MUGELLO – Oggi è scomparso Antonio Paolucci, grande storico dell’arte, Sovrintendente delle Belle Arti a Firenze, Ministro della Cultura e Direttore dei Musei Vaticani. Paolucci è stato più volte in Mugello – premiato alla Casa di Giotto, e partecipò all’inaugurazione del Museo di Arte sacra di Vicchio che definì un “gioiellino” -. Lo ricordiamo ripubblicando un’intervista che oltre trent’anni fa Il Filo gli fece, nell’ambito di un’inchiesta sul patrimonio artistico mugellano. 

Da “Il Filo”, gennaio 1992

ARTE MUGELLANA
Inchiesta sul patrimonio artistico. Parla il Sovrintendente Paolucci

Una costituente per il patrimonio artistico del Mugello, una conferenza di programma a cui partecipino tutti gli amministratori del Mugello, e tutti i tecnici di tutte le Sovrintendenze: è la proposta che il Sovrintendente ai Beni Artistici e Storici delle province di Firenze e Pistoia Antonio Paolucci lancia per far compiere un salto di qualità alla valorizzazione del patrimonio artistico e architettonico della zona.

Con Antonio Paolucci, con Maria Matilde Simari, ispettrice di zona della Sovrintendenza e con don Sergio Pacciani, responsabile della Diocesi di Firenze per l’arte sacra facciamo il punto della situazione sull’arte mugellana, sui molti problemi di salvaguardia e sulle prospettive per valorizzare i tesori artistici presenti in Mugello.

L’arte in magazzino

“Restituiteci le opere d’arte del Mugello rinchiuse nei vostri magazzini”: è la richiesta che spesso si fa a Sovrintendenza e Curia. “È opportuno svelare subito questo mistero dei depositi – dice Matilde Simari – francamente non è che vi siano tutti quei capolavori che si pensa: il loro numero è limitato e il problema principale che molti dipinti sono in attesa di restauro: alcune tavole sono completamente velinate, stese su ponteggi perché non possono stare neppure in posizione verticale”.

L’ispettrice fa un elenco che supera di poco le dieci opere: una pala d’altare, olio su tela, proveniente dalla chiesa di Molezzano, un’altra sempre da Molezzano, un’opera da Olmi, un paio da Fagna, tutte da restaurare. E ancora alcune tavole da Sant’Agata, il Fonte Battesimale di Camoggiano, un dipinto proveniente dalla Pieve di Barberino. “E’ un’idea sbagliata pensare che noi vogliamo conservare ad oltranza – chiarisce don Pacciani-  Ho creato anni fa un deposito non per tener tutto a Firenze, ma per salvare le opere e riportarle sul posto non appena ve ne siano le condizioni, ovvero la creazione di musei locali. Per questo le opere che avevamo le abbiamo tutte riconsegnate per essere esposte al museo di Vicchio. A Firenze resta ben poco: vi è un crocifisso ligneo del ‘200 da restaurare preso a Camaggiore, e di recente abbiamo prelevato un’altra opera importante a San Cresci, a Borgo, un busto reliquiario del ‘500, che era custodito quasi sotto il letto da una persona, che si è sentita molto sollevata dalla cessione. Tutto è in attesa di essere collocato a Vicchio”.

“Vi andrà anche – aggiunge Simari-  una bellissima tavola di Neri di Bicci, da restaurare e per la quale il comune di Vicchio si è impegnato a reperire i necessari fondi. Cosi sarà riportato a Barberino il Fonte di Camoggiano: l’opera non potrà a tornare a Camoggiano per motivi di sicurezza, ma sarà collocata a Badia a Vigesimo, che è luogo più protetto e dove il parroco si è impegnato a installare il servizio d’allarme.”.

Arte a rischio

Il Mugello è terra particolarmente esposta, ed anche impoverita, dai furti d’arte. L’ultimo grave episodio, a metà novembre, ha visto la trafugazione dalla chiesa di Camaggiore a Firenzuola di due grandi dipinti, un’opera di Santi di Tito del 1597 e una copia della Madonna del Baldacchino di Raffaello. “E’ stato un furto voluto – sbotta don Pacciani -, visto che erano anni che si cercava inutilmente di portar via quelle opere e siamo stati trattati anche in malo modo dal parroco di San Pellegrino: da tempo mi aspettavo questo fatto, vista la mancanza di custodia e di presenza.”

“I nostri obbiettivi –spiega il sovrintendente Paolucci – sono due: potenziare la sicurezza delle chiese regolarmente abitate da un parroco, e, se questo non è, cerchiamo di raggruppare le opere più significative e più a rischio in micro-musei locali, musei vicariali, ponendole in condizioni accettabili di sicurezza”.

Ma non vi è il rischio che una volta creati questi micro-musei, in paesi piccoli e piuttosto isolati, essi non siano “isole nel deserto”? “Sono per forza di cose isole nel deserto – risponde Antonio Paolucci -: ma si tratta dell’unica risposta possibile, dolorosa, ad una situazione di fatto: se la gente non sta più in campagna, se non vi sono più preti, se le chiese vengono chiuse… Certo l’ideale sarebbe che tutto rimanesse nelle chiese, ma questo non è possibile. Piuttosto si tratta di dare un senso a queste raccolte, a questi micro-musei vicariali, attraverso un loro collegamento: occorre fare una rete, un sistema di musei, con servizi comuni. E pensiamo a una convenzione con la Curia, mettendo in moto il volontariato cattolico, per la custodia e la valorizzazione”.

