
MUGELLO – Non sono per natura incline a pubblicazioni o articoli nati solo per fare clamore, per stuzzicare la curiosità della gente o nel peggiore dei casi per vendere libri. Purtroppo, ho il vizio di raccontare la verità storica o perlomeno una verità plausibile sulla base d’indizi raccolti e analizzati meglio possibile. E’ un mio difetto però, detto questo, non posso nascondere che qualche caso clamoroso del passato presenta una certa suggestione e potrebbe contenere persino un fondamento di verità.
Ad esempio, sappiamo che i pittori di motivi religiosi di XV e XVI secolo prendevano spesso spunto da elementi paesaggistici reali. E’ storicamente provato poi che il grandissimo pittore Andrea del Sarto, che ammiro per pulizia, plasticità e brillantezza di colori e forme, fu senz’altro in Mugello con tutta la sua famiglia nel 1523 per sfuggire alla peste aiutato da un certo Antonio Brancacci che aveva conoscenze altolocate nel monastero femminile di Luco.
La badessa Caterina di Tedaldo Della Casa, dotata di notevoli disponibilità economiche chiese, infatti, al pittore per il convento una grande pala col tema del “Compianto” pagandola 80 fiorini d’oro. Il risultato fu la famosa Pietà di Luco, fenomenale dipinto a olio su tavola che rimase sull’altare della chiesa del monastero fino al 1782 quando fu portato via dall’ineffabile Pietro Leopoldo, poi nel 1799 trafugato dai francesi e migrato a Parigi; oggi il dipinto come forse saprete è conservato nella Galleria Palatina.
Qualcuno in passato, analizzando lo sfondo azzurrino del dipinto dove troneggia una fortezza turrita, ha già azzardato che in quel panorama sia riconoscibile la sagoma del castello di Pulicciano limitandosi però a dire che il contorno dei monti “assomiglia” a quello mugellano (cfr.Messeri); io voglio invece approfondire la cosa cercando nuovi elementi.
Indubbiamente, ci sono alcuni indizi a sfavore dell’ipotesi Pulicciano, questo va detto; la città fortificata è troppo grande, le mura sembrano discendere verso nord-est e il paesaggio suona nel complesso come falso, “irreale”.
Passiamo ora agli indizi che potrebbero sostenere, invece, l’ipotesi di un paesaggio mugellano nel quadro di Andrea Del Sarto, ipotesi che invece “ci garba” molto di più.
Primo aspetto. IL PROFILO DEI MONTI- Ho messo a confronto le due immagini, vale a dire il particolare del quadro e una foto attuale fatta dalla strada dove appare, salendo, la rocca di Pulicciano e numerando i particolari. Non c’è dubbio che la linea dei monti alle spalle è abbastanza simile, con la catena dei rilievi che va da sopra “Il Monte” partendo da Poggio Prefetto (vedi 1), poi Poggio Pratone e delle Piane e fino all’arcigno monte Verruca (vedi 2) -se ho sbagliato il nome dei monti mi si perdonerà, ma il ragionamento non cambia di un centimetro-.
Secondo elemento. IL CASTELLO- Il pittore per andare a Luco doveva per forza passare dalla Faentina in direzione Ronta e quindi, arrivato al Poggio, girare a sinistra in direzione Luco. Era, infatti, quella l’antica strada e, guarda caso, proprio lungo questo percorso il castello si presenta al viaggiatore nella stessa posizione del quadro. Forse il pittore ne rimase impressionato e trasferì l’immagine sulla tela sia pure “a memoria” e con un pizzico di fantasia? Potrebbe essere, perché all’epoca Pulicciano, benché ormai semi abbandonato, era stato rifortificato da meno di cent’anni quando aveva sostenuto per circa un mese il terribile assalto del condottiero Niccolò Piccinino.
L’antico castrum di Pulicciano doveva quindi ancora apparire poderoso, inespugnabile e pure dotato di molte torri lungo tutto il perimetro delle mura (vedi 3) di cui restano ancora tracce nei ruderi e nel volume di alcune abitazioni (cfr. foto d’epoca).
Terzo elemento. I DINTORNI- L’indizio che però mi ha colpito più di tutti è la perfetta aderenza della linea prospettica tra l’attuale zona dei campi a sud della rocca e quella dipinta sul quadro da Andrea del Sarto (vedi 4- altro colore evidenziato dalla linea rossa). E non finisce qui. Nel quadro appare un’altra torre o casa fortificata sullo sfondo a sinistra (vedi 5). Il punto corrisponde a quello dove oggi sorge la villa di Striano. Ebbene, dovete sapere che alla metà del Duecento proprio lì abitava un certo Ghozzus Michaelis fedele agli Ubaldini, il quale ebbe una controversia con il procuratore di Firenze, tale Bonaiuto di Borgo di Salto. I fiorentini cercavano di estendere a queste terre un dominio economico entrando in conflitto con i fidelis dei feudatari locali come questo Ghozzus e allora, per difendere il territorio, gli Ubaldini eressero nella zona di Striano una torre d’avvistamento e difesa.
Una torre che servì a poco, perché la storia ci racconta di un precoce dominio comunale dal 1260, però il fortilizio fu mantenuto “vigile” da Firenze, come descritto nel “libro di Montaperti”. Anche se in seguito al posto della torre fu edificato un piccolo villaggio e quindi la villa, non è da escludere che all’epoca di Andrea del Sarto conservasse ancora l’aspetto fortificato come appare nel quadro.
Che vi devo dire, tanti indizi dunque, che non costituiscono certamente una prova ma ci aiutano almeno a sognare che Andrea del Sarto abbia voluto nel suo bellissimo dipinto rendere omaggio come si deve a quel Mugello che lo aveva ospitato e salvato dalla terribile pestilenza.
Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 7 Novembre 2021