La Madonna dei Terremoti di Scarperia

MUGELLO – Filippo Bellandi pubblica, ampliato e arricchito, un libro sul terremoto di Scarperia del 1542, con documenti storici molto interessanti. L’autore in questa intervista spiega la particolarità dell’opera, che verrà presentata sabato 14 alle 10.30 a Scarperia.

Sabato 14 settembre presentate a Scarperia un libro sul terremoto del Mugello del 1542. Vorremmo capire perché tanta attenzione per questo evento. In fondo nei secoli scorsi ci sono stati molti terremoti distruttivi. Cosa ha questo di speciale?
Innanzitutto questo terremoto è speciale non tanto per l’intensità pur notevole (oggi classificata al IX grado della scala MCS, un grado meno di quello del 1919), quanto piuttosto per l’ampiezza dell’epicentro (tra Gagliano, Sant’Agata, Scarperia Grezzano, Pulicciano) e del territorio che fu colpito (da Vernio a Vicchio). Un’altra ragione del suo interesse particolare consiste nell’attenzione che ricevette nelle cronache contemporanee, riprese poi da quasi tutti i cronachisti dei secoli successivi. Si consideri poi la diffusione della eccezionalità dell’evento grazie alla stampa, sia in Italia che in Europa. Infine è stato determinante per la pubblicazione del libro il ritrovamento di documenti scritti a caldo a pochi giorni dalla prima scossa, e subito stampati in Italia e in alcuni paesi europei, ma del tutto sconosciuti fino alle nostre (ri)pubblicazioni.

Entriamo nel merito del libro. Partendo dal titolo, o meglio dal sottotitolo. Si parla di rari opuscoli dell’epoca. Immagino siano le fonti da cui avete attinto le notizie sul terremoto del 13 giugno 1542. Ma di cosa si tratta?
Le nostre fonti sono piccole pubblicazioni , ognuna di quattro carte, quindi otto pagine, scritte, stampate e divulgate a pochi giorni dal terremoto che sconvolse il Mugello. Fonti quindi di prima mano, scritte da autori rimasti anonimi, che dopo la prima grande scossa nella notte del 13 giugno si recarono in Mugello per osservare e descrivere i danni alle cose e alle persone. Erano insomma delle “Lettere- Relazioni” paragonabili a un moderno reportage giornalistico. Dalla lettura di questi opuscoli si avverte nel linguaggio e nel tono ansioso il coinvolgimento emotivo di chi scrive per il disastro che appare ai loro occhi, per la pena di fronte alla disperazione delle popolazioni, per la paura diffusa in ogni ceto sociale, alimentata di giorno in giorno dalle continue repliche delle scosse che seguitarono per oltre un mese.

E quante ne avete trovati di questi documenti a stampa?
Ad oggi, gli opuscoli principali ritrovati su cui abbiamo basato la ricostruzione dei fatti sono due. Il primo di cui siamo venuti a conoscenza, oltre trenta anni fa, era stato scritto e stampato ai primi di luglio del 1542, cioè venti-trenta giorni dopo la grande scossa iniziale (la più dannosa). Di questo opuscolo ne esisteva una sola copia presso la British Library di Londra. In Italia era del tutto sconosciuto (Solo da poco Dennis Rhodes ne ha trovato un altro esemplare presso la Fondazione Cini di Venezia). Dennis Rhodes, allora responsabile dei libri rari della Biblioteca londinese, lo aveva trovato classificato alla voce Scarperia, nome della prima città menzionata nel titolo. Venne dunque a Scarperia, lo mostrò e chiese al Comune se interessava divulgarlo con una pubblicazione apposita. Fui contattato, colsi al volo la ghiotta occasione, e insieme decidemmo di ripubblicarlo, vista la rarità del documento, sconosciuto in Italia, e soprattutto per il contenuto – a mio parere – di rilevante interesse storico. Lui avrebbe curato la parte bibliografica, il sottoscritto la parte storica. Così nel 1987 uscì la prima pubblicazione sul terremoto del 1542.

E il secondo opuscolo quando e dove lo avete trovato?
Il secondo opuscolo in realtà l’ha scoperto un ricercatore dell’ENEA (Ente nazionale Energie Alternative), Diego Molin, che gentilmente ce ne ha fornito copia, ma dopo che la nostra prima pubblicazione del 1987 era già uscita. L’unica copia esistente si trova presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. Il valore di questa Lettera (anch’essa di autore anonimo) è –oltre che nel contenuto con notizie dettagliate paese per paese- nel fatto che fu stampata appena dieci giorni dopo la grande scossa, ossia il 23 giugno del 1542. Considerati i tempi e il livello tecnologico della stampa cinquecentesca, si potrebbe parlare di una sorta di instant book di oggi.

