
FIRENZUOLA – Legate ad un passato che ormai non esiste più, le burraie sono piccole costruzioni in pietra che erano utilizzate per la fabbricazione e la conservazione del burro, e che talvolta ancora incontriamo durante le passeggiate sulle nostre montagne.
Questi edifici, dalle dimensioni assai contenute, erano costruiti con la parete anteriore verso nord, le altre pareti erano di solito parzialmente o totalmente interrate. Il pavimento era in pietra o in terra battuta e il soffitto a volta; sulla parete anteriore c’era una porta d’entrata sopra la quale si poteva trovare un’apertura rotonda per permettere il ricambio d’aria.
Per la collocazione si sceglieva un posto non lontano dall’abitazione rurale e dall’allevamento, fondamentale è che nelle vicinanze vi fosse un pozzo, una cisterna o preferibilmente una fonte che permettesse l’approvvigionamento di acqua fresca. All’interno vi era una piccola vasca in pietra o in muratura nella quale direttamente o attraverso un condotto affluiva l’acqua.
Nella vasca venivano posti dei recipienti appoggiati su dei regoletti di ferro cosicché almeno per metà fossero immersi nell’acqua, poi all’interno di questi si versava il latte in modo tale da permetterne il raffreddamento e l’affioramento della crema. Per completare la fabbricazione del burro si utilizzavano vari metodi: il più usato nella zona di Firenzuola era la zangolatura. A questo scopo si usava, appunto, la zangola, una sorta di mastello di legno munito di bastone e stantuffo; nel recipiente veniva versata la crema di latte che grazie al movimento verticale del bastone e dello stantuffo veniva sbattuta violentemente permettendo l’emulsione della parte grassa e quindi la burrificazione. Il contenuto veniva poi trasferito in delle forme di legno e posto a solidificare nell’acqua fredda della vasca.
All’interno della burraia c’erano delle mensole per la conservazione del burro, ma anche dei formaggi e di altri latticini e in periodi caldi fungeva da frigorifero e dispensa tanto che vi si potevano trovare vari alimenti o addirittura la lana delle pecore.
Fu Ferdinando Morozzi che, nel suo “Delle case dè contadini – Trattato architettonico”, promosse la diffusione delle burraie, specialmente nei territori di montagna, auspicando che tali edifici divenissero parte indispensabile delle case coloniche. Un impulso alla loro costruzione avvenne inoltre dalla disposizione granducale del “quarto di spesa ” della seconda metà del settecento, che prevedeva uno sgravio fiscale per coloro che avessero investito per il miglioramento dei fabbricati rurali e nel miglioramento colturale.
Le burraie raggiunsero grande diffusione nei territori a vocazione zootecnica come nel caso del comune di Firenzuola dove l’allevamento, insieme alla coltivazione del castagno, era la maggiore risorsa economica. In questo territorio, secondo un’indagine dell’Accademia dei Georgofili, vi erano 42 cascine che manipolavano il burro, molte delle quali verosimilmente provviste di burraie. Queste furono utilizzate fino alla metà degli anni ’50 quando a causa dell’industrializzazione e dell’avvento dei frigoriferi caddero definitivamente in disuso.
Oggi riscoprirle e valorizzarle sarebbe importante per poter contribuire alla ricostruzione della storia delle piccole comunità montane. Nelle foto sono ritratte alcune burraie del territorio di Firenzuola. La più interessante è forse la burraia di Cornacchiaia, la quale pare sia stata costruita sulla vasca del miracolo verificatosi durante la visita pastorale di S. Antonino, ma di questo ne parlerò un’altra volta.
Sergio Moncelli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 30 maggio 2018