MUGELLO – Per essere attesa era attesa, la seconda parte della fiction medicea. Magari c’era da aspettarsi una maggiore fedeltà allo spirito del tempo per evitare dozzinali cadute di stile. L’aveva auspicato anche lo storico Franco Cardini tuonando dal pulpito della pieve di San Piero a Sieve soltanto pochi mesi fa. E invece, come al solito, eccesso di baci, qualche nudo di troppo, città cosi pulite quando puzzavano di brutto, una ricostruzione storica che occhieggia alla modernità. Un film pensato per il pubblico americano, insomma.

Di nuovo c’è che manca un pilastro fondamentale per la dinastia, centrale addirittura: il Mugello. Obliterato, almeno fino alla seconda puntata. Nondimeno la storia ha la testa dura. Non si fa cancellare da un regista. I fatti sono fatti e basta. Eccoli.

Cosimo il Vecchio, il patriarca, oziò a Cafaggiolo, pregò nel convento del Bosco ai Frati, il suo prediletto, si rifugiò a Trebbio non appena ebbe la certezza che gli oppositori intendevano eliminarlo oppure esiliarlo. Nessuna traccia nella fiction.

La congiura dei Pazzi venne ordita nel castello del Trebbio, non il nostro ma quello sotto Santa Brigida, in val di Sieve. Non c’è dubbio che i fili vennero tirati da Roma, nel connubio tra pontefice, re di Napoli e duca di Montefeltro, tuttavia i Pazzi, da protagonisti quali erano, raffinarono quassù la loro strategia. Nel castello si produce da qualche anno un buon vino. Guarda un po’: l’hanno battezzato ‘La congiura’. E anche di questo non c’è traccia nella fiction.

Come sai, Giuliano fu ucciso in duomo, Lorenzo ferito da un colpo di pugnale. La sua reazione fu durissima, crudele: i Pazzi coinvolti vennero inseguiti, acciuffati, uccisi, uno sui nostri monti, a Castagno, i loro stemmi vennero scalpellati, fu posto divieto alle famiglie fiorentine di contrarre matrimonio con chi portasse quel cognome, Botticelli ritrasse sulle mura dei palazzi civici i volti dei ribelli perché ogni fiorentino mandasse a memoria, Leonardo disegnò su un cartoncino l’ultimo degli attentatori, riacciuffato a Costantinopoli e impiccato a un finestrone di Palazzo Vecchio. Prima di vendicarsi, Lorenzo mise al sicuro moglie e figli. Non voleva rischiare la discendenza. Dove li portò? Quassù. Dei mugellani si fidava. La famiglia del capo si nascose a Cafaggiolo, poi a Galliano (i Medici vi detenevano ben tre abitazioni. In una di esse vi verrà costruito palazzo Torrigiani) e infine presso il monastero di San Pietro a Luco, convento femminile di altissimo prestigio. Vi si ritiravano le ragazze di ottima famiglia. E anche di questo non c’è nessuna traccia. E tre!

Poco male, risponderà il regista. La storia regge anche senza la spaventevole bellezza del Mugello. E invece no. Il Magnifico non fu un grande banchiere ma fu un eccellente diplomatico e un buon umanista, un mecenate come pochi. E Cafaggiolo, per l’appunto, fu il luogo che raccolse gli intellettuali del tempo, da Botticelli a Pico, dal Ficino a Poliziano al Pulci. Una piccola Atene, davvero. Poliziano vi educò addirittura i figli di Lorenzo fino a che la madre non glieli strappò. Lo considerava troppo liberale.

C’è da sperare che il pezzo che manca della storia dei Medici, e che pezzo, si manifesti nelle prossime puntate. Piacerebbe anche a Trump, ne sono certo.

Riccardo Nencini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 novembre 2018

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