Calda la tua voce mi porge
parole nuove,
che scompigliano le mie ore
con folate prima sconosciute
e rivestono il mio essere
del chiarore di un’alba di madreperla.

Grave la tua voce mi offre
echi ancestrali
che sospingono la memoria
tra le braccia titaniche di Crono
e recuperano le fatiche
di esistenze stanche di anni e di lavoro.

Cadenzata la tua voce mi rivolge
accenti soavi
che rivestono il mio giorno
delle tinte tenui dei moti dell’animo
e lo accompagnano seducenti
con l’armonia silvestre del flauto di Pan.

Suadente la tua voce mi dona
atmosfere oniriche
che ricompongono frammenti di vita
in un mosaico di tessere variopinte
e dissolvono i confini del mio orizzonte
con arabeschi di luci e giochi di colori.

Tenue la tua voce mi desta
vibrazioni recondite
che resuscitano squarci di passato
e, tra turbamenti dello spirito,
intessono di perle una collana
di malinconie stratificate, di lacrime versate.

Morbida la tua voce mi regala
placidi sospiri
che sopiscono gli affanni del presente
e, nella sospensione di una quiete quasi irreale,
predispongono per la notte il cuscino
su cui poggiare il capo nel giusto riposo.

Bruno Becchi (Foto: Maria Cristina Carlà Campa)
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 18 agosto 2022

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