Marta Morolli e il sindaco Paolo Omoboni all’inaugurazione
BORGO SAN LORENZO – Nell’atrio del Palazzo comunale di Borgo San Lorenzo è allestita fino al 17 novembre la personale “Fronte interno” di Marta Morolli, artista interessata da sempre al ritratto, che recentemente ha esposto in “Sembianze” i suoi 100 volti al villaggio La Brocchi, in “Dissonanze” una sequenza ispirata al “Lago dei Cigni” alla Vecchia Propositura a Scarperia e a giugno 2018 ha vinto il concorso “In Liberty… e la libertà del distacco” (articolo qui). “Fronte interno” è una mostra dedicata alla violenza della guerra, vista attraverso gli sguardi disperati di donne, uomini e bambini, attraversati dalla devastazione legata alla perdita di un congiunto, disposti su cinque pannelli. Un totale di venticinque ritratti della gente di Panicaglia, frazione borghigiana dove Morolli vive e lavora, località che pagò il proprio tributo di vite umane nel primo conflitto mondiale.
“Con questo lavoro – dice l’artista – ho voluto evidenziare quello che rimase dopo il 4 novembre 1918 nelle comuni famiglie dei nostri paesi: tanto dolore, tristezza, povertà, qualche lettera dal fronte per ricordare un caro che non torna o un grave pericolo scampato. Affronto il tema partendo dalla piccola realtà del mio piccolo paese, Panicaglia, in cui ci furono venticinque morti. Parlo di ‘morti’ e non di ‘caduti’ poiché quest’ultima parola mi dà l’idea che indichi un qualcosa che succede abbastanza casualmente, senza una responsabilità certa, quando invece sappiamo che, per volontà di pochi, fu sterminata gran parte della gioventù mondiale. In guerra non si cade dal sonno, non si inciampa in qualcosa e allora si cade; si viene uccisi, ammazzati da un odio che non ci appartiene. In questi pannelli ci sono venticinque finestre per indicare i vuoti lasciati da ognuno di loro. Simboleggiano i familiari sofferenti seppelliti dal dolore, dato che ogni pannello ha le misure di una tomba. Sono raggruppati poiché nella realtà non esiste una tomba per ogni giovane morto; ci sono anche coloro che non stati ricomposti o identificati, quindi sepolti in fosse comuni. Sono lutti personali, familiari ma anche allargati a quei piccoli paesi in cui c’era comunità. Da bambina non avevo idea se questa guerra fosse stata vinta o persa; ricordo di aver sentito in famiglia che, comunque vada, la guerra è una sconfitta, non c’è nulla di buono e niente di buono può derivarne. Di entrambi i nonni ho conosciuto la sincera avversione per questo orrore e ne sono orgogliosa. Orgogliosa di quando uno di loro, alla domanda di mia sorella: ‘Nonno hai mai dovuto sparare a qualcuno?’, rispose ‘Grazie a Dio, no’”.
Il giornalista Riccardo Benvenuti, in occasione dell’inaugurazione, ha ricordato: “Di De André c’è una canzone molto bella, ‘La Ballata dell’eroe’, che dice ‘Ma lei che lo amava, aspettava il ritorno d’un soldato vivo, di un eroe morto che ne farà?’. Chissà se questi venticinque erano eroi. Sono state però sicuramente persone che son mancate. Ed è questo il grave danno. Alla Morolli l’onore di averli dipinti e raccontati. A noi l’onere di portare nelle nostre case il loro ricordo perché resti fermo ed indelebile il ‘No alla guerra’”.
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