
FIRENZUOLA – Don Elio Righini nacque il 30 aprile 1884 a Tirli, frequentò e fu ordinato sacerdote nel seminario di Firenzuola. Nel luglio 1909, dopo un breve periodo di impegno pastorale a San Michele a Casanuova e dopo aver superato, come si usava allora, un esame di concorso, entrò come pievano a San Giovanni Battista Decollato a Cornacchiaia.
Benché molto giovane (25 anni) prese in mano con entusiasmo le redini dell’antica pieve, dove rimase per ben 53 anni. Guidò, sostenne e aiutò il suo popolo in un periodo in cui la miseria faceva da padrona.
Persona assai colta seppe ben amalgamarsi a quella popolazione semplice ma ricca di fede. Non rimandò mai indietro le persone che gli chiedevano per bisogno, privandosi spesso anche del necessario. Il suo programma pastorale lo riassunse in tre punti: 1) Ricerca del bene delle anime e decoro della casa di Dio. Fu pastore buono e generoso: si prese come primo obbiettivo quello di far guadagnare il paradiso al suo popolo. Investì anche molte energie per mantenere al meglio la sua chiesa. Solo in occasione del terremoto del 1919, spese oltre 55000 lire, per riparare i gravi danni: il tetto fu rifatto completamente, fu costruito l’occhio sulla facciata al posto del danneggiato finestrone, fece collocare numerosi tiranti di ferro per dare solidità alle murature, rimbiancare tutto l’interno e porre un nuovo fonte battesimale. La canonica fu allargata e abbellita e fu ristuccato il campanile. 2) Miglioramento della proprietà terriera della parrocchia. Fece opere di regimentazione delle acque superficiali, dissodò e mise a coltura numerosi appezzamenti di terreno, impiantò, nei pressi della pieve, una vigna di 4000 viti. Favorì quelle pratiche che permisero un aumento di produttività dei poderi della chiesa. 3) Costruzione di nuovi locali e ristrutturazione delle vecchie abitazioni dei contadini della pieve. Fu questo un impegno a cui tenne particolarmente in quanto le case coloniche erano in condizioni assai precarie e insufficienti per le famiglie dei coltivatori; le risanò, le allargò e le dotò di locali per le varie lavorazioni agricole, affinché gli inquilini dovessero “non più vivere da bestie … ma da uomini”.
Affrontò anche i dolorosi giorni del secondo conflitto mondiale, durante i quali numerose furono le sofferenze per la popolazione, che visse da vicino le vicende della guerra. Costretto ad abbandonare la sua pieve, divenuta quartier generale tedesco e ospedale militare, trasferì la sede parrocchiale nella cappella di Poggini Rossi. Negli ultimi giorni dell’occupazione tedesca, quando la zona era sotto continui bombardamenti, sfollò, con la popolazione, nei boschi vicini. “Dopo quindici giorni interi passati col mio popolo alla macchia in mezzo ai due fronti di battaglia, lunga e molto aspra, abbiamo cominciato a scendere alle nostre case; ma purtroppo le case sono tutte un monte di rovine.
Bombe, granate che per quindici giorni incessantemente sono cadute nella frazione che è stata il centro della furiosa battaglia, hanno tutto incenerito e distrutto. Sia però sempre benedetto e ringraziato il Signore, che solo una vittima debbo registrare”. Così scrive al suo vescovo in una lettera del 26 settembre 1944, manifestando poi irritazione contro quelle persone del luogo che saccheggiarono le case rimaste abbandonate.
Al termine del conflitto fece erigere, sul vicino Poggio della Giandolea, una croce di legno e costruire una cappella dedicata alla Madonna del Carmine, ai quale aveva affidato la salute del suo popolo: ” Nel momento più pericoloso e più angoscioso della vostra vita, nell’ora più disperata per Cornacchiaia, che fu quella della fuga di scampo sotto il terribile fuoco della guerra, e le vaste distruzioni dei bombardamenti aerei, io vi consegnai e vi affidai tutti alla protezione del SS. Crocifisso e della Madonna del Carmine. Il Crocifisso e la Madonna del Carmelo ci salvarono: a loro la vostra imperitura riconoscenza “.
Morì il 23 maggio 1962 con grande rimpianto di tutta il popolo della pieve; volle essere seppellito sotto una croce al centro del cimitero di Cornacchiaia, dove tuttora si trova la sua tomba.
Sergio Moncelli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 14 Gennaio 2024