La tenuta di registri e documenti pubblici è testimoniata, a Firenzuola, fin dagli statuti del 1418, nei quali si danno una serie di indicazioni per la tenuta e conservazione dei pubblici documenti, ordinando la tenuta di due “grossi registri nell’uno de’ quagli el cancellieri del decto Comune sieno tenuto et debbia scrivere tutte et ciaschedune riformagioni stantiamenti, deliberagioni che si faranno per lo Consiglio Generale…. Et nell’altro registro si scrivano et scrivere si debbino tutte le ragioni et carte del Comune tutti e sindichati et chiarigioni d’ogni debitore di Comune et tutti e debitori di decto Comune et Alpe. Et tutte le vendite et alloghagioni delle ghabelle …. Et più nel decto registro si debbia registrare qualunque facesse niuna falsa accusa o qualunque persona facesse niuna falsa testimonianza contro el decto Comune et Alpe o contra alchuna singulare persona “.
A Firenzuola, alla fine dell’ottocento, tre erano gli archivi pubblici importanti: l’archivio comunale, l’archivio della pretura e l’archivio del seminario. Oggi di questi non rimane niente, sono irrimediabilmente persi a causa del bombardamento del 1944, che distrusse quasi interamente il paese.
Dell’archivio comunale è possibile ricostruire la consistenza grazie ad una serie di articoli del paleografo e archivista Demetrio Marzi sulla “ Rivista delle Biblioteche e degli Archivi “, pubblicati a partire dal gennaio 1900. All’epoca della sua ricognizione vi era un dettagliatissimo inventario del 1820 nel quale il compilatore, cancelliere Pezzella, riporta tre precedenti elenchi che vanno dal 1553 al 1664, ci dà notizia che l’archivio era esistente fin dal XVI secolo e che molti documenti, durante l’occupazione napoleonica erano stati trasferiti a Firenze e a Modigliana, dove era stata stabilita la sede del dipartimento che comprendeva la Romagna Toscana.
Nell’archivio vi era conservato innanzitutto un registro con gli Statuti del 1418, era un volume di 136 carte in pergamena redatto nel 1530 su una copia di ser Betto Betti, essendo gli originali a disposizione dei pubblici ufficiali, bruciati da Ramazzotto nel 1529 insieme agli archivi del vicariato, nell’incendio che appiccò a Firenzuola e che arse per tre giorni facendo perdere irrimediabilmente oltre agli archivi anche tutte le sue opere d’arte; su detta copia erano riportate aggiunte dal 1537 al 1724; l’antica copia di ser Betto, in 118 fogli fu conservata nell’archivio fino al 1874, quando fu inviata a Roma per la raccolta degli statuti antichi d’Italia e si trova ora nell’archivio di stato di quella città ( collezione statuti stat. 0153 ). Una copia cinquecentesca esiste anche presso l’archivio di stato di Firenze, nel fondo Comunità autonome e soggette al n. 317.
Vi erano numerosi registri di provvisioni di Firenzuola e dei comunelli che costituivano il Vicariato, che partivano da quello più antico, del Peglio, del 1520 per arrivare al 1598 con gli atti di Monti. Numerosi sono anche i libri di entrata e uscita di detti comunelli, si inizia con quello di Cornacchiaia dal 1508: “ questa è la ragione e chalculo di ragione dell’entrata e uscita di Michele …. da Cornacchiaia, stato consolo di decto comune e’ sei mesi proximi passati, incominciato a’ di 26 del mese d’aprile proximo passato, 1508 …”; seguono via via le altre comunità fino al 1563, data di inizio di quelli di Tirli e di Visignano. Queste scritture cessano tutte nel 1777, dopo l’abolizione del Vicariato.Vi erano poi quattro volumi, dal 1564 al 1792, riguardanti le strade e i ponti del Vicariato e otto di Paci e tregue dal 1565 al 1730. Nell’inventario del 1820 vi era anche una nota nella quale si cita un libro “ Entrate del camerlingo dell’Alpi Fiorentine, dell’anno 1330” che sarebbe stato importante per la ricostruzione delle prime vicende della costruzione di Firenzuola, ma del quale si era persa ogni traccia. Vi erano comunque conservati altri quattro libri del XIV secolo, riguardanti l’ amministrazione del Vicariato, e datati 1375, 1376, 1378 e 1387. A titolo di informazione in “ ILDEFONSO DA SAN LUIGI, Delizie degli eruditi toscani, Firenze, Cambiagi, 1770-1789” è riportato un frammento del primo Statuto di Firenzuola dell’anno cir. 1332 o 1333, t. XII, pp. 343-348.