Spesso però a doversi sobbarcare l’onere di attrezzare le chiese in termini di sicurezza sono i soli parroci, poco aiutati dallo Stato e dagli enti locali, che pure avrebbero un diretto interesse alla ricollocazione di nuove opere d’arte. Non solo: anche per i restauri spesso il singolo parroco si deve arrangiare. Lo Stato infatti per il suo patrimonio artistico è avaro: “Basti pensare – conferma Simari – che il mio budget di spesa per la zona Alto Mugello, Mugello, Signa, Campi e Calenzano è di 29 milioni di lire”, quando un solo restauro può costare, in media, qualche decina di milioni. E gli stessi enti locali dimostrano molta insensibilità. E’ anche per questo che le cose, nel settore dell’arte, si fanno con tempi lunghissimi. Solo le idee non mancano. A Marradi vi sono contatti con la Curia di Faenza e con il Comune per creare una raccolta delle opere della zona. “Vi sono lavori – dice Paolucci- certo poco conosciuti, ma di gran valore, come le opere quattrocentesche del Maestro di Marradi, che verranno prese per essere messe in mostra a Firenze durante le celebrazioni laurenziane”.

Anche a Firenzuola da molti anni vi è l’idea di una raccolta nell’oratorio della SS.Annunziata. “E c’era l’intenzione – aggiunge don Pacciani – di creare una raccolta locale a Sant’Agata, visto il consistente numero e il particolare pregio delle opere disponibili, ma il progetto non è mai andato avanti, chissà perché, ed ora tutto è sfumato, compresi i finanziamenti che pure erano disponibili”.

E anche a Vicchio il museo d’arte sacra, che pure esiste, è ancora chiuso. “Mi pare vi sia stato un calo di volontà politica, – afferma don Pacciani- mentre in Sovrintendenza si fa notare di essere disponibili a trasferire le opere a Vicchio, quando il comune avrà però garantito condizioni accettabili nella struttura.

Basti pensare che lo scantinato del museo è stato a lungo allagato, con decine di centimetri d’acqua e una conseguente fortissima umidità, non certo ideale per le opere d’arte. Oltre a questo problema vi è poi la necessità di altri miglioramenti alla struttura e alle vetrine. Se il comune di Vicchio si sveglierà, il museo potrà comunque entrare nel circuito mediceo delle celebrazioni laurenziane di quest’anno, esponendo pezzi pregiati di pittura quattrocentesca.

Mugello: arte e ambiente

“Di concreto – riconosce il sovrintendente Paolucci – per la valorizzazione del patrimonio artistico e architettonico non c’è niente, e innanzitutto non c’è un quattrino. Abbiamo comunque il progetto: aggregare questi pezzi disarticolati del Mugello per fare della zona un parco naturale e culturale, la spina verde della provincia di Firenze, il cuore verde della Toscana, con tutto ciò che questo binomio coniugato comporta: turismo di qualità, artigianato di qualità, industria di frontiera, altamente tecnologica e non inquinante”.

Ma sono davvero convinti gli amministratori locali di questo progetto? “lo credo abbia una sua validità. Certo occorrono volontà politiche e scelte precise. Ecco allora l’opportunità – dice Paolucci – di una sorta di costituente, di conferenza di programma, di tutti gli amministratori mugellani, di tutti i tecnici, riuniti uno o due giorni, in Mugello, a lavorare su programmi concreti, a mettersi d’accordo sul progetto generale, scegliendo le priorità.

E perché non promuovere questa iniziativa durante le celebrazioni medicee, per dare alla cosa maggiore risonanza?” Paolucci esemplifica: “Si prenda la Fortezza a San Piero a Sieve: di idee se ne sono sentite tante, si è parlato di farne una sorta di cittadella dell’artigianato, o una residenza per artisti; fatto sta che è ancora proprietà di Simone Bargellini, che pure la venderebbe volentieri, ma nessuno si è fatto avanti. Prendiamo Cafaggiolo. Lo Stato, diciamolo, non ha fondi, e non può comprare niente: può solo produrre idee e progetti. Di questo ne è capace perché ha delle strutture tecniche tutto sommato anche abbastanza buone e può farsi mediatore per soluzioni avanzate e soddisfacenti, con il coinvolgimento del pubblico e del privato. Cafaggiolo, che è un contenitore altissimamente pregiato,di livello internazionale. è conosciuto dalla Lituania alla California. Come non trovare, con un progetto serio e con lo Stato che fa da garante, un cartello di promotori e di sponsor che lo utilizzano, ma però per cose belle, serie, importanti, non certo per ospitare saltuariamente mostre di qualche dopolavoro o sagre della polenta.”

Occorre dunque un impegno forte, per far uscire il settore dei beni artistici mugellani dai margini in cui ora è. La proposta del Sovrintendente di Firenze, di una conferenza programmatica fra tutte le istituzioni, potrebbe essere il primo importante passo.

Servizio di Paolo Guidotti
gennaio 1992

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 febbraio 2024

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