I ragazzi della IV classe del liceo scientifico all’Istituto Giotto Ulivi insieme alla professoressa Sabina Mazzoldi hanno immaginato cosa potrebbero trovare i ragazzi sulla luna nel 2021.
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Vittoria Orlandi: Il gioco della Luna
23 luglio 2020: un normalissimo giovedì d’estate di un anno assurdo, di un mese “tranquillo”, quasi normale rispetto agli altri. Era la settimana del campo solare in parrocchia, anche quella mattina arrivarono i bambini e iniziammo la giornata con un gioco che non avevamo mai fatto, un gioco che invece dovrebbero fare tutti. Abbiamo chiesto ai bambini di pensare a qualcosa che gli mancava tanto, qualcosa che il Covid gli aveva temporaneamente portato via, di immaginare dove andarlo a riprendere e provare a disegnarlo. Tutti i loro lavori ci hanno lasciato senza parole, ma in particolare uno mi ha colpito più degli altri: una bambina aveva disegnato una piccola pallina sorridente al centro del foglio con attorno tanti oggetti di varie forme e colori… Mi spiegò che la piccola palla era la Luna, che sorrideva perché è buona, per questo aveva lei tutte le cose che aveva perso o che le mancavano in quel momento, ma non le aveva rubate: gliele stava solo custodendo.
Per tutto il giorno non riuscii a smettere di pensare a quel disegno, fino a sera quando mi distesi sul letto e iniziai a chiedermi cosa avrei trovato io sulla Luna… un attimo dopo riaprii gli occhi: mi sentivo così leggera, non avevo bisogno di sforzarmi per muovermi e nemmeno per decidere dove andare: era come se lo sapessi già. Non capivo inizialmente dove fossi, ma la sensazione era così piacevole che non avevo bisogno di saperlo. Mi ricordo di un odore, un profumo delizioso; c’erano interminabili campi di fiori; tutta la superficie sembrava ricoperta di verde, tanto che essere circondata da una natura così ‘affettuosa’ mi faceva sentire al sicuro, completamente libera da ogni preoccupazione. Regnava il silenzio, poi ad un tratto sentii un fruscio di vento… Istintivamente mi voltai indietro e vidi la Terra, una piccola sfera lontana: realizzai di essere sulla Luna! Per un attimo pensai a quanto fossero insignificanti e minuscoli quelli che definivo problemi di tutti i giorni, rispetto all’immenso Universo in cui ci troviamo. Ripresi subito il cammino e poco dopo mi accorsi che fra gli alberi, in mezzo alle foglie e ai fiori, c’erano delle ombre, delle nuvole di vapore colorato, alcune molto visibili e vivide, altre più chiare, quasi trasparenti. Su ognuna di esse erano incisi dei nomi che però non riuscivo a leggere, erano come oscurati. Mentre tentavo di avvicinarmi vidi una luce, una lucciola forse, e senza pensarci minimamente la seguii. Mi portò davanti ad un fiore, uguale a tanti altri lì vicino, avvolto in una nuvola di vapore bianca con una scritta, che però a differenza delle altre riuscivo a leggere: Vittoria Orlandi. Come allungai la mano per toccarla, si alzò verso l’alto e si scompose in tante piccole nubi di colore diverso. Solo in quell’istante mi chiesi perché mi trovassi sulla Luna e capii che il disegno di quella bambina mi aveva ricordato che anche a me mancava qualcosa, anche se inconsapevolmente, e che ora forse l’avevo trovato. Non so come, ma sapevo che ognuna di quelle nuvole rappresentava una mia paura, una mia qualità, un’emozione o un sentimento che la Luna custodiva: le più recenti, cioè gli stati d’animo che avevo avuto nell’ultimo periodo, erano più dense, con colori vividi. Una, la più grande, era blu: la paura della solitudine. Sembrava essere appena arrivata… amo i miei amici e non sono mai stata una persona solitaria, ma con tre mesi di lockdown alle spalle, mi sarei sorpresa di non trovarla!
