osso balena CafaggioloMUGELLO – Che sia davvero un “osso di balena” o qualcos’altro, francamente, poco importa. Altrettanto che si tratti di un reperto preistorico o contemporaneo, più o meno, legato alla presenza della famiglia de’ Medici in Mugello. Ma quell’osso è lì da quasi cinquecento anni, ormai fa parte della storia del territorio. Un appello: occorre metterlo in sicurezza, forse restaurarlo, almeno salvarlo. In attesa di un gesto, un atto di vero amore per questa terra.

Mugello granducale, culla medicea che ha svezzato i rampolli di quella famiglia, residenza bucolica durante la tumultuosa vita politica fiorentina e anche per semplice vacanza estiva o per la caccia. Il Mugello e i Medici. Sono tante le vestigia di questa famiglia ancora presenti sul territorio. Castelli e ville, un convento e anche una fortezza, baluardo effimero, questa, per battaglie mai combattute. Poi, appeso sulla facciata dell’edificio, un tempo ufficio postale, nel micro borgo di Cafaggiolo, un “osso di balena”.

Non è mai stata chiarita l’origine di questo reperto. Tante le domande finora senza risposta, fra tradizione e credenza popolare, senza un parere accademico che ne abbia determinata una verità storica. Rivenuto nei terreni adiacenti al castello oppure giunto da altri luoghi, o lidi? E poi, cos’è? Un generico osso o l’emimandibola di un cetaceo? Balena o balenottera? Preistorico o contemporaneo al periodo mediceo, cioè compreso fra la metà del 1400 e la fine del 1500?

Il reperto è ritratto nella conosciuta lunetta di Giusto Utens che, verosimilmente attorno alla fine del 1500, lo rappresenta appeso sulla facciata della cosiddetta “manica lunga”, l’immobile che fiancheggia il castello, da sud ad est, appena oltre la mezzeria, verso l’attuale curva della S.S. 65 “del Passo della Futa”. Sicché una testimonianza pittorica da assurgere a prova documentale.

Giusto Utens (fine del 1500), la lunetta con la veduta della villa medicea di Cafaggiolo. Nei cerchi in rosso la primordiale esposizione dell’osso di balena.

Da qualche secolo è lì, giù di lì, esposto all’intemperie. L’inclemenza meteorologica ed il contesto ambientale, diciamo, pur nel gioco di parole, l’hanno ridotto all’osso. Che, appunto, per un osso vuol dire prossimo alla fine. Necessita di un intervento, se non proprio di restauro, almeno di perizia conservativa, che possa fermarne il degrado. Già, occorre un gesto a favore della storia, per il territorio.

Sappiamo che la tenuta medicea di Cafaggiolo, da qualche anno patrimonio Unesco, è al centro di un ambizioso, e costoso, “progetto di valorizzazione”. Un’idea partorita nel 2011, con l’annuncio ai media locali e nazionali. Divenuta un sogno, dopo sei anni, nel 2017, con una nuova presentazione, al cospetto di Autorità e cittadini. Si evocò in quell’assise un sentimento che ne accompagnava il tema progettuale: amore (per il luogo). Ecco è il momento. Partiamo, o ripartiamo, da qui. Chissà, forse sarà vero amore, o più prosaicamente una fatale attrazione, però quell’osso, quel che ne resta, deve essere rimosso dall’attuale collocazione e posto in un ambiente che renda merito a ciò che esso stesso rappresenta.

Francamente, a fronte di un impegno, più volte ripetuto e confermato, per un importo di 170 milioni di euro, mettere in sicurezza quell’osso non comprometterà l’equilibrio finanziario dell’intero progetto. Sì, c’è bisogno di un gesto d’amore. Costi quel che costi. Una gentilezza dettata dal cuore. Così attingendo all’immenso poetico del dolce stilnovo fiorentino, vien di dire: “al cor gentil rempaira sempre amore”. Vale anche per la storia e per l’arte. Altrettanto per un “osso“.

Gianni Frilli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 16 marzo 2018

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