generini02aBORGO SAN LORENZO – C’è un modo per affrontare e superare la crisi: investire tanto e puntare sull’altissima qualità. Lo dice l’esperienza dell’azienda “Sorelle Generini” di Borgo San Lorenzo, che da oltre trenta anni produce borse per le grandi firme della moda. E se in passato ha lavorato per Gucci, Prada, Dolce e Gabbana, Tod’s, ora lavora per una grande firma francese.

Che proprio nei giorni scorsi ha chiesto all’azienda borghigiana di incrementare fino al 50% la produzione. Tanto, forse perfino troppo anche per una realtà esperta e consolidata come “Sorelle Generini”: “Stiamo valutando la richiesta –dice Lucia Generini-, per capire fin dove possiamo arrivare, perché la quantità non deve mai mettere in discussione il livello qualitativo”.

E per rispondere alle esigenze legate alla nuova espansione l’azienda borghigiana sta per attivare un’iniziativa importante, un corso di formazione di pelletteria, con dodici allievi destinati poi ad essere assunti nell’organico della ditta: 280 ore di formazione e poi sei mesi di stage.

In tutto l’azienda dà lavoro a 135 persone, delle quali 80 dipendenti, gli altri in ditte che lavorano per le “Sorelle Generini”. E negli ultimi anni non sono mancate le assunzioni.

“Qui – dice Gionata Grati – assumiamo sempre le persone con lo scopo di tenerle. Bastano pochi giorni per capire se uno ha voglia, e se ha voglia impara. Ben difficilmente mandiamo via. Anche perché a insegnare ci vuol tanto tempo. Il ciclo produttivo ha tantissimi passaggi, più di 1500. Per imparare a cucire ci vogliono 6-7 anni”.

Alle “Generini” il 90 per cento son donne: “Il 10 per cento sono uomini – nota Grati -. Se sono bravi quanto le donne? Mi costa -sorride- visto che sono un uomo, ma devo rispondere di no. Le donne in un lavoro di precisione ci battono sempre: la manualità, la capacità di riconoscere i difetti, il fissare la minuteria. Lo ammetto, è un lavoro più adatto alle donne, anche se ci sono compiti che gli uomini sanno svolgere bene”.

Lucia Generini lo sottolinea: “E’ vero, siamo state brave a gestire l’azienda e a farla crescere, ma abbiamo una grande fortuna: quella di avere a disposizione un team di dipendenti che son fantastici, veramente, in serietà, collaborazione, qualità del lavoro, disponibilità. Abbiamo davvero un bel gruppo. E questo è fondamentale per un’azienda come la nostra, che punta tutto sull’altissima qualità”.

E l’azienda francese l’alta qualità la pretende: ispezioni e controlli molto rigidi, sia sull’ambiente di lavoro che sulle caratteristiche del prodotto lavorato, nel quale non deve esservi neppure un microscopico difetto, l’uso di pellami italiani, e di mastici senza solventi. Del resto difetti non devono essercene in borse che vanno sul mercato a prezzi molto alti, anche migliaia di euro. Per questo è comprensibile la grande attenzione e il controllo sulla produzione, anche per quanto riguarda il rischio delle contraffazioni: “Se mi consegnano 100 chiusure devono uscire 100 borse. E ogni pezzo griffato è contato e resocontato. Se si sciupa un bottone, deve comunque essere restituito”.

Come è capitato questo incontro così fruttuoso con l’attuale committente? “Quindici anni fa– risponde Grati – lavoravamo per Gucci, e allora l’azienda francese era un’azienda satellite di Gucci, e ogni tanto ci davano da produrre anche qualche loro borsa. E veniva un’ispettrice. Che poi, quando vi è stato il distacco da Gucci, si è ricordata di noi, sapeva che lavoravamo bene, e ci ha ricontattato. Perché avevano bisogno di aumentare la loro produzione, che passò da 130 mila a quasi 800 mila pezzi. Via via hanno avuto fiducia nelle nostre capacità e si sono appoggiati sempre più a noi per risolvere alcune problematiche dei modelli, per trovare i giusti accorgimenti. Così di recente abbiamo aperto la modelleria, dove partecipiamo in modo globale allo sviluppo dei modelli”.

E la produzione da “Sorelle Generini” qual è? “Facciamo da 70-80 a 250 borse al giorno, ma il numero è relativo, contano le ore lavorative, 4200 ore la settimana”. Con prospettive di ulteriore incremento.

Il fatturato dell’azienda mugellana negli ultimi anni è andato a gonfie vele, con una crescita del 30% ogni anno. E se nel 2016 si sono toccati i 4 milioni e mezzo di fatturato, adesso si conta di arrivare a quota 6 milioni. Nello stabilimento borghigiano, a Rabatta sono in attività da 17 anni, ma cinque anni hanno dovuto ingrandire, e prendere a poca distanza un altro capannone.

E la storia dell’azienda è la storia di un’azienda davvero familiare. “Nacque da mia sorella –ricorda Lucia-, che era caporeparto in una pelletteria. La sua ditta le propose di aprire un piccolo gruppo, lei si era sposata, era tornata a vivere a Dicomano –Noi siamo originari di Vicchio-. Eravamo quattro sorelle –Lucia, Sonia, Donatella e Gessica- e accettammo la proposta. Lei era l’unica che aveva lavorato con le borse in pelle, io lavoravo alla Rifle. E ci mettemmo all’opera. Dopo due anni mia sorella si ammalò, e allora, vedendo lei che non poteva essere più attiva, abbiamo tirato fuori la grinta per mandare avanti questa piccola azienda. Ed ora con noi ci sono anche Gionata e Simone. Il primo insediamento fu a Dicomano, poi ci trasferimmo a Borgo. E la forte crescita dell’attività è avvenuta nel 2010, grazie anche alla collaborazione e al rapporto di un’azienda credibile e di altissimo livello, che ci ha dato supporto in tutto. Abbiamo trovato un brand che non ci ha mai visto come azienda esterna, ma come parte integrante. Davvero c’è un bellissimo rapporto”.

Così le “Sorelle Generini” sono cresciute di anno in anno: “La nostra mentalità –dice Gionata Grati- è di investire, investire. Se non investi sei finito. Nuovi macchinari, e soprattutto risorse umane, perché questo non è un lavoro che si può fare solo con le macchine”.

Così l’iniziativa del corso è ottima per rispondere ai prossimi nuovi bisogni produttivi. E la modelleria sarà l’aula principale. “Lì –continua Grati- gli allievi potranno apprendere nel miglior modo tutte le fasi di produzione di una borsa.”

Grati lo ribadisce: “Abbiamo fronteggiato la crisi economica puntando sulla qualità. Ci fu un momento nel quale scegliemmo di non produrre più le borse da mercato e di scommettere sull’alta qualità. Allora, con un numero molto più basso di dipendenti, eravamo 25, si facevano 300 borse al giorno, per marchi ‘di massa’, con linee di valore più basso. Passammo a 30-40 borse al giorno, borse di qualità assai più alta. E’ stata la lungimiranza di mia zia Lucia, che ha visto la direzione giusta prima di altri”.

(foto di Marta Magherini)
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 24 febbraio 2017

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