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Storia di una Confraternita, la compagnia del SS. Sacramento di Cornacchiaia

FIRENZUOLA – La compagnia del Santissimo Sacramento fa parte di quelle associazioni laicali, che pur nate in epoca medievale ebbero grande impulso dopo il concilio di Trento.
La compagnia del Santissimo Sacramento di Cornacchiaia venne fondata all’inizio del seicento dal pievano Belisario Eschini, in luogo di una precedente confraternita dedicata a San Giovanni, rammentata nelle decime dell’anno 1576. Il documento più antico è un registro della Compagnia datato 1633, conservato nell’archivio di stato di Firenze, nel quale vengono proclamati come protettori: San Giovanni, San Barnaba, San Francesco e San Sebastiano, e vengono poi annotati, oltre ai beni di cui era proprietaria, le entrate e le uscite anno per anno e tutte le deliberazioni fatte. Nel 1644 viene costruito l’oratorio della compagnia a fianco della chiesa. All’epoca, secondo quello che ci dice Stefano Casini nel suo Dizionario di Firenzuola, possedeva terre alla Laguna, a Pietra Bianca, al Corniolo e al Giogo e tra i suoi arredi: “due lanternoni colle aste d’argento, un paliotto in cuoio dorato con l’effigie di S. Barnaba e con doppia arma della famiglia Eschini, dono del pievano D. Belisario, un baldacchino con i misteri della passione dipinti nei drappelloni e i quattro Protettori della Compagnia”, tutti oggetti dei quali si è perso ogni traccia.
Della confraternita si conserva la documentazione fino al 1784. Nel 1785 un Motu Proprio del Granduca Pietro Leopoldo abolisce tutte le compagnie laicali ( se ne salveranno una decina tra le quali la Misericordia ) compresa la Confraternita di Cornacchiaia, i cui beni vennero messi all’asta e l’oratorio donato al pievano. Cessò così la vita di questa secolare istituzione che oltre a compiti religiosi come accompagnare le processioni, assistere alle esposizioni del Ss. Sacramento, accompagnare gli iscritti morti al cimitero e far celebrare messe il loro suffragio, avevano anche funzioni più sociali come provvedere alle colazioni e desinari della compagnia, di pacieri tra iscritti in lite fra loro e anche obblighi di assistenza ai malati e alle persone bisognose.

Queste attività venivano finanziate con le quote di iscrizione e con le rendite dei beni posseduti. L’oratorio, dopo la soppressione, era diventato in parte seccatoio per i marroni dei castagneti della pieve e in parte serviva come legnaia ad uso del parroco. A fine ottocento vi erano ancora conservati il vecchio altare e la pila dell’acqua santa. Una porta murata esiste ancora in chiesa ed era quella dalla quale i confratelli accedevano dal loro oratorio per le funzioni religiose.
Al suo ingresso come nuovo pievano, don Stefano Casini:“ trovandomi solo nell’inverno in questo luogo lontano dall’abitato, pensai come porre un pigionale vicino alla chiesa “ fece quindi costruire nella parte dell’oratorio adibita a seccatoio, un’abitazione che fu poi usata per il sacrestano, spendendo 331 lire, e fece costruire due seccatoi nei marroneti della pieve, al posto di quello smantellato.
Oggi rimane l’edificio, assai rimaneggiato, in parte adibito ad abitazione.

Sergio Moncelli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 28 Maggio 2021

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