Fabrizio Scheggi, veduta di Pulicciano, olio su tela 100×50, collezione privata

BORGO SAN LORENZO – Certo è che il poggio di Pulicciano all’ingresso di Ronta è davvero circondato dalla Storia. Io la leggo chiaramente nella pelle rugosa dei cipressi, su muri screpolati di case e chiese, nelle strettoie antiche dei borghi, si fa canto nel frinire di cicale d’estate, nel vento impigliato tra fronde di querce secolari. Tutt’intorno, ecco il ponte della ferrovia bombardato dagli americani durante la seconda guerra mondiale, la chiesa vecchia di Ronta, la Mucciano di Mons.Della Casa, il ricordo di Gaetano Magnani, la villa di Filippo Pananti, la villa di Striano dove la famiglia Gordigiani ospitò D’Annunzio ed Eleonora Duse e via di questo passo.

Soprattutto, sovrasta imponente sulla nostra testa il colle con la chiesa di Pulicciano, nello stesso identico luogo dove sorgeva uno dei principali fortilizi medievali. Proprio in questo luogo magico, chiamato da alcuni per la strategica posizione la “sentinella del Mugello”, avvennero scontri e assedi nel corso del Trecento. Ma ci vorrebbe un libro intero. E allora mi limito oggi a raccontarvi l’epica impresa dell’agosto 1351, quando i Visconti invasero il Mugello e tentarono di prendere l’ormai mitica fortezza in quel tempo fiorentina e che in passato aveva ben resistito al nemico.

Narrano a questo proposito gli antichi storici che “.. avendo avuto speranza d’aver Pulicciano, (i Visconti) vi cavalcarono con 500 cavalieri e 400 fanti, e benché non potessero prender la fortezza, arsono nondimeno il borgo di fuori,.. s’accorsone che tornandovi di nuovo più grossi, facilmente espugnerebbero il luogo non difeso d’altro muro che d’un debole steccato…”. Insomma, costatate le deboli difese, questa volta sembrava un gioco da ragazzi prendere Pulicciano, ma ancora una volta gli invasori stavano per rosicchiare un osso troppo indigesto, di quelli che ti rimangono in gola per traverso.

Iniziò dunque l’assedio, e i “cento fanti masnadieri alla guardia” mandati da Firenze, niente erano al confronto delle “duemila barbute, e mille fanti e più balestrieri” mandate dal condottiero Giovanni Visconti da Oleggio. Gli assalitori tentarono inutilmente per cinque ore dalle 7.00 alle 12.00 di prendere il castello avvicinandosi con difficoltà alle mura. Con difficoltà, perché dovete sapere che al tempo era d’uso lasciare una folta e selvaggia vegetazione intorno ai castelli, come possiamo capire leggendo gli Statuti della lega di Borgo dove, proprio a proposito del Castrum Pulicciani, si stabiliva che “…nessuna persona predicta possa debba ne ardisca tagliare nessun arboscello… o pruni che fossero presso le mura…et oltre a ciò non arrischino di pasturarvi capre pechore ne altro bestiame…”.

Trascorsero lunghe ore di scontri, ma solo sul far della sera l’esito dell’assedio fu chiaro a tutti, come ci viene ben raccontato dal Villani: “… giunti a piè di castello i cavalieri scesono de’ cavalli e con gli elmi e colle barbute in testa… ordinarono i balestrieri e cominciarono da ogni parte a un’ora a montare verso gli steccati. I terrazzani arditi e fieri, co’ soldati che v’erano, si misono francamente alla difesa colle balestra ch’aveano e co’ sassi maneschi. La forza dei nemici era grande, tanto che per forza condussero un loro conestabile con la sua bandiera quasi al pari dello steccato. Come si fermò con l’insegna per dare favore agli altri, tra con le balestre e con le pietre, lo traboccarono morto giù per la ripa….”.

La morte violenta di quel giovane capitano, molto amato dalla truppa, scoraggiò gli assalitori i quali, anche per l’arrivo del buio, decisero di sospendere l’assedio. Poi al mattino seguente se ne andarono, richiamati da altre emergenze guerresche. Insomma, si potrebbe dire che quella volta bastò …una sassata ben assestata! Una circostanza fortunata? Forse, fatto sta che ancora una volta Pulicciano fu salva e accrebbe la propria fama di fortezza inaccessibile.

Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 21 Aprile 2020

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