MUGELLO – “Mamma, dov’è Lila?”. Qualsiasi persona che fosse passata per caso per una via di Firenze in questi giorni avrebbe potuto udire ripetutamente tale domanda, posta da un bambino appassionato alla mamma che lo accompagnava a vedere il cast de “L’amica geniale” mentre stavano girando le riprese della terza stagione. Il bambino in questione, che ricercava con entusiasmo i personaggi amati nelle vie conosciute, è l’esempio di quella rinascita culturale di cui ha parlato il sindaco di Firenze Dario Nardella, dicendo che tali riprese sono un messaggio per una ripartenza culturale. Il best seller di Elena Ferrante ha conquistato milioni di lettori di ogni età e Paese, tanto che può già essere considerato un esempio di alta letteratura e non mancano gli studenti che hanno pensato di scrivere la propria tesi di laurea sui lavori della famosa autrice dall’identità ancora sconosciuta. Un capolavoro dai temi intelligenti, non affrontati banalmente, che non ha perso la sua efficacia nelle resa televisiva. Parliamo di tutto questo con l’attore Matteo Cecchi, che interpreta uno dei protagonisti della terza stagione, ovvero il dottor Pietro Airota. Rispondendo alle nostre domande, Cecchi delinea il suo personaggio per poi darsi ad un’analisi a tutto tondo sul romanzo in questione ma anche sulle difficoltà a cui vanno incontro gli attori e i lavoratori dello spettacolo in questo momento. Si tratta di spunti di riflessione interessanti, un altro passo in avanti per la rinascita auspicata dal sindaco di Firenze.

Il tuo personaggio è quello di Pietro Airota, che è uno dei pochi ad innamorarsi di Elena e non di Lila, tuttavia sembra che Pietro sia colui che ponga un freno alle ambizioni della fidanzata. Come è questo personaggio? Pietro è un personaggio molto ambiguo. Inizialmente sembra portare una grande luce nella vita di Elena, sembra completamente positivo. Ci abbiamo ragionato molto e ancora non abbiamo tratto vere e proprie conclusioni sulla psicologia di Pietro. Fra i due, lui è quello che pare trarre più piacere ed entusiasmo dal loro incontro, poiché rimane colpito dalla determinazione e dal passato di Elena, che non è stata condizionata nelle scelte dai genitori, come invece è accaduto per lui, che ha alle spalle una famiglia importante, la quale ha molte aspettative nei confronti del figlio. Viene affascinato dalla natura “terrena” di Elena, dalla sua semplicità, mentre lei resta folgorata dalla forza di Pietro e dalla sicurezza che può darle l’entrare nella famiglia Airota, che unisce alla simpatia che prova per il giovane laureato. In questo caso, possiamo quasi parlare di due opposti che si attraggono. La loro unione è una sorta di rivalsa di entrambi sul proprio background che è completamente diverso.

Pietro è di Torino, ha studiato a Pisa e va a vivere a Firenze. Non avrebbe niente in comune con la mentalità del rione. Tuttavia sembra che alla fine anche lui la assorba, come se tale mentalità non fosse circoscritta solo a Napoli ma seguisse Elena ovunque, talvolta palesandosi in Pietro. In poche parole, sembra che Lenù rincorra la libertà che sembra essere portata da Pietro che però è una sorta di cancello per la sua crescita personale. Sei d’accordo? Certo, all’inizio sembra che Pietro la voglia liberare dal suo vissuto, ma in realtà le propone un’altra forma di schiavitù. Non sappiamo bene come sia stata la sua infanzia, ne abbiamo discusso a lungo con il regista Daniele Lucchetti e prima con Saverio Costanzo. Ovviamente, non essendo scritto, ciascuno può interpretarlo a proprio piacere.

A volte Elena dice che Pietro si comporta in maniera “non coerente” rispetto a come dovrebbe agire una persona che ha studiato così tanto. È quindi un esempio in cui lo studio è rimasto a un livello “scolastico”, senza diventare una guida per le azioni? Sì, io penso che l’etica della persona spesso prescinda dagli studi che questa ha fatto. Elena inizialmente si lascia prendere dal fascino dell’intellettuale, pensa che il fatto che abbia studiato sia una garanzia. Non è detto.

“L’amica geniale” è un romanzo che parla del valore e delle difficoltà di un’amicizia, tema che sembra banale ma che in realtà non lo è. Deleuze dice che gli amici non sono coloro che vanno sempre d’accordo, bensì delle persone che “parlano un linguaggio comune”, volendo dire che l’amico è colui che ti fa sentire sempre a casa. Questo potrebbe adattarsi alla storia di Lila ed Elena? Sì, quest’idea è molto evidente ne “L’amica geniale”. Secondo me, l’amico è colui che ti dice sempre la verità, che ha un atteggiamento trasparente nei tuoi confronti. È molto difficile avere un amico, come è complesso anche essere amico di qualcuno. In molti si interrogano su chi fra le due sia l’amica geniale, sembrano esserlo l’una per l’altra. In realtà, ad essere geniale nel vero senso della parola è Lila, che sembra dettare la storia a Lenù che invece la trascrive. Tuttavia Lila stessa prende esempio da Elena, che diventa un suo costante riferimento. Alla fine, la competizione fa bene all’amicizia, aiuta a crescere, poiché ci spinge a migliorarsi. Questo tipo di concorrenza, ovviamente, non ha niente a che vedere con l’invidia, ma è una spinta a ricercare ciò che l’altro ha per essere migliore e a metterlo in pratica.

Ora è un periodo di chiusura per teatri e cinema, quindi le serie o comunque i film per la televisione sono l’unico approccio che possono avere le persone con il mondo dello spettacolo. Può essere un’opportunità per migliorare questo genere di trasmissioni che potrebbero avere anche un maggiore ascolto? Sì, anche secondo me dobbiamo porci l’obiettivo di migliorare le serie, in modo che le televisioni non a pagamento possano competere con le piattaforme come Netflix, Amazon Prime etc. Dobbiamo al contempo riconoscere che queste nuove forme hanno una grande offerta e sono diventate un modo per i giovani attori per provare ad emergere. Penso però che la stessa importanza vada data al teatro, non necessariamente con gli stessi investimenti, ma va sicuramente potenziato lo spettacolo dal vivo. Ovviamente, ora non è possibile a causa dell’emergenza, ma vorrei tanto che, appena sarà possibile riaprire, non si perdesse neanche un giorno in più.

Com’è stato girare nelle nostre zone? Bellissimo. Io adoro Firenze, c’ero stato già qualche anno fa per recitare alla Pergola con Giulio Scarpati e Valeria Solarino. È una città straordinaria, si respira la Storia in ogni angolo, è piccola e densa di significato. Sono rimasto molto colpito dal rispetto che i fiorentini hanno per la loro città, si percepisce che sono orgogliosi di vivere circondati da tanta bellezza. Non penso sia possibile girare tutta Firenze, credo che resterà sempre qualcosa da vedere. Inoltre, mi piacciono tantissimo le zone del Mugello. Sono stato diverse volte all’autodromo, poiché sono un fan di Valentino Rossi. Il mondo dei motori mi affascina tantissimo, in fondo è anche quella una forma d’arte.

Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 18 febbraio 2021

 

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