MUGELLO – Nella vecchia casa colonica il focolare filava via dal camino l’ultimo fumo mentre la primavera aveva messo un piede deciso in boschi e campi. Da alcuni giorni e nonostante il tempo mite l’umidità si era affacciata violenta nella valle del Mugello con fitte nebbie che si spostavano inquiete al mattino dalla Sieve alle montagne e viceversa. Forse, pensavo, stavano cercando qualcosa oppure volevano nascondere o proteggere qualcuno.

Lo zio aprì alla madia e prese un pezzo di pollo freddo del giorno prima, lo addentò con gusto come se fosse una pietanza prelibata; poi scossò una giubba rattoppata che metteva per le occasioni speciali decretando: “Domattina si va tutti a cercare i martinacci”.

L’idea della ricerca tutti insieme mi piaceva, ma quelle grosse chiocciole da catturare e poi mangiare mi facevano proprio schifo; figurati, non le potevo vedere e poi erano così viscide. Non sopportavo nemmeno le chiocciole piccole e, per la verità, non mi sono piaciute nemmeno quando molti anni dopo ebbi l’occasione di assaggiare la specialità francese escargot in un prestigioso ristorante di Parigi. A dirla tutta, quei chioccioloni (in termini scientifici molluschi gasteropodi polmonati terrestri) mi facevano pure un po’ pena pensando come sarebbero stati cucinati; lasciamo stare i particolari, non vorrei sollevare le proteste di qualcuno.

Iniziò così la ricerca tra l’umidità dell’erba medica e il muschio delle querce, tra foglie cadute e prime fioriture. La nebbia si era diradata e il bosco emanava un profumo di buono, una miscela di funghi e rose suscitando leggere sensazioni che in seguito non ho più ritrovato. Il silenzio era totale e si potevano sentire solo i passi fruscianti di cercatori piccoli e grandi. Uno ad uno i preziosi martinacci raccolti sul terreno finirono in una grossa balla che a un certo punto per il troppo peso fu appoggiata a un albero ben chiusa e in seguito trasportata a spalla con grande fatica nel bel mezzo dell’aia colonica.

La nonna brontolò il figlio: “Te lo dico una volta per tutte, e un mi ci metto più a cucinare quella roba, ci vuole un monte di tempo e di fatica!”. Lo zio fece spallucce accomodandosi alla tavola già apparecchiata per piccoli e grandi. Mi ricordo che allora mangiare insieme diventata un’occasione speciale per tutti di parlare e raccontare, una fresca e vivace convivialità non disturbata da tv o cellulari.

Finito il pranzo, lo zio si affacciò nell’aia per fumare una sigaretta sentendo subito sotto i piedi uno strano infrangersi di gusci. La balla si era rovesciata e i grossi martinacci ma proprio tutti erano “fuggiti” o almeno ci avevano provato considerata la scarsa velocità; in quanto a capacità di fuga loro erano delle vere lumache! Ora gli improvvisati evasi ricoprivano l’aia, le pareti della casa, la concimaia, l’imboccatura del forno, il carro del fieno, gli attrezzi da lavoro, le ceste di vimini, la cuccia del cane che guardava stupito la scena intorno a lui e pure i panni da appendere già lavati e preparati nel catino. Quella fu l’ultima volta che sentii parlare di martinacci in casa della nonna.

Oggi, pur frequentando spesso il bosco, non ne ho più visti se non qualche malinconico scheletro, conchiglie vuote e tristi imbiancate dal tempo; è diventato raro qui da noi e, almeno per quanto mi riguarda, sembra totalmente scomparso. Penso che fosse un animale fin troppo sensibile ai cambiamenti cui è stata sottoposta la nostra campagna, ai veleni, ai pesticidi, ai mutamenti climatici, alle specie aliene. Quando gli ambientalisti non esistevano ancora e in tempi non sospetti loro avevano mandato un primo segnale chiaro, inequivocabile. Si potrebbe quasi dire che sono stati loro i primi veri ecologisti inascoltati della nostra storia.

Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 2  febbraio 2025

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1 commento

  1. Bravo Fabrizio hai fatto bene a parlare di martinacci è un mangiare antico che vale la pena di ricordare , io ti posso dire di averne mangiati più volte cucinati dalla signora Lucia di Polcanto che quando li faceva ne preparava un paiolo . Ci si metteva a tavola con del buon vino rosso e il pranzo durava senza mai smettere per diverse ore in sostanza non si sarebbe mai smesso di mangiarne e io che sono un buongustaio li metto al primo posto delle mie preferenze devo anche dire che mi risulta che siano anche un poco
    afroditiaci .

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