Questa Lettera è presente nella nuova edizione sul terremoto del 1542?
Sì, l’abbiamo pubblicata per intero nel nuovo libro uscito in questi giorni. La sua lettura è molto interessante. Inoltre tutte e sette le edizioni straniere che raccontano il Terremoto del Mugello sono avvenute principalmente proprio sulla base della traduzione dall’italiano di questa Lettera.

Perché queste edizioni straniere? Che interesse avevano fuori d’Italia a pubblicare un fatto di cronaca locale come il nostro terremoto?
In Europa il terremoto del Mugello destò subito una forte attrattiva. L’opuscolo italiano fu tradotto e pubblicato in vari paesi. L’interesse maggiore lo dimostrarono i tedeschi con ben quattro edizioni, ad Augusta e a Strasburgo. Un’altra si ebbe poi ad Anversa nei Paesi Bassi, e altre due a Londra. Tutte entro il 1542. Come si vede si tratta di paesi che avevano abbracciato da poco (dopo il 1517) la Riforma luterana. E non è un caso che l’interesse fosse diffuso in questi paesi piuttosto che in quelli cattolici, come viene ampiamente argomentato nel libro. Nell’Europa centro settentrionale, il particolare clima culturale e religioso formatosi in seguito alla Riforma luterana vedeva nei drammatici eventi mugellani (distruzioni apocalittiche , fatti prodigiosi e miracolosi) i segni dell’imminente fine del mondo, la cui attesa era uno dei cavalli di battaglia della predicazione luterana. Si pensi anche all’ampio successo avuto qualche decennio prima dalle quindici xilografie di Albrect Durer dedicate all’Apocalisse di Giovanni. Queste cronache – percepite come conferme delle profezie apocalittiche – suscitavano quindi un grande richiamo anche in paesi sì lontani, ma dove il terreno era già fertile per accoglierle e farle circolare.

Le popolazioni locali come reagirono di fronte alle vaste distruzioni, ai tanti morti e feriti?
Gli anonimi cronisti delle Lettere raccontano con partecipazione emotiva scene strazianti di gente sorpresa dalla grande scossa nel cuore della notte, che fugge alla cieca, “pensando el fine del mondo…né altro aspettavano se non che si aprisse la terra et gli inghiottisseno”. Le scosse seguitarono per oltre un mese e le popolazioni atterrite “non si assucurando di stare più in casa murata o travata”, fuggirono dagli abitati e si sistemarono “sì come cingani” in tende e “trabacche” in aperta campagna.

Ci furono manifestazioni e riti collettivi delle popolazioni per scongiurare la fine delle scosse?
Subito il terremoto fu percepito dalle popolazioni come un segno inequivocabile della volontà divina, come un castigo per i troppi peccati degli uomini. E si comportarono di conseguenza, cercando di placare l’ira divina con manifestazioni e riti collettivi, sollecitati e guidati dal clero, con predicazioni ininterrotte, confessioni e comunioni di massa, processioni spettacolari, comprese quelle emozionanti dei “battuti” dove “le loro carne tutte vermiglie di sangue si vedeano sparse”. Questa parte sui comportamenti e le reazioni emotive delle popolazioni è un aspetto tra i più interessanti delle nostre Lettere, e nel libro è ampiamente trattata perché fa emergere la mentalità diffusa e il modo di essere delle persone di fronte a un evento catastrofico. Del terremoto non si ricercavano le cause fisiche, allora inspiegabili anche per gli scienziati del tempo, ma le cause metafisiche, individuate con certezza dal popolo, ma anche dagli intellettuali e dai governanti, nell’ira divina per i peccati degli uomini.

E le autorità governative presero dei provvedimenti per aiutare le popolazioni e venire incontro ai loro bisogni?
Il Duca Cosimo emanò a pochi giorni dalla prima scossa, mentre ancora la terra continuava a tremare, due Provvisioni, con pene severissime, contro due gruppi di peccatori evidentemente ritenuti più offensivi verso Dio, quindi più colpevoli e responsabili dell’ira divina che aveva scatenato il terremoto: bestemmiatori e sodomiti. Per il resto non si conoscono misure per alleviare le sofferenze delle popolazioni e aiutarle nelle ricostruzioni. Anche le numerose suppliche inviate dalle comunità locali al Duca, tese ad alleviare alcune delle tante imposte che gravavano sulle popolazioni, andarono deluse.

Le Lettere originali riportate nel libro sono di facile lettura e comprensibili per un moderno lettore?
Le trascrizioni riportano fedelmente il testo e la grafia originali, ma sono senza dubbio accessibili a tutti. Anzi leggerle nella lingua di allora, con una grafia non ancora codificata da precise regole grammaticali, accresce il fascino delle espressioni e del lessico del tempo e conserva anche lo stato d’animo degli anonimi autori, turbato dai drammatici eventi in cui erano stati personalmente coinvolti.

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 12 settembre 2019

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