FIRENZUOLA – Nel 1640 a causa dell’estremo degrado della pieve di Cornacchiaia, dovuto alle infiltrazioni d’acqua e alle cattive condizioni della tettoia, si pensò di abbandonare l’antico edificio e di costruire una nuova chiesa a  Ca’ di Mercato. Fu eseguito il progetto e si cominciarono i lavori. Per controllare l’andamento dell’opera, il Capitolo fiorentino, che deteneva il patronato sulla pieve fin dal 1491, inviò sul posto Carlo Altoviti e Alessandro Minerbetti. Nel 1641 si recarono a Cornacchiaia portando con se l’architetto Vincenzo Muratori detto il Maestrino, che da molto tempo offriva i suoi servigi al Capitolo.

Pianta della pieve nel 1641.

Le fondazioni della nuova fabbrica erano iniziate in estate , con una stagione molto asciutta, con l’arrivo delle piogge ci si rese conto di trovarsi in un terreno acquitrinoso, addirittura si trovò l’acqua, in alcuni punti, a 60 centimetri di profondità; furono sentiti anche gli anziani del paese che confermarono che il sòlo non sia appropriato per regger per lungo tempo una fabbrica grande. Accertata, quindi, l’impossibilità di costruire il nuovo edificio nel luogo scelto, si prese in considerazione il restauro dell’antica pieve, accantonando l’idea della sua dismissione.

L’architetto studiò la questione, disegnò diligentemente una pianta della chiesa e poi, dopo aver esaminato le possibili soluzioni, non si limitò a stilare una semplice relazione, come avrebbero fatto tutti i tecnici ma, forse dotato di sopite aspirazioni poetiche, la stese in ottava rima, vergando un componimento di cinque strofe di endacasillabi in rima baciata e alternata. In questa sua curiosa opera descrive la chiesa e mette in evidenza i punti deboli dell’edificio e quelle che secondo lui sarebbero i lavori per poterlo mantenere in piedi.

Ho trascritto il testo di questo “poemetto”, conservato insieme alla pianta nell’archivio di Cornacchiaia, ma mai pubblicato per intero. Si tratta di una trascrizione letterale quindi il testo è riportato esattamente come l’estensore lo ha scritto; data la scrittura seicentesca un po’ ostica, ho cercato di fare del mio meglio.

Relazione sulla pieve di Cornacchiaia ad opera di Vincenzo Muratori detto “il maestrino”, 1641.

I due documenti sono assai importanti e direi unici perché ci mostrano la chiesa com’era prima dei discussi lavori che la privarono dell’abside medievale e del coro, e prima che fossero costruiti quegli archi che hanno tamponato lo spazio tra le massicce colonne di pietra che reggevano due architravi sui quali poggiava il tetto.

Signori mi convien dar questa pianta
di questa chiesa detta Cornacchiaia
mostrarla per lappunto tutta quanta
col campanile e col la sua colombaia
e dirvi chome il tutto si dispianta
per amor di decrepita vecchiaia
e se la non s’aiuta avant al verno
la vuoli lassar andare lachua aSanterno.
Larga è la detta venti quatro braccia
e mezzi, e fa un quadro per le donne
sette schalin qui lappresenti in faccia
li magazzin (2) de gliuomini e per donne
lunga quarantadue per ogni faccia
e mezzo, con due ordin di colonne
grosse braccio e due quinti in quadro assignio,
tonde fatte di pietra di macignio.
Tre altri scalin poi et la predella
con nove braccia e due terzi del choro
fatto all’usanza di mezza padella
chol laltare e ciborio messi a oro
nel mezz alla sinistra una cappella
al lentrar a man destra il gran tesoro
intesta alla man destra il campanile
dove i colombi an dentri il lor covile.
La porta pricipal tre braccia e larga

e braccia sei e g(i)usta per l’appunto
nodi di Salomon par che si sparga
per larchitrave e stipiti in largezza
il tetto al cimiter oggi sallarga
e par che dica con agevolezza
o il me o il me meschin apro la bocha
per che ogni un mi guardi e non mi tocha.
Pero mi rechomandi al maestrino
che guardi la gran soma chioddosso
io non la posso piu pero minchino
e part ossempre chi mi piscia addosso
non chiedo che si (trovi) altro fachino
chabbia le spalle rott(e) in fin all’osso
pero replico d(e) fammi far vezzi
prima chio vad interra in tanti pezzi.
Io ti rispondo ti faro servizzio
tanto quanto sara la … mia
secondo che mi mostra lesercizzio
nel capo hai tutta la tua malattia
replicherro per farti benefizzio
e non esperar mai che la bugia
esse tu vuoi saper quel chio detto
senti la prima hetrova il gran segreto.


(1) il braccio fiorentino misurava circa 60 centimetri.
(2) intende l’insieme delle sepolture poste nei pressi del presbiterio; furono tolte nel 1902 durante alcuni
lavori promossi da don Stefano Casini

Sergio Moncelli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 11 Gennaio 2025

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