
BORGO SAN LORENZO – Certo è che il poggio di Pulicciano all’ingresso di Ronta è davvero circondato dalla Storia. Io la leggo chiaramente nella pelle rugosa dei cipressi, su muri screpolati di case e chiese, nelle strettoie antiche dei borghi, si fa canto nel frinire di cicale d’estate, nel vento impigliato tra fronde di querce secolari. Tutt’intorno, ecco il ponte della ferrovia bombardato dagli americani durante la seconda guerra mondiale, la chiesa vecchia di Ronta, la Mucciano di Mons.Della Casa, il ricordo di Gaetano Magnani, la villa di Filippo Pananti, la villa di Striano dove la famiglia Gordigiani ospitò D’Annunzio ed Eleonora Duse e via di questo passo.
Iniziò dunque l’assedio, e i “cento fanti masnadieri alla guardia” mandati da Firenze, niente erano al confronto delle “duemila barbute, e mille fanti e più balestrieri” mandate dal condottiero Giovanni Visconti da Oleggio. Gli assalitori tentarono inutilmente per cinque ore dalle 7.00 alle 12.00 di prendere il castello avvicinandosi con difficoltà alle mura. Con difficoltà, perché dovete sapere che al tempo era d’uso lasciare una folta e selvaggia vegetazione intorno ai castelli, come possiamo capire leggendo gli Statuti della lega di Borgo dove, proprio a proposito del Castrum Pulicciani, si stabiliva che “…nessuna persona predicta possa debba ne ardisca tagliare nessun arboscello… o pruni che fossero presso le mura…et oltre a ciò non arrischino di pasturarvi capre pechore ne altro bestiame…”.
Trascorsero lunghe ore di scontri, ma solo sul far della sera l’esito dell’assedio fu chiaro a tutti, come ci viene ben raccontato dal Villani: “… giunti a piè di castello i cavalieri scesono de’ cavalli e con gli elmi e colle barbute in testa… ordinarono i balestrieri e cominciarono da ogni parte a un’ora a montare verso gli steccati. I terrazzani arditi e fieri, co’ soldati che v’erano, si misono francamente alla difesa colle balestra ch’aveano e co’ sassi maneschi. La forza dei nemici era grande, tanto che per forza condussero un loro conestabile con la sua bandiera quasi al pari dello steccato. Come si fermò con l’insegna per dare favore agli altri, tra con le balestre e con le pietre, lo traboccarono morto giù per la ripa….”.
La morte violenta di quel giovane capitano, molto amato dalla truppa, scoraggiò gli assalitori i quali, anche per l’arrivo del buio, decisero di sospendere l’assedio. Poi al mattino seguente se ne andarono, richiamati da altre emergenze guerresche. Insomma, si potrebbe dire che quella volta bastò …una sassata ben assestata! Una circostanza fortunata? Forse, fatto sta che ancora una volta Pulicciano fu salva e accrebbe la propria fama di fortezza inaccessibile.
Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 21 Aprile 2020