S’inserisce in questo quadro la raccolta antologica Margherita Guidacci, “Sull’alto spartiacque”. Poesie scelte e inedite, a cura di Giuseppe Marrani e Benedetta Aldinucci (Latiano, Interno Poesia, 2024), che vuol guidare il lettore attraverso una produzione poetica quasi cinquantennale, sin dagli esordi capace di farsi forma e voce pluralistica, ora oratorio, ora poema o lamentatio, all’insegna di un impegno etico-civile che mai si esaurisce nella mera effusione individuale.
“Anche per questo – commenta Benedetta Aldinucci, ricercatrice in Filologia della letteratura italiana presso l’Università per Stranieri di Siena -, l’accento della poetessa batte spesso sulla bieca brutalità umana, fil rouge di buona parte della sua produzione letteraria, strettamente riflesso dal fatto metrico e tonale che bene si adatta a un contesto penoso e “tragico”: è questo, a mio avviso, uno dei tanti elementi di interesse e attualità della poesia guidacciana, solidale e costruttiva alternativa rispetto al destino sinistro dell’uomo”.
Poesie scelte di Margherita Guidacci offre un intenso e fedele percorso di lettura attraverso le diciassette raccolte poetiche pubblicate dalla poetessa e alcuni testi inediti già noti o mai finora portati alla luce. Da sùbito orientata verso una poesia dalla forte connotazione astratta e metafisica, lontana dall’ermetismo e pervasa da una costante tensione religiosa, Guidacci ha calato tale propensione anche nel racconto della propria sofferenza psichica, trasformando la narrazione di una penosa degenza in istituto psichiatrico nella rappresentazione di uno dei volti del doloroso destino dell’uomo. Similmente anche la poesia di occasione civile ha come chiave di lettura l’indole fratricida dell’umanità simboleggiata dal delitto originario di Caino. Persino le raccolte più propriamente votate alla riscoperta di un’intima felicità di affetti mai slegano l’esperienza terrena dalla consapevolezza della morte e dall’inquieta attesa di un’eternità consolatrice. La limpida e colta parola poetica di Margherita trova così forza nella coscienza della propria fragilità e si fa grido di profonda angoscia e ferma denuncia del male compiuto dagli uomini.
Orizzonte del Mugello
Il Giogo non ci manda altro che vento
Senza più odore di pini
Dacché la guerra gli tolse ogni fronda
(Un inverno inaudito, irrevocabile)
Lasciando intatto solo un erto scheletro
Di rupi.
Rupi celesti, le nuvole
Fanno su quello un’invertita catena
Nella croce di vènti che si stende
Sopra il Mugello.
Ma dal Falterona
Sorgono i lampi. Ad esso il contadino
Volge lo sguardo per saper se il giorno
Gli riserbi, oltre ai soliti, altro affanno.
Lungo e nero è il Senario: una scogliera
Cui salgono in crescenti ondate i poggi
Del Buonsollazzo.
Fermo, da Ponente,
Monte Calvi conclude l’orizzonte:
Ultima vela della luce e faro
Sopra la valle silenziosa, prima
Che la notte subentri a tutti i monti
Col suo più dolce, segreto spartiacque.
(da Paglia e polvere, 1961)
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 18 maggio 2024