempio dell’arte decorativa espressa dai Chini in molti luoghi di preghiera mugellani tra il primo quarto del XIX secolo e la metà del Novecento.
Massimo Certini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 25 febbraio 2024