Un crinale preappenninico che idealmente unisce gli 892 metri (s.l.m.m.) di Monte Morello ai 993 metri di Monte Giovi. Monte Senario è su questo spartiacque che divide il bacino imbrifero del fiume Sieve da quello dell’Arno. Un tempo separava il Mugello ghibellino degli Ubaldini dalla Fiorenza guelfa del vescovo Ardingo. Siamo nel periodo della proliferazione delle comunità dei mendicanti e dei predicatori che andranno ad aggiungersi agli ordini religiosi ormai consolidati o nati poco prima, dagli agostiniani ai benedettini, dai cistercensi ai francescani, ai domenicani. Nel 1233, anno simbolico degli anni di Cristo in croce, anche “alleluiatico” per le predicazioni di fra’ Giovanni da Verona, a Firenze, nella campagna detta “Cafaggio del vescovo”, dove poi sorgeranno la chiesa e il convento della Santissima Annunziata, si forma una comunità di eremiti dedicata a Santa Maria, la “Compagnia di Maria Addolorata”. Attorno al 1245, più o meno, alcuni di loro, precisamente in sette, salgono a Monte Senario. Ricordiamoli: Alessio, Amadio, Bonfiglio, Bonagiunta, Manetto, Sostegno e Uguccione. Poi, saranno santi, “i sette santi” fiorentini.
Negli anni successivi Monte Senario accoglierà nuovi eremiti e la loro attività sarà ufficialmente riconosciuta proprio dal vescovo Ardingo che, con la lettera “Deo grata” del 23 marzo 1256, ne approverà gli “statuti propri”. Il carisma di Filippo Benizi, priore generale, anch’esso poi santo, determinerà il consolidamento della famiglia eremitica cui seguirà il riconoscimento ufficiale dell’Ordine. Accadrà nel 1304 quando papa Benedetto XI, con la bolla “Dum levamus”, approverà la Regola e le Costituzioni dei Servi di Maria, ufficialmente l’Ordinis Servorum Virginis Marie, oggi nell’acronimo OSM. Di pari passo alla storia religiosa la vita degli eremiti di Monte Senario passerà dalle vicissitudini del decadimento e degli abbandoni, fra pestilenza e terremoti e scarsità di vocazioni, al fervore per le rinascite e il ripristino dell’attività dei serviti.
Dal punto di vista architettonico, ben poco resta del primitivo insediamento, quello ricordato nella “Legenda de origine”, scritta, forse, da fra’ Pietro da Todi nel 1317. Ai giorni d’oggi il grande edificio sul Senario è frutto di ristrutturazioni e di ricostruzioni effettuate in più riprese: nel 1420 la chiesa, nel 1594 restauri, nel 1648 il campanile, 1717 nuovi restauri, nel 1730 la scalinata d’ingresso alla chiesa, nel 1760 il portico antistante la chiesa stessa, nel 1834 la torre dell’orologio.
A partire dalla seconda metà del Quattrocento l’eremo di Monte Senario ha ricevute importanti donazioni artistiche che ne fanno un luogo unico, con una collezione notevole di dipinti, affreschi e sculture. La grande “Ultima cena” di Matteo Rosselli, e, ancora, gli affreschi, le tavole e le tele di Cosimo Rosselli, Michele di Ridolfo del Ghirlandaio,Lodovico Cardi detto “il Cigoli”, Alessandro Allori, Jacopo Vignali, Francesco Curradi, Onorio Marinari, Antonio Pillori, Anton Domenico Gabbiani, Tommaso Redi, Taddeo Mazzi, Niccolò Nannetti, Giuseppe Pinzani, Matteo Bonechi, Giandomenico Ferretti detto “l’Imola”, Luigi Lepri, Antonio Morghen, Giuseppe Bezzuoli, Giovanni Maria Baldassini, Pietro Benvenuti, Cesare Mussini, senza dimenticare le opere dell’eremita Giovanni Battista (Melchiorre) Stefaneschi di Ronta, fino al contemporaneo affresco di Pietro Annigoni.
E anche la scultura. Oltre all’opera più antica, il sepolcro di Sigismodo Della Stufa, risalente al 1486, di cui resta ignoto l’autore, ci sono il crocifisso in stucco policromo di Ferdinando Tacca, i lavori di Pompilio Ticciati, Martino Portugalli, degli eremiti Ubaldo Farsetti e Giovannangelo Lottini, infine le formelle della nuova porta in bronzo della chiesa realizzate più recentemente da Nella Aglietti.
Insomma una storia secolare accompagnata da una collezione artistica di grande livello. Ma ancor prima, e di più, resta l’impronta impressa dall’esempio degli eremiti. Da Alessio Falconieri a Filippo Benizi, da Antonio da Siena a Lelio Baglioni lo spirito degli “uomini virtuosissimi” che “vivono nell’autentica disciplina e alle solitudini del Senario” (Annales OSM, II, p.40) è giunto fino a noi.
Gianni Frilli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 14 aprile 2019