Duce con un gruppo di popolani

MUGELLO – Un martedì pomeriggio, il 25 maggio del 1926, un treno a vapore si ferma al Fornello, una stazione della linea ferroviaria Firenze-Faenza, per il consueto rifornimento idrico alla locomotiva. Quel giorno trasporta un passeggero di tutto riguardo: Benito Mussolini, che da Prato sta andando nella nativa Romagna dopo aver fatto una sosta di cinque minuti a Borgo San Lorenzo, dove le autorità locali e una folla in delirio gli hanno tributato un’entusiastica accoglienza. Quando il convoglio si ferma, il Duce si affaccia al finestrino mostrandosi sorpreso: perché invece di un paese gli si para davanti una distesa di boschi? Lo informano che nei dintorni c’è solo qualche casolare e, nascosta più sotto, una piccola frazione. Chiede al gruppo di persone che lo acclamano se vengono da lontano. È la signorina Gemma Bonanni a vincere l’emozione rispondendo che da Gattaia ha dovuto salire per una mulattiera assai scoscesa di due-tre chilometri e che la popolazione del luogo attende da tempo la costruzione di una strada di collegamento alla viabilità comunale, utile – prosegue – per incentivare l’economia della zona ma soprattutto indispensabile per alleviare i lunghi viaggi dei tanti operai che lavorano come cavatori di pietra nei pressi della stazione. «La strada sarà fatta», assicura il Duce prima che il treno riparta in direzione di Marradi.

A dire il vero la promessa di Mussolini era l’ultima di una serie, iniziata sin da quando prendono il via i trafori della Faentina nel tratto appenninico. Nell’ottobre 1891 infatti gli abitanti di Gattaia rivolgono al sindaco di Vicchio un’istanza perché si preveda un accesso viario alla stazione del Fornello ma il Consiglio comunale rinvia la questione a quando la linea verrà messa in funzione. Al momento dell’inaugurazione, il 23 aprile 1893, il Fornello non fornisce un servizio ai viaggiatori perché – scrivono i gestori della ferrovia – manca proprio la strada. In data 11 settembre 1893 si provvede a inserirla nell’elenco delle strade comunali obbligatorie e due anni dopo (15 luglio 1895) sembra che le aspettative degli interessati trovino soddisfazione con l’approvazione di un progetto esecutivo e lo stanziamento sul bilancio comunale di 1.400 lire (il costo totale dei lavori ammonta a 2.782 lire). Intanto il Comune di Vicchio tratta la cessione dell’area attigua alla stazione con la Società Adriatica, che ha in concessione la Faentina. Passano inutilmente dieci anni e nel frattempo il servizio delle reti ferroviarie è assunto dallo Stato. Il 18 febbraio 1915 il Consiglio comunale prende in esame un nuovo appello della popolazione locale e conferma la volontà di realizzare il progetto precisando che si rende necessario il sussidio previsto per legge da parte del Governo e della Provincia di Firenze. Poi la Grande Guerra, il terremoto del 1919 e il caos che ne segue mettono tutto in sordina. Nel 1926, con l’assenso di Mussolini e l’autorizzazione del concorso statale, la soluzione sembra finalmente in vista. Invece negli anni seguenti nulla si muove e allora il 14 aprile 1940 gli operai e gli abitanti di Gattaia, Molezzano e Caselle si mobilitano rivolgendosi direttamente a Mussolini. Nella loro lettera chiedono con toni ossequiosi ma impazienti che venga fatto quanto «con viva prontezza» il Duce aveva accordato in quel memorabile giorno. La petizione, compilata da Bruno Gasparrini, è sottoscritta da 70 persone partendo dal parroco e dai notabili del posto fino al più umile pigionale (per inciso occorre notare che Gasparrini si distinguerà nella Resistenza come attivo corrispondente delle brigate partigiane mentre due firmatari, Adriano Santoni e Ottorino Quiti, moriranno fucilati al Campo di Marte come renitenti alla leva repubblichina). Il Duce dà loro risposta in data 15 maggio 1940 con un burocratico comunicato della sua Segreteria Particolare, oggi reperibile nell’Archivio comunale: ogni provvedimento in merito deve essere rinviato in quanto non è possibile finanziare i lavori occorrenti per imprecisate «ragioni legislative». Evidentemente in quel momento le risorse dell’Erario non potevano essere destinate a simili progetti: l’Italia si apprestava entrare in guerra a fianco della Germania già vittoriosa per spartirsi le spoglie della Francia, «spezzare le reni alla Grecia» e dominare i Balcani. Strade ben più grandiose si dovevano aprire… Così la via per il Fornello tanto sospirata non si farà mai. Gattaia è rimasta il microscopico paese che fu, nascosto nel cuscino vegetale delle sue alte montagne.

Pur ammettendo che una strada non sarebbe certamente bastata per trasformare Gattaia in un attraente luogo di villeggiatura, come veniva auspicato dai firmatari della lettera al Duce, si può constatare che l’ampiezza dell’agglomerato odierno non è molto difforme da quello di due secoli fa: basta mettere a raffronto la mappa del Catasto leopoldino toscano (1834) con la ripresa dall’alto eseguita durante un recente volo aereo (2016).

Mappa del catasto 1834
Volo aereo del 2016

Nota: La foto di Mussolini tra la folla non si riferisce al Fornello: è tratta dall’opuscolo “Come ho visto il Duce” realizzato a cura del Servizio Propaganda del Partito Nazionale Fascista.

Adriano Gasparrini
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 19 novembre 2020

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2 commenti

  1. SQUARCINI MASSIMO on

    Caro Adriano,
    grazie per queste note di storia locale sempre molto interessanti.
    Forse “oggi” dobbiamo ringraziare che la strada non sia stata fatta, ciò ha permesso, unitamente ad un’aspra morfologia, alla valle del torrente Muccione di essere un luogo sostanzialmente congelato al tempo che fu, donandoci una natura rigogliosa, luoghi ameni dove camminare, un torrente dalle acque non inquinate, una serie di ruderi (almeno uno poteva essere conservato!!!) che ci raccontano la dura vita della nostra gente di montagna.
    Questa è una valle che andrebbe tutelata, addirittura trasformata in un Parco Naturale, custodita come un tesoro, con orgoglio difesa…..
    Massimo Squarcini

  2. Anche io ringrazio per questo articolo e per la storia di questa strada, ma non capisco perchè si sia fermato alle strade più grandiose. Lei credo così informato, saprà anche che negli anni 50 arrivò al Comune di Vicchio una bella cifra (tanti milioni) per iniziare questa costruzione ma nonostante le proteste di tutti i Gattaiesi e sopratutto di Bruno Gasparrini che mi sembra da Lei conosciuto furono stornati per asfaltare tutte le strade comunali di Vicchio. A Fornello oltre ai tanti operai che partivano da Gattaia per lavorare nelle cave c’era anche una scuola elementare (il maestro venuto da Firenze abitava a Gattaia) per tutte le famiglie che abitavano nell’appennino e tutti i giorni a piedi arrivavano lassù. Bruno poi a Fornello possedeva una palazzina si figuri quanto era desiderata da tutti. Non ho capito se Lei era favorevole o no, certo a leggere quello sopra si doveva andare ancora tutti a piedi. Santoni Antonio

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