BARBERINO DI MUGELLO – Il viadotto Aglio rappresenta ancora oggi un’opera di grande importanza per l’arditezza del progetto, ad opera dell’Ingegnere Guido Oberti, e delle soluzioni tecniche da lui utilizzate per la sua realizzazione.

Con una lunghezza complessiva di 439 metri, e le due carreggiate poste a 90 metri di altezza sopra la stretta valle che ospita il Torrente Aglio, il ponte appare un capolavoro di leggerezza ed eleganza, soprattutto grazie alla sua arcata centrale con una luce di 165 metri.

I lavori furono iniziati nel Giugno del 1957, ed il primo collaudo fu effettuato nell’Agosto del 1960. Proprio l’arcata centrale fu oggetto di una mirabile procedura per la sua esecuzione, che consistette in una centinatura di tubolari metallici del peso di 800 t.

La centinatura, una volta compiuta la prima arcata, venne traslata lateralmente per mezzo di argani e riutilizzata per la seconda arcata gemella.

Erano gli anni della grande ricostruzione, quella dei “trenta gloriosi”, come gli economisti definiscono gli anni che vanno dal 1945 al 1975, nell’Europa distrutta dalla guerra. In particolare nell’Italia di allora, affamata, lacera, distrutta nelle infrastrutture industriali e civili di ogni tipo e nelle città più importanti, poverissima, umiliata, tutti i cittadini vollero la stessa cosa, avevano in mente lo stesso obiettivo: ricostruire, vivere serenamente, trovare sicurezza e stabilità, divertirsi e abbracciarsi tutti insieme. Ognuno di loro si trasformò in costruttore. Il loro sforzo, collettivo e personale, riuscì.

E insieme ai muri, alle case, alle infrastrutture industriali, alle autostrade e ai ponti, essi costruirono anche quel tessuto sul quale fu innestata la nostra Costituzione, la Democrazia con Leggi e regole, garanzie e diritti universali. Quelli che erano stati spazzati via dalla guerra, insieme a quelli che prima non esistevano e che furono costruiti, pezzo su pezzo, dall’impegno e dalla passione di un’onda collettiva che mise insieme una nuova classe dirigente politica ed industriale, e una Nazione intera di cittadini. Mio babbo e mio zio furono tra questi, e portarono sulle spalle il peso di quella ricostruzione. Lo portarono proprio letteralmente, nel vero senso della parola. Lo portarono insieme ad altri milioni di lavoratori, ovviamente, ma non per questo quel peso fu meno pesante.

Mio suocero si chiama Domenico, venne dal Sud in quegli anni, da quella terra amara e depredata nei secoli, e fu uno dei tanti operai edili che costruirono il ponte dell’Aglio, sfidando le vertigini delle altezze, il vento che scuoteva ed oscillava i ponteggi.
Nel 1988 ebbi l’incarico da parte di Italstrade spa, di fotografare il collaudo del ponte. Fu una grande esperienza, dalla quale ricavai parecchie decine di fotografie e un ulteriore rispetto per gli operai ed i tecnici che lavorano nell’edilizia, soprattutto in condizioni tanto delicate. Le cronache recenti ci hanno purtroppo indicato quanto quel lavoro di monitoraggio e manutenzione sia importante ed essenziale per la sicurezza di tutti.

Paolo Menchetti
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 16 Marzo 2021

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