A differenza dell’Arbia, la Sieve non si tinse mai di rosso. Si tinse del colore dei soldi.  Sulle rive del fiume, infatti, non si tennero mai battaglie memorabili. Semmai, fiorirono i commerci.

Tre snodi: San Piero, Dicomano, Pontassieve. Nel ‘300 un traghetto collegava San Piero a Dicomano. Il fiume era interamente navigabile. Sosta a Borgo e via verso il grande mercatale, il più importante tra la valle e la montagna romagnola.

Una veduta del ponte di San Piero a Sieve eseguita da Giuseppe Zocchi pochi anni prima dell’alluvione del 1757

Che il villaggio di San Piero abbia conservato un certo rilievo nel tempo lo dimostra quel ponte faraonico gettato sul letto, tra sponda e sponda, nel Settecento. Sette archi addirittura. Architettura di pregio, bei materiali, struttura solida. La stampa dello Zocchi ce lo mostra in tutta la sua magnificenza. Si trattava di un’opera indispensabile a consentire un collegamento più celere tra la città e il basso Mugello, in particolare la capitale valligiana, Scarperia. Detto, fatto.

L’altro centro decisivo, con tanto di porto (anzi, due porti), è Dicomano. L’abbiamo già scritto: da qui scendono i tronchi della foresta casentinese verso l’Arno, verso Firenze. Non solo. Dicomano collega la montagna oltre il Muraglione, perfino i paesotti che oggi fanno parte della provincia di Forlì – medicei nel ‘500 – al Mugello e alla val di Sieve. Uno snodo nevralgico, geopoliticamente e sul piano economico rilevantissimo. Grano, sale, merci in cammino verso la piana cittadina passano da qui. Il mercato di Dicomano è imponente, i traffici quotidiani. Per questo motivo la Dominante fa di tutto pur di porre quel castello sotto la sua egemonia. Ci riesce, naturalmente.

Un pugno di miglia e ti imbatti nella confluenza tra Sieve e Arno: Pontassieve. Tanta acqua, un bel ponte anche lì. Mediceo. Un borgo voluto dalla repubblica del giglio, murato e difeso dai fiorentini. Gli Albizi, non lontano da lì, hanno costruito la prima manifattura ‘industriale’ di ogni tempo, quelle gualchiere dove si lavorava la lana e dove la sommossa dei Ciompi prende vita.

Ecco, difficile immaginare il Mugello senza la Sieve. Quassù ha portato ricchezza, ai mercanti ha consentito di raddoppiare i fiorini investiti. C’è di più. Al di là delle divisioni amministrative contemporanee, il fiume ha da sempre rappresentato l’unità del Mugello. La Sieve lo corre tutto intero, da Barberino fino all’Arno. Si ha un bel dire che una cosa è il Mugello, altro la val di Sieve. Mah…la lingua è la stessa, la natura è la stessa, le radici sono quelle, gli Etruschi costruirono sul fiume e attorno al fiume i loro santuari, i romani fecero altrettanto. Insomma, non esistono due diverse identità. La mamma è una e una sola. Cambia soltanto la misura dei tortelli. L’unico motivo

Riccardo Nencini

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 13 gennaio 2019

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