“Dionora è morta!”. Con poche righe scritte di suo pugno, dalla propria residenza di Cafaggiolo, Don Pietro de’ Medici (1554-1604), informava il fratello Francesco I (1541-1587), granduca di Toscana, di quanto accaduto nella notte e il primo mattino del 10 luglio 1576, la morte della moglie: “Serenissimo Signore, stanotte a sei hore e venuto huno acidente a mia mogle et la mort(a) ..” (G. Pieraccini, “La stirpe dei Medici di Cafaggiolo”, 1924). La tesi dell’incidente venne artatamente diffusa dalla famiglia, subito dopo averne ricevuta la notizia. Ciò avvenne anche nella corrispondenza interna, fra il granduca Francesco I e il fratello Ferdinando (1549-1609), allora cardinale in Venezia poi anch’egli granduca, ne diverrà il terzo in ordine cronologico (Ferdinando I).
Ma in quella prima ricostruzione, scritta dal marito stesso, qualcosa non tornava. Troppi i dubbi che, sorretti da indizi inoppugnabili, fomentarono il sospetto dell’omicidio. Un diarista dell’epoca, forse un Tornaquinci, annotò che l’arma del delitto fosse stata uno “sciugatoio” (fondo Magliabechiano, Biblioteca Nazionale Centrale, FI), da cui il soffocamento, lo strangolamento.
Dionora da Toledo (1553-1576), spesso citata come Eleonora o Leonora, forse scambiandola con la zia Eleonora da Toledo (1522-1562), moglie di Cosimo I (1519-1574), apparteneva ad una importante famiglia accreditata presso la casa reale spagnola. Sicché i Medici scrissero all’ambasciatore fiorentino Baccio Orlandini di informare il Re di Spagna: “Sebbene nella lettera vi si dice dell’accidente di Donna Eleonora (Dionora, n.d.a.), avete nondimeno a dire a S. Maestà Cattolica (il Re di Spagna, n.d.a.) che il Signor Don Pietro nostro fratello l’ha levata egli stesso di vita per il tradimento ch’Ella gli faceva con i suoi portamenti indegni di Gentildonna …”. Una giustificazione terribile che tollerava il delitto, nella fattispecie l’uxoricidio, come un affare di stato.
Il padre di Don Pietro de’ Medici era Cosimo I, figlio di Giovanni dalle Bande Nere (1498-1526) e di Maria Salviati (1499-1543), svezzato in Mugello, fra le mura e le pertinenze della villa di Trebbio, ebbe ben 14 fra figli e figlie, due di loro morirono durante il parto. Don Pietro era il dodicesimo della prole ed aveva sposato Dionora, peraltro erano cugini uterini, per volere proprio del padre che ne intendeva così correggere la vita libertina e dissoluta. Il matrimonio venne celebrato nell’aprile del 1571. Per i cronisti dell’epoca Dionora era una “fanciulla di grande statura e di bellissimo aspetto” anzi “la più bella che fosse in Firenze”.
Molto probabilmente Dionora, tradì il marito, come del resto egli stesso, e con più frequenza, era solito fare. Però, evidentemente a lui era concesso l’adulterio senza ricadute sulle apparenze di corte. Una consuetudine tutta maschile, per un costume ancor oggi pesato in maniera diversa al confronto con quanto possa esser fatto da una donna. Dionora assassinata a ventuno anni: “bella, graziosa, gentile, garbata, leggiadra; dissesi universalmente per ogniuno che fu ammazzata; seppellissi in San Lorenzo onoratamente” (A. Lapini, “Diario fiorentino”, 1592, ed. 1900).
Epilogo. Il delitto consumato nella villa di Cafaggiolo non fu un fatto a sé stante ma si portò dietro un altro omicidio. Pochi giorni dopo Bernardino Antinori fu trovato, anche lui, strangolato nel carcere del Bargello. Nessuna prova, certo, ma le cronache dei diaristi del tempo concordano sul movente della morte: adulterio. Già, lui “cavaliere brillante, poeta e cantore in appassionate rime della sua bella e dei propri amori” (G. Pieraccini, ibidem), era l’amante di Dionora la moglie di Don Pietro de’ Medici.
Gianni Frilli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 02 giugno 2020