MUGELLO – Secondo Napoleone la guerra è portatrice di civiltà. Vero: moltiplica la ricerca scientifica, promuove la farmacologia, innova la logistica e altro. E però la guerra distrugge. Vite umane, sogni, la bellezza. Le opere d’arte, in tempo di guerra, soffrono. Deturpate, rubate, incendiate, distrutte. È successo anche da noi, in Mugello. Spogliate le chiesette di campagna sulla Linea Gotica, scomparsi sotto i bombardamenti crocifissi, tele, arredi. Immagina Firenzuola, rasa al suolo completamente. C’è di più. I capolavori provenienti dagli Uffizi e dal Museo degli Argenti vennero in parte nascosti quassù, suddivisi tra la villa di Cafaggiolo e il castello di Barberino. Si temeva che restassero sotto le bombe o che, avanzando i tedeschi da sud, fossero razziati. Goering adorava l’arte italiana. Novantacinque casse partirono da Firenze con destinazione Cafaggiolo. La collezione dei disegni ospitati agli Uffizi era pressoché tutta nella villa medicea. Nelle cantine del castello di Barberino trovarono posto testi pregiati della biblioteca di paleografia e opere pittoriche di alto valore. Con un destino tutt’altro che fausto.

Ascolta Frederick Hartt, uno dei ‘monuments men’ cui George Clooney ha dedicato di recente un film. Già, perché gli alleati formarono una squadra di specialisti per recuperare le opere d’arte di cui i tedeschi si erano impossessati. Hartt arrivò anche in Mugello, a Barberino per la precisione. Si guardò intorno e si accorse che il furto era stato davvero eccezionale.

“La villa di Barberino era occupata dalla 34^ Divisione Artiglieria (prima vi era il comando tedesco). Nessuno sapeva nulla di una collezione di opere d’arte. Fui autorizzato a ispezionare l’edificio è alla fine, in una cantina buia, in mezzo ad acqu e sporcizia, le trovai. Parte delle cornici e dei vetri era rotta, molte cornici vuote. Una considerevole sezione della biblioteca di paleografia dell’Università di Firenze ridotta in poltiglia dagli stivali chiodati dei tedeschi”.

Una parte delle opere venne recuperata. Mancarono all’appello dipinti magnifici. Chissà in quale caveau o a quale parete sono stati appesi La tentazione di Sant’Antonio di Callot, Il Cristo morto sorretto da angeli del Tintoretto, una raffinata Madonna di Lorenzo di Credi. Scomparse anche tele del Carracci e del Furini, il parroco fattosi mugellano famoso per le sue donne formose, eccitanti.

Hartt conteggiò un totale di oltre 500 tavole e almeno 120 sculture razziate dalle gallerie fiorentine e da luoghi di culto, maledetta la guerra. E maledetti i nazisti.

Riccardo Nencini

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 21 luglio 2019

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