Non ne vedevo molte altre di colori sgargianti: quella rosso acceso l’Amore, quella verde la Speranza, quella arancio la Positività, quella viola la Malinconia (forse di viaggiare?), quella gialla la Generosità, quella grigia l’Insicurezza, che però non era così densa come le altre e ne ero soddisfatta! Quelle più chiare, quasi trasparenti, corrispondevano a ciò che mancava in me, quasi sovrastate dalle altre: azzurra il Coraggio, rosso cupo quasi nero la Rabbia; quella che sentivo più lontana era rosa: la Spensieratezza, la Libertà. Mi rincuorò un po’ la lucciola, che mi fece notare la brillante nube nera che si muoveva vicino a quella rosa: il Rispetto; quella parola magica che sentivamo ripetere continuamente in televisione, anche se qualche volta era più semplice dirla che poi applicarla veramente. Rimasi per un po’ di fronte alle mie ‘nubi’, a guardarmi, a rimproverarmi per tante che avrei voluto più dense e per altre che avrei preferito lo fossero meno. Compresi che avevo avuto bisogno di andare sulla Luna per un esame di coscienza e improvvisamente scomparve il senso di pace incontaminata: lo sostituì il senso di colpa e iniziai a tormentarmi di domande: le nuvole troppo trasparenti possono scomparire? Poi si possono riformare o non tornano più? Quanto tempo ci metterò a recuperare quello che ho perso? Posso perdere la stessa nuvola più volte? In realtà non trovai delle risposte a tutto, ma promisi a me stessa di cercarle e di pormi delle nuove domande più spesso. Come mi allontanai, la nube bianca si ricompose unendo tutti i colori in sé e ritornò al suo posto. La luce della lucciola brillava…
Ognuno di noi avrebbe bisogno di una lucciola personale che lo avverta, non brillando più, quando manca qualcosa di necessario… La fissavo e incantata da quella luce in movimento mi accorsi che non riuscivo più a toccare il terreno e lentamente, fluttuando verso la Terra, vedevo la Luna sempre più lontana.
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Giulia Lucherini: La foglia di baobab
Era una fredda ed umida giornata tipica dell’inverno, anche se di un anno – il 2021 – tutto fuorché normale, ed ero in casa in attesa che il tempo passasse. Come capita quando la mente è sopraffatta da mille pensieri, tenevo lo sguardo fisso oltre la finestra e seguivo attenta lo scorrere delle gocce di pioggia sul vetro. Ad un tratto un brivido di freddo mi percorre tutto il corpo, vengo circondata dal buio totale, una strana sensazione di leggerezza vibra dentro di me, come se stessi fluttuando, poi un abbaglio di luce: mi trovo come in un’altra dimensione e ho la sensazione di essere nello spazio. Intorno a me miliardi di lucciole e ai miei piedi un suolo grigiastro, disseminato di crateri. Ancora fluttuando, con non poca fatica arrivo con i piedi sul suolo del pianeta lunare. Mi sentivo piccola in uno spazio immenso e non sapevo in che direzione andare. Avrei dovuto aver paura, ma nonostante tutto non ero spaventata: mi sentivo estremamente serena e anzi ero colma di curiosità e vogliosa di capire e scoprire tutto del luogo in cui mi trovavo.
Comincio così a camminare tra le rocce grigie: intorno a me il silenzio è assordante e dai numerosi crateri escono delicatamente scintille e vapore, che creano una nebbia leggera che mi offusca la vista. Quella nuvola di vapore comincia a diradarsi e così noto che i miei piedi stanno avanzando su un tappeto d’erba sempre più fitto e che intorno a me non ci sono più i crateri, ma alberi altissimi con le chiome verdi intrecciate, fiori di ogni specie e colore, che emanano un profumo esotico molto piacevole. Il silenzio viene interrotto da un leggero rumore d’acqua che scorre; così la mia curiosità si fa ancora più forte e comincio a rincorrere quel suono. Arrivo in una piccola radura, sullo sfondo una cascata cristallina. Il suo rumore non è fastidioso o incombente, ma compone una musica delicata. Comincio a chiedermi come sia possibile che mi trovi in un posto a me sconosciuto, ma che mi trasmette così tanta serenità. Non faccio in tempo a darmi risposte, quando noto che dalla cascata esce una lucciola: come se fosse notte, comincia a girarmi intorno con la sua luce intensa. Ero affascinata da quel piccolo essere che si muoveva con tanta leggerezza e che sembrava studiarmi nei minimi dettagli, come ad assicurarsi che fossi proprio io la persona che stava cercando.
