Il castello sorge su una collinetta poco rilevata, circa 300 m slm, in una posizione tuttavia strategica, dominante l’alta valle della Sieve, la valle del torrente Stura e del torrente Marina e dunque su una delle antiche vie di collegamento tra Firenze e Bologna.

Il castello di Barberino di Mugello sorge all’incirca nell’ anno Mille come presidio fortificato longobardo, un gardingo ossia una torre di vedetta. Lo governano comandanti di origine longobarda, detti per il loro incarico capitanei, da cui captanei o cattani, titolo che diviene con il tempo patronimico della famiglia che per secoli avrà il possesso del castello, i Cattani.

Il gardingo evolve nell’alto medioevo in fortilizio e diviene uno dei due caposaldi principali della consorteria capeggiata dai signori di Combiate, ossia un’aggregazione di famiglie con vincoli di parentela e di solidarietà. La consorteria di Combiate ha ruolo non secondario nella spartizione del territorio mugellano nell’alto medioevo.

Il castello di Barberino viene assorbito nel corso del sec. XIII nell’orbita della Repubblica fiorentina e dal Libro di Montaperti si viene a sapere che nella lotta tra Guelfi e Ghibellini, Firenze guelfa se ne avvale contro le minacce degli Ubaldini, ghibellini, ponendo a presidio 60 uomini nel fortilizio allora controllato da messer Guinizingo da Barberino.

Nel 1269, l’inventario dei danni arrecati dai ghibellini, ci fornisce una prima descrizione del castello: è costituito di un palazzo con torre e di circa tredici case d’abitazione disposte lungo il perimetro murario, con vari abituri e baracche ad uso agricolo all’intorno.

Nel 1351 il castellano Niccolò di Baddino, forse per insofferenza del velato dominio esercitato da Firenze, fornisce appoggio logistico e uomini alle truppe viscontee nemiche della Repubblica fiorentina. Il castello, dalle cronache, è definito forte e ben munito. Il tradimento, al quale aderiscono anche i castelli di Latera, Villanova e Galliano, induce Firenze a disfare il fortilizio di Barberino, come quelli di Latera, Galliano e Marcoiano, senza però raderli al suolo.

Nel contempo la Repubblica potenzia il mercatale sorto a valle, primo nucleo del paese di Barberino, incentivando i commerci e gli insediamenti con facilitazioni fiscali e vi trasferisce da Mangona la residenza del podestà, a meglio sottolineare il definitivo controllo del luogo.

Il castello, sopravvissuto nelle sue strutture principali, conserva il perimetro delle mura, sbassate, al cui interno si ricostruiscono edifici d’abitazione.

La vocazione militare cede il passo alla funzione di residenza, secondo la generale tendenza che vede il Mugello, pacificato sotto il dominio di Firenze, passare nel corso del sec. XIV da terra feudale punteggiata di castelli a fertile contrada con vaste proprietà di famiglie spesso inurbate a Firenze.

I discendenti dell’antica Consorteria hanno ormai costituito distinti casati e l’appellativo Cattani dalla metà del Trecento si tramanda di padre in figlio divenendo cognome della famiglia che per cinque secoli avrà il possesso del castello.

La denominazione di Castello tuttavia non corrisponde ad un ruolo militare: il Castello di Barberino non parteciperà in modo attivo ai vari episodi bellici.

A metà Seicento il castello viene descritto come un’ “habitazione con mura intorno e fortificazione all’antica” e nel 1693 per la prima volta si trova abbinato al termine castello quello di villa a segnalare definitivamente il diverso uso degli edifici.

Nel ‘700 Il castello di Barberino è utilizzato come luogo di villeggiatura ma potendo ormai disporre di numerose ville di rilevanti dimensioni, come il Castello di Legri, la villa di Castelletti presso Signa, quella di San Leonardo al Galluzzo, i Cattani finiscono per disertare l’avita dimora di Barberino, dalla quale si rimuovono i pezzi d’arredo di maggior pregio, lasciando che prevalga su quella di villeggiatura la funzione agricola di centro amministrativo della vasta tenuta.

Ultimo discendente dei Cattani è Leopoldo al quale, ancora minorenne, perviene, nel 1830, un’eredità immobiliare ingente ma gravata da debiti ed ipoteche. Leopoldo muore senza figli, nel 1870, con lui si estingue la famiglia Cattani.

Da una perizia, stilata nel 1893, la proprietà di Barberino consiste in 17 poderi con varie case coloniche e appare immutata nella consistenza degli edifici, sempre più impoveriti negli arredi e in pessimo stato di manutenzione.

Nel 1913 il castello viene venduto alla famiglia Da Barberino, famiglia di antica origine, e dopo soli due anni, nel 1915, la proprietà viene acquistata dall’imprenditore di origine svizzera Luigi Dapples che incarica l’architetto Agenore Socini di un generale restauro del complesso.

Socini non altera la situazione planimetrica, salvo per alcuni adeguamenti igienici e distributivi, per la costruzione di un nuovo ambiente a veranda aperto sul giardino e per il rifacimento dei tetti. Il tutto per conformare l’antica villa al gusto e alle esigenze del tempo. Significativa è invece la sua opera sulle finiture interne con realizzazione di soffitti lignei a cassettoni e nuovi pavimenti, sostituzione di parti in pietra, nuovi caminetti monumentali.

Nella sala principale il caminetto è contrassegnato dallo stemma Dapples, presente anche a graffito sulla facciata sul cortile: spartito da una fascia trasversale con tre palle, reca ai lati due uccelli (forse quaglie o colombi). In facciata presente anche il noto epitaffio di origine greca: “Inveni portum” ad indicare forse l’approdo in un luogo amato.

Sugli esterni rispetta gli antichi e spessi muri di cinta in pietra del castello, limitandosi ad applicare sul vecchio intonaco delle facciate della villa verso il cortile un rivestimento a graffito pregevolmente eseguito dai due pittori decoratori che affiancano Socini nell’intervento, Amedeo Benini e Rotello Rotellini, entrambi noti al tempo per importanti interventi su edifici monumentali.

Le due torri, quella dell’orologio che sormonta la porta verso l’abitato di Barberino, e quella posta ad ovest a controllo della vallata, erano preesistenti. Nel 1807 questa seconda torre aveva funzioni di colombaia.

Socini interviene rialzando il tetto in una torre e rifacendo il coronamento a merli guelfi già esistenti, nell’altra.

I lavori sono svolti in tempi rapidissimi, soli due anni. Tutti coloro che vi partecipano, l’architetto, i muratori, lo scalpellino, il magnano, il falegname, i pittori, e i giardinieri, sono ricordati nella lapide commemorativa posta nel 1917 su un muro della gradonata che scende alla porta sotto la torre dell’orologio.

Interamente ideato da Agenore Socini è il giardino all’italiana che si dispiega sulle pendici meridionali del castello, in direzione dell’abitato di Barberino. I Dapples conservano il castello fino al 1935 quando decidono di vendere la tenuta.

Si susseguono i passaggi di proprietà finché il castello e le sue terre pervengono, negli anni Sessanta del Novecento, ai signori Aniello ed Elena Cassese, quindi alla famiglia che oggi ne è proprietaria.

Foto di Marta Magherini e Niccolò Zanieri

Bibliografia:

Il Castello di Barberino di Mugello, di Pozzana e Salomone

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