La Pretura era sede delle magistrature che sovrintendevano all’amministrazione della giustizia civile e criminale. Era posta al limite estremo della grande piazza, nelle vicinanze della chiesa parrocchiale. Fu anche residenza dei Vicari, come attestano gli stemmi che erano sulla facciata, molti dei quali scomparsi, specie quelli in maiolica, già nell’ottocento. Aveva un portico nella parte anteriore nel quale venivano letti i bandi, le sentenze del Vicario e anche fissati settimanalmente i prezzi del mercato. Sulla scala interna che portava al primo piano era presente un marzocco, simbolo del potere dello stato fiorentino. Nell’archivio si conservavano circa 300 volumi di atti civili, a partire dal 1515, e 400 volumi di atti criminali, a partire dal 1545. Con l’abolizione del Vicariato nel 1838, Firenzuola divenne una podesteria, perdendo il titolo di tribunale penale e passando sotto la giurisdizione di Scarperia, dove furono portati gran parte dei registri di atti criminali che si trovavano nella Pretura. Nell’archivio comunale di quel paese si conservano quelli che vanno dal 1694 al 1839.
Presso l’archivio storico di Firenzuola rimane solo una filza contenente i processi criminali tra il 1803 e il 1807. In questo archivio dovrebbero ancora trovarsi, secondo un inventario degli anni 60, Comunità: Mandati 1826 – 1827, 1848, 1849; avvisi, ordini, circolari, avvisi e bandi 1846, 1848. Vicariato: oltre a quelli detti, Processi criminali 1620.
Doveva contenere, oltre un’ importante e unica biblioteca, numerosi atti e documenti riguardanti la fondazione e la vita del seminario stesso.
La biblioteca fu posta in una sala decorata da Tito Chini di Borgo San Lorenzo, a spese del canonico Salvi, da cui poi prese il nome. Ricevette donazioni dal canonico Quaratesi nel 1856, dal Fontanelli, dal Benelli del Covigliaio e da monsignor Lorenzi di Coniale che lasciò i suoi libri quando fu nominato rettore del Seminario di Firenze. Ai primi del novecento contava circa 7000 volumi, catalogati sommariamente. Vi si trovavano anche documenti di provenienze varie, tanto per citarne una: i manoscritti delle poesie di Giovanni Giuliani ( vedi articolo ) che le figlie donarono a don Stefano Casini e lui a sua volta donò al seminario.
Un altro archivio del quale non si conosce ne inventario ne consistenza era quello della propositura del paese, distrutto nel bombardamento della seconda guerra mondiale.
Preziose testimonianze storiche sono date, ancora oggi, dagli archivi parrocchiali. La principale documentazione che vi si conserva è data dai registri dei nati, morti e matrimoni e dagli Stati d’anime, divenuti obbligatori dopo il Concilio di Trento, che erano dei veri e propri censimenti parrocchiali nel quale erano indicati, oltre alla composizione della famiglia, il luogo di abitazione, il mestiere e la capacità o meno di leggere e scrivere. Di estrema importanza sono anche i Cronicon, dove il parroco annotava i fatti salienti che riguardavano la parrocchia; alcuni erano scritti in maniera stringata e frettolosa, altri erano assai dettagliati, e sono una preziosa testimonianza sulla vita delle comunità del nostro Appennino nei decenni passati. Sarebbe auspicabile la catalogazione di questi fondi, che quasi sempre non esiste, in modo da salvaguardarli e renderli fruibili dagli studiosi.
Sergio Moncelli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 25 Aprile 2021