Dopo un attento controllo rientra dentro la cascata e io, attratta a lei come una calamita, la seguo e, per l’ennesima volta in questo strano viaggio, rimango sbalordita! Non sono più nella piccola radura della cascata, ma mi trovo circondata da filari di viti che si intrecciano forte tra di loro; li tocco e provo a scioglierli, ma la lucciola mi spiega che certi legami sono indissolubili e che questi sono gli abbracci sinceri degli uomini. Potranno mancare per un periodo ma torneranno, perché sono forti, tenaci e simbolo dell’affetto tra gli esseri viventi. Continuiamo a procedere e, usciti dai filari di vite, ci incamminiamo per un sentiero che ci porta davanti ad una grande fortezza. Chiedo come sia stato possibile costruirla e la mia guida mi spiega che è cresciuta a poco a poco: più grande si faceva la fortezza d’animo dei cittadini, più la fortezza che li avrebbe protetti cresceva. Così gli abitanti del paese avevano imparato a superare i momenti di crisi e a non lasciarsi andare nei momenti in cui ci sarebbero tutte le condizioni per farlo. Riuscivano a vincere le tentazioni, anche quando queste sembravano poter risolvere i problemi quotidiani. La fortezza d’animo permetteva loro di resistere a tutte le avversità e diventava a poco a poco una difesa materiale, crescendo intorno a loro. Decidiamo quindi di entrare nel paese e ci dirigiamo in una stanza luminosa, al centro della quale c’è una grande bilancia. La lucciola mi spiega che questa rappresenta l’equilibrio che manca a molti popoli sulla Terra, dove la mancanza di tatto, il prevalere sull’altro senza ragione, la politica dell’odio e la mancanza di tolleranza, sono ormai protagonisti delle nostre vite. Questo equilibrio sulla Luna è dato mettendo su un piatto della bilancia un piccolo baobab, che rappresenta la saggezza, e sull’altro un prezioso vaso, nel quale è
racchiusa la capacità di ascolto. A questo punto la lucciola mi incita a ripartire, perché il viaggio non è ancora finito. Poco prima di uscire dalla stanza della bilancia, però, stacco una piccola foglia verde dalla piantina di baobab, che appare tanto sana e forte. Arrivate fuori dalle mura della fortezza, ecco che appare sopra la nostra testa una nuvoletta profumata e colorata di un bianco leggero. Non sta ferma sopra di noi, ma si muove in continuazione, senza nessuna regola fisica. La lucciola subito mi avverte che si tratta della libertà, che è tanto bella quanto difficile da raggiungere. Spesso all’uomo, infatti, ogni diritto sembra acquisito e il diritto alla libertà sembra il più scontato di tutti. Ma la libertà è sfuggevole, non si fa prendere facilmente e richiede tanta fatica per essere tenuta stretta a sé. Una volta raggiunta, va anche saputa usare nel modo giusto, nel rispetto degli altri e di noi stessi. Lasciata la nuvoletta vicino alla fortezza, arriviamo in un luogo simile alla radura della cascata, ma disseminato di specchi d’acqua limpidi e invitanti. Ero attratta da questi e specchiandomi in ognuno di essi vedevo ogni volta persone o luoghi diversi: un uomo di colore terrorizzato, una donna rannicchiata con l’angoscia negli occhi e con il volto tumefatto, un bambino abbandonato che cerca l’affetto, un adolescente che cerca un amico, un bosco bruciato e privo di vita, un animale triste chiuso in una gabbia.
La lucciola mi spiega che quelli sono i laghi dell’empatia, grazie alla quale, se fosse davvero presente in ognuno di noi, non esisterebbe il male causato volontariamente a qualsiasi essere vivente: di conseguenza migliorerebbero anche il rispetto della natura e il clima. Attraverso l’empatia si capiscono gli altri, i loro sentimenti, le loro debolezze, i loro pregi e i perché dei loro comportamenti. Sapersi ascoltare permette di conoscersi e quindi rispettarsi. Siamo soliti dare giudizi sommari e superficiali, spesso per avere consensi facili dagli altri, ma esiste tutto un mondo di persone più fragili e silenziose, che spesso non vengono capite e vengono private della loro
dignità.
In quell’ambiente così sereno e rispettoso provavo quasi un senso di vergogna per l’umanità intera che troppo spesso, ancora oggi, dopo gli insegnamenti della storia, non sa creare un legame sincero e attento al benessere dell’altro. Sentivo il bisogno di entrare in contatto con tutte quelle persone che soffrivano così tanto… Comincio ad entrare dentro l’acqua di uno dei laghi, fino a esserne quasi sommersa. Sorrido alla lucciola, ringraziandola di avermi accompagnato in questo viaggio, facendomi scoprire sulla Luna tutto ciò che sulla Terra manca. A questo punto mi lascio andare nell’acqua, come presa da un sonno improvviso e, riaperti gli occhi, mi trovo di nuovo a casa, davanti alla solita finestra, oltre la quale guardavo prima di vivere quest’avventura. Sono asciutta, nonostante il bagno nei laghi, ma sento qualcosa nella mia tasca e scopro di avere ancora con me la foglia di baobab presa nella stanza della bilancia. Questo piccolo ricordo di saggezza mi fa sorridere e mi concede, almeno per un attimo, quella serenità che respiravo sulla Luna e che vorrei poter trasmettere alla Terra.
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 3 aprile 2021