
SCARPERIA E SAN PIERO – L’Ordine di Sant’Agostino prese forma verso la metà del XIII secolo con lo scopo di unire alcune congregazioni eremitiche della Tuscia aderenti alla stessa regola basata sulla preghiera e sulla condivisione del concetto umano e spirituale.
Un operoso gruppo di monaci agostiniani rimase attivo per circa quattro secoli anche a Scarperia, allontanato dal borgo solo nel 1808 a causa delle soppressioni imposte dal governo francese. Il loro cenobio si affacciava sulla piazza principale del paese fondato su concessione pontificia da Gaetano Galluzzi nel 1325 sotto il titolo di San Barnaba. Forte dell’appoggio di Santo Spirito, sede principale fiorentina, la fondazione del convento avvenne con il consenso della comunità locale e della Repubblica allo scopo di promuovere la diffusione dell’Ordine e favorire la strategia politica di Firenze.
Adottando metodi ed un’etica del tutto nuovi per i tempi l’opera dei frati si propose fin dal suo inizio secondo caratteri di essenzialità nei quali il popolo poteva cogliere risposte alle proprie necessità spirituali e materiali, essenziali per la crescita della comunità.
I monaci di San Barnaba furono ovviamente promotori di una nuova e più intensa vita spirituale coinvolgente le maggiori realtà clericali della zona, elevando valori e solennità delle maggiori festività dell’anno liturgico durante le quali, attorno al convento, si moltiplicavano le presenze di fedeli e pellegrini in omaggio e riconoscenza all’operato dell’Ordine.
In egual misura e intensità cresceva intanto la devozione popolare per il convento grazie all’operato sociale e di carità intrapreso dagli agostiniani. I Religiosi adottavano forme assistenziali e di accoglienza sconosciute per l’epoca amministrando lasciti e donazioni ottenuti per carità dal crescente numero di devoti, occupandosi dell’assistenza degli ammalati e degli oppressi o dell’accoglienza dei pellegrini che cercavano rifugio nell’hospitale loro riservato appena fuori la porta fiorentina. Non meno importante doveva essere il contributo culturale offerto ai popolani di Scarperia che ottennero dagli agostiniani anche i primi benefici effetti di una scuola pubblica.
Per secoli la vita del borgo continuò ad adagiarsi in questo inedito ed innovativo progetto sociale garante l’equilibrio della comunità e questo almeno fino alle imposizioni francesi che allontanarono definitivamente i monaci da Scarperia, determinando una nuova condizione sociale e un diverso impiego dell’intero complesso monastico. La grande chiesa conventuale fu trasformata in nuova sede parrocchiale perdendo però il proprio titolo originale ora commutato in quello dei SS. Jacopo e Filippo, per divenire poi dal 1830 realtà autonoma e luogo di culto principale del paese.
Lo spazio a cielo aperto appare pavimentato con lastre di arenaria ed interamente circuito da corridoi coperti che si aprono sullo spazio centrale con una serie ininterrotta di arcate sorrette da colonne poggianti su muretti bassi.
L’esame anche sommario dell’ambiente lascia intuire un’ esecuzione particolare delle strutture, sicuramente realizzate almeno in due momenti diversi.
La parte più antica del chiostro sembra essere quella addossata alla chiesa, caratterizzata da un loggiato sorretto da quattro colonne con archi a sesto ribassato, mentre il lato opposto mostra un ordine di cinque colonne che sostengono arcate a tutto sesto secondo uno stile costruttivo che si ripete anche nei colonnati laterali.
Sull’angolo meridionale sinistro del chiostro restano tracce di un affresco ormai illeggibile mentre ben conservato appare il portale di pietra collocato nella zona mediana della stessa parete, impreziosito da una mostra interamente modanata e da un’elegante travatura decorata ad ovoli. Sulla parete del corridoio orientale si aprono gli accessi ad alcuni ambienti interni e ad un salone dove si conservano alcune opere pittoriche.
Di particolare rilievo un affresco staccato raffigurante Santo Stefano databile al XV secolo, probabile frammento del vasto impianto decorativo che un tempo ornava le pareti della prepositura.
Di buona fattura sembra essere anche una Madonna della Cintola fra Santa Caterina da Siena, Sant’Agostino, San Barnaba e San Tommaso d’Aquino, opera ad olio databile agli inizi del XVII secolo attribuita al fiorentino Giovanni Nigetti. Nella stessa sala è infine una Madonna in gloria fra Santi di scuola fiorentina prossima alla metà del XVII secolo.
Massimo Certini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 8 ottobre 2024