FIRENZUOLA – I seccatoi sono riaccesi, tra una quarantina di giorni avremo i marroni secchi e la farina di castagne, che per secoli furono parte fondamentale dell’alimentazione delle nostre montagne. Con queste parole Tito Casini, nel suo “I giorni del castagno”, ci descrive il seccatoio e il suo utilizzo.
Nelle foto: due seccatoi della zona delle Cocolle; le immagini provengono dalla ricerca, su questi edifici, eseguita, alcuni anni fa, da Giovanni Sozzi e dal sottoscritto.
Sergio Moncelli
“Una casa come una prigione, stretta, senz’altra luce che da una botola in alto, e tutta nera, di dentro, come la gola del camino. Nella cella di sopra, sul pavimento fatto di regoli, grossi randelli di legno allineati sui correnti, stanno ammassati i marroni che non piacquero agli sceglitori; di sotto, come in una fornace, giorno e notte arde il fuoco. Impedito dai grossi muri di sperdersi intorno, il caldo s’avventa in alto, al graticcio, penetra la massa, rasciuga le morte linfe, uccide i vermi, arresta ogni corruzione, inaridisce le scorze, assoda e addolcisce a poco a poco, le polpe. Un mese, tutto il mese dei morti, dura l’uomo a gettar tronchi nel seccatoio ed è il castagno, è la pianta stessa che, ardendo, tormenta così le sue creature, il suo frutto…. L’uomo va una mattina, e spenge il seccatoio, leva i tizzi e la cenere, spazza il pavimento; poi si volta al graticcio, nero e lustro ormai come il muro, allenta i regoli, e la massa precipita con lieto fragore al suolo col lieto fragore e la ressa di una liberazione …. E’ il giorno della pestatura, giorno di gioia, specialmente per il povero, come quello della battitura, non così solenne ma simile. Invece di correggiati, i battitori di dicembre han per arnesi dei sacchetti, come quelli che i poveri tendono di porta in porta per ricevervi la limosina. Coi sacchetti aperti, al modo dei poveri, fra le mani, vanno i battitori alla porta del seccatoio, dove la vampa dei muri e della massa ancora rovente lotta col freddo dell’aria esterna. Provvisto di un panieruccio o di un quarto, sta accanto alla massa un ragazzo, e in fretta, come n’è richiesto, versa a ciascuno un’uguale misura dei caldi bozzoli da infrangere… I battitori hanno un ciocco, un largo e piano ciocco di quercia, ricoperto di una pelle d’asino, sul quale i sacchetti, impugnati per la bocca e menati a due braccia, cadono in fitta cadenza, con un rumore di correggiati, tanto che la castagna s’ignudi e di scorza e di sansa… Infranta e vassoiata, a misura a misura, e riposta tutta la massa, ecco dopo pochi giorni il mugnaio che venne già per il grano nuovo; e il padrone, dopo averlo aiutato a aggiustare in groppa ai muri le some, gli dice di far presto a tornare – perché gli tarda, e come a lui la massaia, a tutta la famiglia, di rivedere in bionda farina, di riveder sul tagliere in rossa vaporosa polenta, quel che non gli piacque, quel che respinse, tempo innanzi, alla scelta”.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 1 Novembre 2020