Come mai lo pseudonimo? Chi è Jack Panforte? Era un personaggio di fantasia che avevo inventato da bambino. Un giornalista d’assalto. Quando ho pensato di pubblicare “in incognito” ho subito pensato a lui.
Come mai non lo hai pubblicato con il tuo nome? All’inizio non volevo che mi associassero a questo lavoro. Si tratta di una parte intima di me ed avevo piacere che lo leggessero persone sconosciute e non i miei cari. Poi ho cambiato idea, ero stufo di essere anonimo.
Hai iniziato a scrivere con delle simpatiche storie pubblicate sui tuoi social, come sei arrivato alla poesia? In realtà scrivo poesie da quando avevo 16 anni, riempiendo interi quaderni. Ma lo facevo per me stesso. Poi ho iniziato a pubblicare questi racconti umoristici su Facebook, tra le primissime cose che ho condiviso con dei “lettori”. Erano allegre e pensavo che potessero piacere di più.
E come ti sei deciso a mettere “nero su bianco” le tue poesie? Mi ha convinto una ragazza di Bologna, Francesca che ringrazio tantissimo. Mi ha letteralmente convinto. Ha letto le mie cose e poi mi ha tartassato fino a che, stremato, non sono andato da Agnese Gentilini ed insieme abbiamo “studiato” e stampato il libro. A Bologna ci sono persone veramente in gamba che hanno portato ad una sorta di rinascimento della poesia. So che c’è un festival dell’editoria indipendente e vorrei partecipare e magari trovare una casa editrice a cui piacciono i miei lavori.
Come nascono le tue poesie? Sono una sorta di bisogno fisiologico. È come vomitare. Sono impulsive, scritte di getto. Per me è una sorta di “matematica delle parole”.
Spiegati meglio. Una sensazione è come una macchia. E le poesie sono come tante rette che fanno da tangente alla macchia cercando di riportare la sensazione sul foglio. Ci sono momenti in cui sento questa forte necessità e riesco a scrivere anche 20 poesie in mezz’ora e poi, magari, per 2 giorni non prendo la penna in mano. Una volta che sono scritte rimangono così come sono. Non si possono correggere, tantomeno da me.
Hanno un tema conduttore? Secondo me no. Ma in tanti hanno trovato alcuni filoni. Infatti il libro è diviso in tre parti: quelle più introspettive, malinconiche e sofferte, quelle sentimentali e….quelle che non sapevamo collocare!
Hai abbandonato la tua vena ironica a favore di una più cupa? Sono due parti distinte, ed entrambe mi appartengono. Su Facebook posso pubblicare storie “stupide” ma che hanno bisogno di più lavoro: vanno pensate, corrette ed elaborate. Le poesie, invece, sono più spontanee e meno “faticose”.
Progetti futuri in ambito letterario? Penso di pubblicare anche un libro di racconti ma sicuramente non abbandonerò la poesia. Scrivere “mi tocca”, non posso farne a meno e quando vinco la pigrizia qualcosa produco.
Continuerai a pubblicare sotto pseudonimo? Per quanto riguarda le poesie sì, tanto per creare ulteriori problemi alle persone. Il libro di racconti, invece, penso proprio che uscirà con il mio nome. Vedremo….
Puoi dire che il tuo primo libro sia stato un successo? Mah, un successo mi sembra esagerato! Ho stampato 50 copie a dicembre e subito sono state vendute. Allora ne ho stamapate altre 50 ma, allo stesso tempo ho smesso di fare promozione – ride – Se devo essere sincero mi stupisco anche di queste prime copie vendute. Non dovrei dirlo ma se per me è fondamentale scrivere poesie, e non ne potrei fare a meno, odio leggerle e penso di non aver mai letto un libro di versi.
Il libro può essere acquistato contattando Edoardo (o Jack) al numero 392.6097018 o sul suo profilo Instagram.
Edoardo, ci regali una tua poesia?
Eccola:
27.
Se hai di meglio da fare
non mi cercare
io sono un’opzione
che si usa solo in casi eccezionali
quando tutto crolla
o tutto sembra gigante.
Sono l’ultima spiaggia.
Lavoro dove i belli e dannati
non riescono ad arrivare
sono l’ombrello nel bagagliaio
della macchina di tuo padre
Irene De Vito
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 22 agosto 2019