BORGO SAN LORENZO – Presentazione a Firenze, giovedì 4 Maggio presso il Caffè degli Artigiani in via dello Sprone, per il libro dell’autore mugellano Renzo Bartoloni dal titolo “Ti scrivo, amore, dalla casa degli incubi”, un noir che sta ottenerndo un discreto successo.
Renzo Bartoloni, classe 1947, vive nelle campagne di Borgo San Lorenzo e precisamente nella zona di Pulicciano. Bartoloni, che si presenta come “Un viaggiatore che nella sua valigia ha conservato i viaggi e dimenticato le mete”, è stato copy writer in pubblicità, manager di aziende internazionali della moda, autore di due libri di marketing per S&K e Rizzoli Etas. E soprattutto grande viaggiatore. Come scrive lui stesso nella sua presentazione: “Sui treni degli anni sessanta e poi sulle Frecce rosse, in economy, in business e in prima sugli aerei per un milione di miglia, con una Fiat 500 da Firenze a Kabul e ritorno, anni trascorsi fra Europa, Usa, Asia, Russia, persone, lingue, compassione”.
E afferma: “Non era possibile tenere tutto dentro, le città, le persone e quelli della moda, quelli della pubblicità e del marketing volevano uscire dalla valigia attraverso la scrittura. Un mezzo di comunicazione che ha ancora cose da dire se uno che ha cose da dire. Così dieci anni fa ho scritto il primo romanzo, almeno credevo che fosse un romanzo, ed è stato un disastro anche senza essere arrivato a un editore. E allora ho ricominciato: ho studiato e lavorato concentrandomi sul genere che mi viene naturale, il noir psicologico. L’idea di questo romanzo è nata a San Pietroburgo, all’incrocio di Nevskji Propspect con Rubisteina ulitza. Per molti è una via di ristoranti, per me era la via dove esistevano ancora palazzi sporchi di carbone e finestre dalle luci sempre spente, un luogo di fantasmi dove immaginavo vivesse ancora lo studente Radion Romanovich Raskolnikov”. Quella sera sentivo che qualcosa di insolito mi attendeva, con il sole di mezzanotte ormai prossimo al tramonto, incontrai un nomade urbano, un giovane senza casa che fissava i passanti come se cercasse qualcuno che potesse mostrargli il film della sua vita. «Ti conosco? Mi conosci? Signori siate gentili, sapete dirmi dove abito?» Non riuscivo a dimenticare il suo stato di sospensione in mezzo alla gente e i suoi vestiti sporchi ma di qualità. Due anni fa ho deciso di liberarmi di lui e l’ho calato in una storia”.
“La mia memoria era evaporata un giorno che non ricordo. Non so come fosse accaduto: forse per colpa di un fatto traumatico grave, una caduta o la scoperta del cadavere di un familiare nella vasca da bagno. Il passato non mi mancava, credo ancora che si perdano solo le cose che si spera di non ritrovare”. Comincia così questo romanzo di Renzo Bartoloni, catapultandoci fin da subito nella mente e nei pensieri di un protagonista di cui non sappiamo nulla: non ne conosciamo il nome, né l’età, ma fin dalle prime righe del romanzo entriamo nei suoi pensieri più profondi. Dopotutto, quello che abbiamo tra le mani è un noir psicologico, dove al centro della scena non sta tanto un personaggio, quanto le sue suggestioni, i suoi pensieri, i suoi incubi.
Narrato in prima persona, questo romanzo ci permette fin da subito di immedesimarci con il protagonista, ma ci costringe anche a prendere le distanze da quello che ci racconta, a metterlo in dubbio. Quanto è affidabile, dopotutto, un narratore come il nostro, che fin dall’inizio del romanzo ci dice di aver perso la memoria? Quanto possiamo credere a ciò che ci racconta, se molto spesso è lui stesso a dubitarne? È molto sottile, in questo romanzo, la linea fra realtà e immaginazione, tra ciò che succede davvero e ciò che è un incubo, e i mezzi che abbiamo per distinguere i due mondi sono limitatissimi.
È proprio questo il bello della prosa di Bartoloni: con uno stile elegante, dove nulla è lasciato al caso, ci catapulta nella vita di un personaggio che non conosce se stesso e ci dà il piacere di accompagnarlo alla scoperta della sua vera identità.
È infatti una vita con pochissime certezze, quella del nostro protagonista: l’ex cinema Eden, ormai chiuso, il suo passato da musicista e una casa, la sua, al numero 87. Un edificio che di casa, in realtà, ha poco e niente, al quale riesce a tornare solo grazie ai suoi biglietti da visita. Ma soprattutto, un’accusa che gli viene rivolta da un estraneo già dal primo capitolo: «Assassino!». Tra le poche certezze, però, ce n’è una della quale il protagonista è certo: lui non è un assassino.
A partire da queste poche certezze, però, pian piano il passato del protagonista viene ricostruito. Sarà il suo amico Zwill ad aiutarlo a rimettere al loro posto i tasselli che compongono il puzzle della sua vita: preciso, pratico e razionale, sembra quasi un suo doppelgänger, il suo opposto, la sua immagine specchiata, e avrà un ruolo fondamentale nella risoluzione della vicenda. Ma soprattutto ci aiuterà, sia a noi che al protagonista, a smascherare una serie di illusioni e autoinganni che ci siamo portati dietro fin dalle prime pagine del libro.
Ma forse su una cosa il nostro personaggio aveva ragione fin dall’inizio: «Cosa se ne fa uno della memoria? Chi non ce l’ha vive meglio». Era davvero necessario, per lui, scoprire la verità sul suo passato? Riacquisire la tanto desiderata memoria?
Un romanzo coinvolgente, suggestivo e avvincente che ci tiene col fiato sospeso, capace di farci entrare in una storia a metà tra realtà e immaginazione.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 25 Aprile 2023