SCARPERIA E SAN PIERO – Ci sono sogni che, invece di relegare in un cassetto, riponiamo temporaneamente in una valigia; stanno lì, pronti per essere trasportati, per affrontare un viaggio, talvolta per essere mostrati o donati, poi richiusi, ma mai dimenticati. Con questo spirito Sabrina Sagri ha custodito le sue opere in una vecchia valigia, dal 1999 ad oggi, con l’idea che un giorno avrebbero visto la luce.

Quel momento è arrivato: dal 1 al 5 novembre i suoi quadri saranno esposti presso la Vecchia Propositura di Scarperia, dove si svolge la prima esposizione personale di un’artista dal cuore e dalle radici mugellane. L’abbiamo incontrata per conoscere i pensieri e le emozioni che ispirano questa mostra e per avere da lei alcune anticipazioni.

Finalmente i tuoi acquerelli escono dalla valigia… Li ho sempre riposti lì con l’idea che non ci sarebbero rimasti per sempre; negli anni li ho mostrati soltanto alle persone più vicine, li ho regalati agli amici nei loro momenti importanti, ma solo ora ho avvertito il desiderio di condividerli in senso più ampio.

Cosa ti ha spinta a fare questo passo? Credo sia il frutto di un percorso personale. L’arte mi ha aiutata in tanti momenti, più o meno belli, della mia vita, c’è sempre stata, fin dall’infanzia. Però negli ultimi anni, anche per la professione che svolgo a contatto con i giovani e i giovanissimi (ndr, Sabrina è maestra elementare), ho capito quanto l’espressione artistica potesse essere produttiva: ci aiuta a conoscerci, a rivelarci. Spesso anche i bambini e le bambine sperimentano nel disegno la loro libertà e così conoscono se stessi. Per me la pittura è stato un costante tentativo di allenare lo sguardo alla ricerca del bello. La spinta è poi arrivata dopo il periodo pandemico, quando ho intrapreso un percorso bellissimo con un’arteterapeuta, Cecilia Macagno, che ringrazio perché mi ha dato modo di esprimermi completamente. Mi ha accompagnata nell’esercizio dell’arte astratta: un percorso per me nuovo, che mi è servito a lasciarmi andare, senza avvertire l’urgenza di direzionarmi, nemmeno nella pittura figurativa.

Da cosa deriva questa tua espressione artistica? La passione per la pittura mi accompagna da sempre. Anche grazie ai miei genitori, ho viaggiato e sviluppato uno sguardo ampio del mondo. Dipingere è stato anche un modo per portare con me e fare memoria dei luoghi, delle sensazioni, dei territori esplorati negli anni e nell’infanzia. L’acquerello, in particolare, si concilia con il mio modo di essere. È una tecnica che restituisce la luce, la trasparenza; l’acqua accompagna lo scorrimento del pennello, dialoga con la carta e prende forma sotto i miei occhi. È una pittura veloce, immediata, dal risultato incerto, spesso sorprendente. La maggior parte dei quadri li realizzo in pochi minuti, in maniera istintiva, a colpo d’occhio, ma poi mi accorgo che il tutto prende una sua dimensione e una sua fisicità; i paesaggi e le atmosfere rappresentate sono in realtà molto particolareggiate, non solo abbozzate. Per questo motivo ho voluto intitolare la mostra “inquadrature”, proprio perché gli acquerelli sono come scatti di istantanee a qualcosa di bello, che colpisce il mio sguardo.

Parlaci allora dei soggetti che prediligi e che compongono questa mostra… Non ho un soggetto di partenza e non dipingo quasi mai dal vero; diciamo che sono più mossa dal bisogno di catturare un istante vissuto, che ricordo e che traduco poi in una rappresentazione. I miei acquerelli sono infatti a metà strada tra la credibilità dei luoghi che ho visitato e dei colori che scelgo e l’immaginazione, il sogno. Sono tre le atmosfere ricorrenti che sarà possibile vedere in mostra: le torri, le campagne, le marine. L’amore per le torri nasce da un regalo ricevuto quando ero bambina da un amico di famiglia, Mario Becchi, scarperiese, anche lui appassionato di pittura. È stato un suo disegno il primo regalo artistico che ho ricevuto e mi ha sempre colpito il fascino seducente di quella torre, che poi crescendo ho ritrovato in altri luoghi di vacanza; gli avamposti hanno una funzione di controllo, di protezione e sono costruzioni solitarie che spesso stanno ai confini di un territorio, ma guardano avanti, oltre. Sono punti di osservazione di bellezze inenarrabili. Poi ci sono le campagne, i paesaggi dove vivo o che porto nel cuore: ci sono le valli mugellane, i casolari contadini, gli alberi, le paludi, ma anche le campagne mediterranee, gli arbusti, i campi, le case della Puglia, della Sicilia e della Grecia. Infine, le marine: luoghi solitari, ma non disperati; nostalgici, ma non malinconici. Sono spazi aperti, silenziosi, ma dolci e vitali; luoghi antropizzati, ma con una presenza umana dimessa, non invadente. E poi una piccola anticipazione: ad accompagnare questi quadri saranno presenti dei versi poetici, come dei titoli, ispirati alle atmosfere dipinte.

Tra le tue espressioni artistiche c’è anche la poesia? In verità, mi piace molto anche scrivere. Ma in questa circostanza le brevi poesie, come una sorta di haiku giapponesi, derivano dal desiderio di coinvolgere in questa esperienza mia figlia Agata. Insieme a lei sono nati i versi, come un gioco che condividiamo, grazie anche al fatto di aver visto insieme molti dei paesaggi dipinti e di aver vissuto quelle atmosfere. E anche questa occasione di complicità si è rivelata per me, per noi, preziosa. D’altronde, tutta la mostra ha anche attivato intorno a me una grande compartecipazione che mi emoziona e mi diverte: amiche di sempre, colleghe, così come conoscenze più recenti si sono proposte per aiutarmi nell’allestimento, nella preparazione dei materiali, nell’organizzazione dell’inaugurazione e mi piacerebbe che ciascun visitatore respirasse un po’ quest’aria di famiglia, di complicità. Anche l’inaugurazione del 1° novembre, alle ore 16 avrà questo sapore!

Vorresti che oltre a questo la mostra avesse anche qualche significato per chi ti conosce per la prima volta? Vorrei che questi quadri trovassero la loro strada e continuassero il loro viaggio iniziato con me. Mi piacerebbe anche che questa produttività dell’arte fosse sempre più presente nella vita dei nostri paesi e che il mio racconto fosse di impulso per chi tiene le sue opere in una valigia. E che questa voglia di esprimersi, che vedo di frequente intorno a me, fosse raccolta dalle istituzioni, dalle amministrazioni, per dare spazio all’arte nelle sue molteplici forme, per alimentare continuamente la ricerca del bello e la condivisione con gli altri del proprio sguardo artistico sul mondo.

Letizia Materassi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 28 Ottobre 2023

Share.
Leave A Reply

Exit mobile version