
MUGELLO – Quando la bimba vide quel piccolo pulcino in gabbia alla fiera del bestiame di Borgo San Lorenzo rimase intenerita. Pianti, strepiti, non ci fu verso, i genitori dovettero portarlo per forza a casa. La bambina cercò di sfamarlo con dei chicchi di grano, ma il povero pulcino cercava inutilmente di beccarlo; il chicco scivolava via sul pavimento liscio della cucina. Fu così che il piccoletto venne battezzato Chicco; per l’appunto, era proprio destino. Trovato finalmente il modo di sfamarlo con del cibo meno sfuggente, la storia sembrava filare per il meglio e Chicco era ormai come un gattino, pronto a correre felice incontro a quelli che pensava essere suoi parenti stretti. Purtroppo, un pollo cresciuto, per quanto affettuoso, in casa si gestisce male; così a Chicco, ormai diventato pimpante galletto che non interessava più alla bambina, si dovette trovare una diversa sistemazione. La scelta cadde inesorabile come una mannaia su nonno Tonino che stava in campagna con altri animali da accudire, uno più uno meno… Chicco si trovò bene, ma Tonino era perplesso da quello strano gallo che, appena lo vedeva, correva fiducioso da lui per farsi abbracciare, e lo stesso faceva anche con Marcello, l’anziano e pacifico cane guardiano che lo guardava sdegnato pensando: “ma che bestia è mai questa?”. “Chicco”, diceva sempre Tonino, “se corri dalla volpe a fare le feste, quella la festa la fa a te!”. Chicco era fortunato e il fatale incontro non avvenne, ma c’era un altro problema. Il povero gallo non riusciva proprio a fare un bel chicchirichì come tutti i galli che si rispettino, non c’era verso; ci provava sempre con impegno, quello sì, ma non riusciva a cantare. Tutte le volte da mesi andava sempre nello stesso identico modo. Il pollo, ovviamente essendo un pollo, si “appollaiava” su una sedia, Tonino si avvicinava e lo prendeva in giro dicendo “Su Chicco, fammi sentire come canti”. L’animale si concentrava perbene, chiudeva gli occhi, muoveva il collo avanti e indietro e poi sparava con forza il suo canto: “Chicchi…glhhhhh”. Inutile, il finale purtroppo era sempre disastroso, un fioco e soffocato gorgoglio, un rantolo schifoso da rospo. Niente canto gallesco, e la cosa si ripeteva ogni giorno; se non fosse stato un pollo, Chicco sarebbe andato dallo psicologo e forse ci fece pure un pensierino, ma alla fine anche lui si mise il cuore pollesco in pace.
Qualche settimana dopo Tonino tornò da un viaggio faticoso; erano diverse ore che non dormiva e aveva bisogno di un buon sonno ristoratore. Però prima c’erano gli animali da accudire; e così conigli, polli, gatti e anche il buon Marcello ebbero quanto gli spettava. Alla fine, stanchissimo, Tonino s’accasciò su una sedia sgangherata, appoggiò il secchio pieno d’acqua accanto e cadde subito in un sonno profondo. Chicco, vedendo il suo padrone dormire, come faceva sempre salì sul bracciolo della sedia e s’appisolò anche lui. Dormendo, l’animale sognava le parole che ripeteva sempre il padrone “Su Chicco fammi sentire come canti”. D’improvviso il gallo si svegliò e per la prima volta in vita sua tirò fuori un sonoro “Cicchirichì!!!” proprio con il becco appiccicato all’orecchio del dormiente. Fu un acuto così forte che neanche Andrea Bocelli alla Scala di Milano! Tonino si svegliò di soprassalto impaurito, inciampò nella sedia e cadde con il sedere nell’acqua del secchio. Da allora smise di prendere in giro Chicco che, sempre più impettito, prese coraggio e iniziò a inseguire persino il cane con fare bellicoso facendo risuonare per tutta l’aia tantissimi “chicchirichì” quasi a voler dire: “Ora lasciatemi sfogare, perdio!”
Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 12 giugno 2023
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