MARRADI – Due donne di nome Bianca. Una dipinge. L’altra viene dipinta. Chi sono? Che cosa le unisce? Il mistero si concentra in un quadro affascinante, che porta il titolo “Intimità”: e lo vedremo per la prima volta a Marradi, anche se ne conoscevamo l’esistenza attraverso testimonianze letterarie.
La Bianca pittrice è un’artista marradese. La sua lunga vita si svolge un po’ a Marradi, nell’antica casa di famiglia a Gamberaldi, un po’ a Firenze, tra il 1878 e il 1968. Dipinge con passione nello stile dei Macchiaioli toscani, come le ha insegnato il suo maestro Adolfo Tommasi, amico di Fattori e di Lega, che l’ha avviata a impegnarsi anima e corpo nella raffigurazione anti-accademica della realtà, puntando sugli effetti della luce in contrasto con l’ombra, e sulle scelte tematiche legate al vero, alla realtà nei suoi aspetti più concreti e autentici.
La Bianca che appare dipinta sul quadro dal titolo “Intimità” (1916) è una giovane donna, bellissima senza alcuna ostentazione, raffigurata nella sua stanza con la finestra aperta sul mare, che immette luce e freschezza mattutina. È intenta ad un lavoro di cucito e china lo sguardo assorto su di un panno bianco, il bel profilo disegnato dal sole, la veste candida intrisa di quello splendore, che si manifesta in una sintesi pittorica di pennellate lunghe e schiette, senza disegno, senza sfumato. Un ritratto da manuale del linguaggio dei Macchiaioli.
Bianca Fabroni e Bianca Lusena: le due sono grandi amiche. Non conosciamo le occasioni del loro incontro, ma sappiamo che le unisce un segno forte di scelta etica: sono entrambe impegnate nella Croce Rossa durante i giorni drammatici della Grande Guerra. Due donne che non restano chiuse tra le mura protettive del loro mondo domestico: escono allo scoperto, al rischio di guardare in faccia la Storia, nel dolore e nel sangue. Amano la vita, l’arte e la poesia, e si trovano d’estate a conversare nel giardino della villa di Antignano, vicino a Livorno, dove Bianca Fabroni, la padrona di casa, ospita talvolta un marradese eccentrico, che si professa poeta: Dino Campana. Un giovane che non resta insensibile al fascino di Bianca Lusena, e le fa dono di una sua poesia, in quel giardino, all’ombra di quell’albero raffigurato nel quadro dal titolo “Il fico”. È il quadro che la pittrice donerà poi alla comunità marradese nella sua tarda età (1965), consapevole del risalto simbolico di un momento pur fuggevole nella vita di Campana, quando ormai, dopo la morte, quel giovanotto un po’ strambo si va affermando interprete di prima grandezza della poesia del Novecento.
La mostra di questa estate marradese ci propone altri ritratti eseguiti da Banca Fabroni Minucci, accanto a quello –attesissimo – di Bianca Lusena. Sono persone di famiglia, e tra essi spiccano, per intensità, l’immagine della madre malata sul letto sistemato in vista dei suoi monti, e i due en plein aire di Bruna con i figli e di Alma con Cristina. Ma sono anche i contadini di Gamberaldi, colti al volo in sintesi pittoriche molto audaci, nella loro dura vita di tutti i giorni, al lavoro nei campi o nelle case, o nei rari momenti di sospensione della fatica. La pittura di Bianca si fa qui testimonianza di una condizione umana, così come il verbo dei Macchiaioli aveva professato negli ultimi decenni dell’Ottocento, tagliando i ponti con le edulcorate raffigurazioni care ai ceti sociali in ascesa.
Poi, qualche volta, Bianca si lascia sedurre dal fascino dei fiori. Ecco le sue rose: rose dalle corolle piene e cariche , rose antiche, che oggi non vediamo più, rose che cedono presto sotto il peso della loro bellezza fugace. Nelle brocche, nei vasi, nella mezzine di rame o posati sul tavolo, i fiori recisi si accendono di colori vivi, insoliti nella tavolozza discreta di Bianca. Il giallo delle ginestre, il viola del glicine inneggiano allo spettacolo della bellezza. E resta nel cuore di chi guarda quella rosellina che Alma avvicina alla piccola mano della sua bambina perché la sfiori delicatamente. Un gesto rituale, che rimanda alle Madonne della pittura fiorentina quattrocentesca. Bianca Fabroni lo fa rivivere nell’ombra-luce di un giardino del suo presente.
Marradi è grata alla nipote di Bianca Fabroni Minucci, Cristina Andreani, organizzatrice della mostra e curatrice del catalogo, e alla nipote di Bianca Lusena, Eleonora, che ha concesso l’esposizione del ritratto di cui si è parlato. Cristina, Eleonora: donne di oggi che si impegnano a mantenere viva la memoria del loro e del nostro passato.

La mostra resterà aperta dal 14 al 24 agosto nella sala di esposizione permanente “Lanfranco Raparo”, centro culturale “Dino Campana”, via Castelnaudary n. 5. Per informazioni, telefonare all’Ufficio Turistico di Marradi 055.8045170 o al 339.4988933.

Livietta Galeotti Pedulli

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 11 luglio 2018

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