Il dipinto raffigura la Madonna seduta in trono. Il trono, costituito da cuscini e dal drappo d’onore, ha perso ogni connotazione architettonica per divenire un prezioso e decoratissimo scrigno. Vestita di un abito raffinato d’oro punzonato, a simulare ricami
decorativi, e con il manto blu che ne racchiude i contorni, e chiuso da una spilla dorata a forma di rosa. Con la mano sinistra sostiene il Bambino Gesù, che addita con la manina verso un cardellino che la madre ha sulla mano destra che accenna ad un gesto
elegantissimo.
Quattro angeli in alto reggono il ricco broccato che funge da spalliera al trono. Altri quattro sono inginocchiati ai piedi della Vergine, in atto di adorazione. Le loro vesti sono cromaticamente luminose.
La Madonna è rivolta all’osservatore e si mostra serena nella sua impostazione solenne, sulla sua aureola si legge “VIRGO MARIA MATER DEI GRATIA ORA (Pro nobis)”, su quella del figlio si legge “LES.U.M.ACE.RE(?)”. Il Bambino Gesù con una veste gialla decorata ai polsi ed al girocollo, e avvolto in un manto rosa, tiene con la mano sinistra un cartiglio con la scritta “EGO SUM LUX MUNDI” e con la mano destra si avvicina al cardellino che è raffigurato con le ali alzate. Siamo quindi di fronte ad un’immagine religiosa molto simbolica: il Cardellino rimanda infatti alla Passione di Cristo.
La tavola lignea presenta ancora una sagomatura aggettante che costituisce quanto resta dell’originale carpenteria che doveva riccamente adornare il polittico, anche con una complessa decorazione a pastiglia dorata, ancora oggi visibile sulla base e sull’arco ogivale superiore. E’ difficile ma possiamo provare ad immaginarla nella sua verticalità originaria data da un coronamento cuspidale, dalla forma piramidale ed al suo interno una doratura punzonata come il resto della pala dove forse vi era raffigurata la corona della Madonna.
La pala, databile tra il 1380 e il 1385, in passato è stata attribuita ad autori anonimi quali il “Maestro delle Madonne”, talvolta anche assegnata ad uno stretto seguace di Agnolo Gaddi, il cosiddetto “Compagno d’Agnolo”, ed esposta alla mostra “ Tesoro di Firenze sacra” del 1933, a San Marco a Firenze, con attribuzione a Scuola fiorentina del Quattrocento, e attribuita infine a Agnolo Gaddi da Boskovitz nel 1975 e riconfermata successivamente da tutti gli studiosi dell’arte fiorentina del XIV secolo.
Rappresenta un vero capolavoro della pittura fiorentina del periodo, tesa a sottolineare, probabilmente anche in sintonia col desiderio della committenza, la ricchezza e la profusione decorativa, l’eleganza e la delicatezza del linguaggio formale, indice dell’influsso della sensibilità tardogotica che ha ormai preso il posto della robusta realtà spaziale e fisica delle rappresentazioni più antiche di derivazione giottesca.
Agnolo Gaddi (ca.1350 -1396), nato a Firenze in una importante famiglia di pittori, proseguì la linea artistica familiare, dopo il padre Taddeo Gaddi (1300-1366), pittore e architetto, e il nonno Gaddo Gaddi, anch’egli artista. Agnolo Gaddi è noto per essere l’ultimo grande artista fiorentino stilisticamente influenzato dal maestro di suo padre, Giotto di Bondone (1267- 1337).
(Foto Massimo Certini)
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