DICOMANO – Nella seconda metà del Settecento Dicomano aveva ormai conseguito la propria definitiva identità territoriale. Le disposizioni lorenesi gli avevano assegnato il titolo di “comunità” nel 1774 stimolando nuove realtà politiche e sociali che potenziavano l’economia locale, rafforzando le capacità del suo antico “mercatale”, da secoli riferimento commerciale dell’intera vallata. Un borgo densamente popolato quindi, quotidianamente affollato di faccendieri locali ma anche da un numero incalcolabile di forestieri che trattavano e scambiavano le proprie merci sulla piazza principale del paese.

Ciò spiegherebbe, in quel preciso momento storico, la presenza all’interno e nell’immediata periferia del borgo, di un numero consistente di piccoli luoghi di culto, tutti efficientissimi e frequentati; molti dotati di pregevoli opere d’arte. Accanto alla pieve di Santa Maria operavano infatti, l’oratorio della Madonna dello Spedale con l’affresco della Vergine miracolosa, l’oratorio della Compagnia di Sant’Onofrio con la tavola d’altare di Lorenzo Lippi, l’oratorio della Santissima Annunziata, l’oratorio di San Giovanni nell’omonima piazza affidato all’ordine gerosolimitano di Malta e l’oratorio di Sant’Antonio nella periferia meridionale del paese. Altri due oratori erano in dote alle vicine Ville del Lago e Villa Vivai, rispettivamente dotati di pale d’altare di Luca Della Robbia e di Lorenzo Lippi.

Tutti questi luoghi avrebbero subito nel tempo periodici mutamenti strutturali. Alcuni sono stati ampliati e trasformati in vere e proprie chiese, altri più volte restaurati, qualcuno demolito e cancellato per sempre dalla planimetria urbana, tanto da rendere difficile riconoscere anche la sua collocazione originale.

Anche l’oratorio della Beata Vergine Annunziata è stato oggetto di periodici interventi conservativi che hanno garantito ad oggi la sua fisionomia architettonica settecentesca e la stessa fruibilità spirituale e di culto che lo caratterizzavano in passato. La sua centralità rispetto al resto dell’abitato, lo ha sempre reso di grande utilità per il popolo, per le celebrazioni più importanti ma anche per il semplice e breve raccoglimento quotidiano.

Dicomano, Via Dante Alighieri, Oratorio della Beata Vergine Annunziata

Sfuggente all’occhio del visitatore frettoloso, l’oratorio è ubicato sotto i portici di Via Dante Alighieri, la via principale che attraversando il borgo mostra i suoi loggiati settecenteschi, con file contigue di arcate a sesto ribassato e pilastri quadrangolari. Pochi gli elementi architettonici che denunciano la presenza del piccolo luogo di culto se non una finestra rettangolare più ampia di quelle civili che le si affiancano e un minuto campaniletto a vela con unica campanella, collocato nella parte centrale e sommitale del prospetto.

Pochissimo conosciamo di questo oratorio dedicato a San Filippo Neri e San Carlo Borromeo. Sappiamo solo che doveva essere attivo già verso la fine del XIII secolo e che mantenne il proprio aspetto originale almeno fino al Seicento, momento in cui fu ampliato e radicalmente ristrutturato. Conosciuto al tempo come “la Santissima”, era sede della Confraternita dell’Annunziata, l’organismo assistenziale e religioso che vantava notevoli consensi del popolo ed al quale sembra attribuirsi la realizzazione di Via della Pieve, il tratto di strada che fiancheggiando l’oratorio, conduce in breve alla pieve di Santa Maria.

La seconda metà del Settecento coincide con un’inedita trasformazione urbana di Dicomano. Il progetto per l’imminente passaggio della nuova strada per la Romagna, avrebbe determinato demolizioni, modifiche e ristrutturazioni di molti edifici che vi si affacciavano. Dello stesso periodo o di poco precedente è infatti, anche il grande restauro o ricostruzione dell’oratorio dell’Annunziata che in quell’intervento avrebbe assunto i definitivi caratteri architettonici del tempo.

Poco dopo però, le moderne disposizioni che decretarono la soppressione di tutte le Compagnie e Corporazioni religiose emesse dal Granduca Pietro Leopoldo nel marzo del 1785, avrebbero determinato di fatto lo scioglimento della Confraternita e assegnato un nuovo ruolo all’oratorio, da quel momento annesso alla pieve di Santa Maria e impiegato nella liturgia feriale della comunità.

Oratorio della Beata Vergine Annunziata – Interno

Al suo interno si accede superando il porticato prima descritto e poi un robusto portale ligneo che dà accesso ad un’aula stretta ed allungata, pavimentata in cotto e coperta a volta. Il presbiterio è rialzato di due gradini e reca sulla parete sinistra un pregevole crocifisso databile al XVII secolo.

Crocifisso nel presbiterio, sec.XVII

Sulla parete di fondo è l’Altar Maggiore eretto nel 1780 e recante una lapide con l’epigrafe latina che recita: “I fratelli di questa compagnia, con denaro proprio, nuovamente eressero questo altare in forma ed eleganza più bella e venerabile, come pegno d’amore all’annunciazione della Beata Vergine Maria. Dal tempo della salvezza anno 1780”.

L’epigrafe in latino sotto l’Altar Maggiore 1780

Sopra l’altare resta lo splendido affresco raffigurante l’Annunciazione del Signore. Il dipinto ripropone l’evento secondo i canoni stilistici tradizionali, con l’arcangelo Gabriele a sinistra e l’immagine di Maria sulla destra. La scena è ambientata all’interno di un elegante palazzo rinascimentale, che mostra elementi architettonici decorati e un colonnato con capitelli corinzi. La Madonna appare in ginocchio con le braccia conserte sul petto; legge il libro delle Scritture (che simbolicamente si avverano).

Annunciazione del Signore – Matteo Lappoli sec. XV

Il volto è dolcissimo, quasi turbato nell’accettazione del messaggio divino. Dall’angolo superiore sinistro, l’Onnipotente rilascia un fascio di luce che illumina il volto della Vergine e la Colomba dello Spirito Santo. Plastica ed elegantissima la figura dell’angelo nell’atto del saluto; nella mano sinistra porta il giglio simbolo della purezza e maternità verginale di Maria. Veste un abito di sete leggere e vaporose, le ali sono di un rosso carico, forse a richiamare l’aura color rame di Gabriele. L’affresco, considerato in passato opera giovanile di Luca Signorelli, o attribuibile alla mano di un suo allievo, è stato oggetto di recenti e approfonditi studi che ne hanno assegnato la definitiva paternità a Matteo Lappoli, pittore aretino della seconda metà del Quattrocento.

Pulpito settecentesco in pietra serena

Sulle pareti laterali dell’aula sono invece due altari di pietra serena realizzati da maestranze locali verso la metà del Settecento. Sull’altare di destra è un San Francesco d’Assisi dipinto nel 1999 da Massimo Callossi, allievo di Pietro Annigoni e sull’altare di sinistra un altro quadro dello stesso pittore realizzato nel 2005 e raffigurante San Filippo Neri inginocchiato di fronte alla Madonna col Bambino; sullo sfondo le figure di Papa Woytila e Madre Teresa di Calcutta.

San Francesco d’Assisi – Massimo Callossi 1999
Madonna col Bambino e San Filippo Neri – Massimo Callossi 2005

I due quadri sostituiscono altrettante opere ottocentesche del pittore fiorentino Ferdinando Folchi, che alla fine del Novecento erano ancora presenti sopra i due altari dell’oratorio.

Scheda e foto di Massimo Certini

©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 25 ottobre 2020

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