BARBERINO DI MUGELLO – Oggi la Biblioteca comunale di Barberino di Mugello, sulla propria pagina Facebook ricorda la Festa della Repubblica con un articolo sul 2 giugno 1946 scritto dal professor Fabio Bertini, autore, di recente, di un contributo storiografico molto rilevante per Barberino di Mugello, il libro “Barberino di Mugello dalla comunità alla Repubblica attraverso la Resistenza”(scheda qui e articolo qui). E pubblicando alcune immagini storiche tratte dal fondo della Confraternita di Misericordia “Le mani del tempo”.
Volentieri diffondiamo sulle pagine culturali del “Filo” l’articolo del professor Bertini.

La novità di questo 2 giugno 2020 consiste nel fatto che i più giovani hanno sperimentato cosa sial’emergenza. Hanno così strumenti ulteriori per capire la crisi che seguì il dopoguerra. Ancora, il 22 maggio 1946, un giornale annunciava a Milano che, a giorni, sarebbe stato distribuito per quel mese un etto d’olio per persona, a 270 lire al Kg., utilizzando due buoni della carta annonaria. Mancavano undici giorni alla decisione sul destino istituzionale del Paese. Il 2 giugno donne e uomini sarebbero andati a dire, con una scheda, se intendevano vivere ancora sotto la monarchia o inaugurare una vita repubblicana. Avrebbero anche scelto quale dei partiti preferivano per essere rappresentati nell’altissimo compito di scrivere la nuova Costituzione. Nell’aprile 1944, era stato concordemente convenuto dalle forze di orientamento repubblicano e dalla monarchia l’idea che sarebbe stato il popolo a decidere la forma istituzionale dell’Italia che si cercava di far rinascere. Alla vigilia del voto non tutti erano così convinti di voler rispettarne l’esito.
Ora, il 2 giugno 1946, si votava liberamente e votavano anche le donne. Avevano già sostenuto la prima prova con le elezioni amministrative in primavera ed ottenuto così quella piena cittadinanza che, fino ad allora, era sempre mancata. Non avevano avuto tanto facilmente il suffragio anche quella volta perché non erano mancate sotto traccia ostilità maschiliste anche nelle forze democratiche, ma erano cadute davanti alla ferma posizione femminile. Era importante quel voto perché la forma istituzionale era la madre di tutte le scelte. Inoltre, vincesse l’uno o l’altro dei modelli istituzionali, la Costituzione andava riscritta perché la vecchia aveva consentito l’avvento del fascismo ed anzi l’antico Statuto si era fatto travolgere con relativa facilità dal regime.
Su tutto questo di andava a decidere. Una popolazione impoverita, colpita dai lutti, divisa da chi aveva anteposto i suoi obbiettivi personali e di gruppo all’indipendenza nazionale appoggiando un feroce occupante, alle prese con i difficilissimi problemi del vivere quotidiano, nella sua gran parte non delegava a nessuno il compito di quella scelta che sentiva suo diritto e dovere.
Non era scontato il risultato, non soltanto perché la conservazione aveva ancora mezzi e sistemi di relazione ma anche perché tra le forze che avevano affrontato insieme la Resistenza ve ne erano di incerte, indecise o addirittura sospettose verso gli ideali repubblicani e di giustizia sociale che si legavano all’abbandono della monarchia. Va poi tenuto conto che il voto non riguardava solo il dilemma monarchia-repubblica, ma aveva anche un grande significato politico legato ai rapporti di forza tra i partiti nell’Assemblea costituente che si andava ad eleggere. Quello che qualcuno definiva agnosticismo, sapientemente alimentato da importanti giornali espressione degli ambienti tendenzialmente conservatori, era di fatto aiuto alle possibilità della monarchia.
Nei giorni che precedevano il voto non mancarono velate profezie sullo scatenarsi di una guerra civile in caso di vittoria della Repubblica e la scelta avveniva in un contesto difficile. Erano in ballo le clausole degli accordi internazionali sull’Italia ancora in via di definizione come i confini con la Francia e con l’Austria, oltre alla situazione di Trieste, e il paese era assai scarso di generi primari come il grano.
In Italia votò l’89,1% degli aventi diritto. Solo poco più di 3.000.000 si astennero, su 28.000.000 e poco più di iscritti al voto. Poi si aggiunsero 1.146.000 circa di schede bianche, e oltre 360.000 di nulle, in tutto intorno a un milione e mezzo. Vinse la Repubblica. Si trattò di una vittoria sofferta ma netta, 12.718.641 voti contro 10.718.502. È evidente che chi intendesse conteggiare tutte le astensioni, le bianche e le nulle come contrarie alla Repubblica, commetterebbe o un errore, o un ingenuità o un maldestro tentativo perché non poteva che trattarsi di situazioni relative a entrambi i campi, per indecisione, per incomprensione delle modalità di voto, per impossibilità di recarsi ai seggi e così via. Vi erano grandi differenze tra le diverse aree del paese e ve ne furono al Sud in cui prevalse il favore alla Monarchia, legittima espressione di un consenso dalle profonde motivazioni. La più alta percentuale di favore alla monarchia fu nella circoscrizione Napoli-Caserta con quasi il 79%, quella più alta in favore della Repubblica fu a Trento, con l’85%.
La circoscrizione Firenze-Pistoia vide prevalere la Repubblica con il 71,58%. Il voto di Barberino di Mugello, che ne faceva parte, fu chiaro. Erano iscritti 6.849 elettori e, di essi, 5.286 votarono in favore della Repubblica, 1.014 per il mantenimento della monarchia, mentre 549 non si espressero in un modo o nell’altro. In altri termini, tra i 6.300 votanti effettivi, il 77% fu per la Repubblica. Se qualcuno avesse voluto conteggiare come contrari alla Repubblica anche i mancanti al voto, cosa come si è detto discutibile, la percentuale sarebbe stata sull’intero corpo elettorale del 22%. Non vi erano insomma dubbi in questo paese del Mugello sul fatto che l’Italia dovesse cambiare. Anche coloro che attribuivano alle donne un potenziale conservatore sbagliavano di grosso perché contribuirono al risultato. Ciò non significa attribuire un significato spregiativo o negativo alle sostenitrici e ai sostenitori della monarchia. Il loro voto era “bello” come quello dei filo-repubblicani perché era il primo voto politico espresso in Italia veramente a suffragio universale pieno – maschile e femminile – dal periodo dell’Unità e, naturalmente, non c’erano precedenti ancora prima.
Il voto per la Costituente a Barberino dette i seguenti risultati: 3.337 votarono per il PCI, 1.443 per la DC, 1.201 per il PSIUP, 222 per l’Uomo Qualunque, 103 per l’Unione democratica nazionale (i liberali), 37 per il PRI.
Per quanto riguardava le donne, a Barberino avevano già affermato il loro spessore politico creando, all’indomani della Liberazione, con il concorso del Comitato di Liberazione nazionale, i loro primi organismi con cui avevano dato mano ai primi strumenti della rinascita. Il referendum avveniva in pienezza di diritti per tutti, cittadine e cittadini, in totale consapevolezza perché quelle generazioni di votanti avevano toccato con mano la perdita della libertà e del diritto effettivo di voto, nella assoluta serenità del segreto dell’urna. Che poi il voto della Costituente desse per la prima volta voce nelle aule parlamentari alle donne, tramite le 21 elette, tutte meritevoli per le caratteristiche personali e politiche dimostrate nel periodo della Resistenza e nell’immediata fase seguente era il valore aggiunto che tutto il paese, a Barberino come in Italia, attendeva.
Fabio Bertini
docente universitario
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 2 giugno 2020