MUGELLO – In tempo di guerra, come successe a molti, mio padre dovette far fronte contemporaneamente alla fame che affliggeva la famiglia e alle continue requisizioni tedesche; una tra le prime cose che gli venne in mente fu trovare un nascondiglio per le preziose patate.

A Ettore la fisarmonica, che suonava “benino” nelle feste paesane arrotondando le scarse entrate familiari, non serviva più perché negli ultimi anni, e capirete, c’era ben poco da ballare o stare allegri. E poi mio nonno stava molto male; entrava e usciva di continuo dall’ospedale di Luco. Ettore Scheggi viveva in quel tragico 1944 sopra Vicchio, a Santa Maria a Vezzano e manteneva ottimi rapporti con alcuni partigiani della zona e con Muzio Cesari che abitava assai vicino a lui (Le Ville) e che in seguito diventò pure apprezzato e operoso Sindaco di Vicchio.
Come se non bastasse, oltre alle difficoltà giornaliere iniziarono a intensificarsi i bombardamenti americani e ormai nessun luogo poteva dirsi sicuro. Altro che patate, piuttosto dove avrebbero trovato rifugio le famiglie della zona in caso di estremo pericolo? Ettore pensò allora a quelle strane grotte che aveva trovato lungo una parete di tufo sulle rive del torrente Corsolla nella zona de Le Ville; il contadino non sapeva certo che 5000 anni prima avevano magari ospitato uomini del Neolitico come capitò ad altri suggestive pareti tufacee di Sant’Agata, Mucciano e Molezzano. Per lui quelle erano solo le tane di qualche grosso tasso, ma volendo… Mi raccontò che, quando i partigiani gli domandarono di trovare dei rifugi, colse la palla al balzo e gli accompagnò insieme a Muzio a vedere queste cavità; li convinse a mettersi al lavoro per allargare i nascondigli naturali. E così, per alcuni giorni con pale e picconi scavarono, scavarono, fino a ricavare un paio di ambienti che avrebbero potuto ospitare delle persone in caso di pericolo. Le “grotte dello Scheggi” furono in parte trasformate in una mini-casa con pareti squadrate, muri che dividevano gli ambienti e, soprattutto, sostenevano la fragile volta.
Poi gli eventi mutarono rapidamente e il lavoro fu abbandonato a metà dell’opera; così le grotte non servirono mai allo scopo, e probabilmente fu un bene perché a causa del terreno franoso presentano un’elevata “fragilità”. Mio padre me le mostrò orgoglioso quand’ero ancora ragazzo, e davvero pochissimi in Mugello sanno dove si trovano. Spinto dalla nostalgia del ricordo, sono dunque tornato oggi a cercarle. Non è stato facile, ve lo assicuro, ormai la vegetazione e l’incuria in quelli che erano un tempo “poderi come giardini” rendono difficile l’accesso, ma alla fine sono riuscito a ritrovarle e così posso pubblicare per voi alcune foto. Una grotta si presenta già all’entrata ben strutturata mentre le altre sono ancora allo stato grezzo; comunque sia, da evitare assolutamente l’accesso all’interno perché permane un alto quoziente di pericolo. Si tratta a mio avviso di un luogo di una suggestione unica, letteralmente fuori dal mondo; soprattutto, vengono i brividi pensando a come, quando e perché furono “lavorate” in quel modo.
Siamo davvero di fronte a una testimonianza storica preziosa di cui non deve essere dispersa memoria. Devo dirvi che ero indeciso se pubblicare questo piccolo articolo di natura “privata”, combattuto com’ero tra la riservatezza del figlio e il mio dovere di storico. Alla fine quest’ultimo ha prevalso ma almeno, per compensare la “privacy violata”, lasciatemi dare un nome ufficiale a questi pertugi. Naturalmente voi siete liberissimi di chiamarle banalmente caverne, buAlla ricerca delle Grotte d’Ettoreche o rifugi. Per me invece saranno sempre le “grotte dello Scheggi” come le chiamavano alcuni partigiani, o meglio direi “le grotte d’Ettore” in ricordo, però, non solo del mi’ babbo ma di tutti i protagonisti contadini del secondo dopoguerra: i nostri veri, invisibili e insostituibili Eroi del cuore.
Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 Luglio 2021
2 commenti
Pensavo fossi tu magari con un fotoritocco, somiglianza impressionante con tuo padre.. ciao Fabrizio ( asciuttino)
Roberto Fassina
Bellissimo ricordo di un padre eccezionale!Anche il mio nascose un ebreo, il suo dentista, Moses Goldenberg, in cantina e abitavamo vicino a Ciano!
Sarebbe bello che le grotte venissero esplorate da speleologi, insomma professionisti