Il castello di Barberino viene assorbito nel corso del sec. XIII nell’orbita della Repubblica fiorentina e dal Libro di Montaperti si viene a sapere che nella lotta tra Guelfi e Ghibellini, Firenze guelfa se ne avvale contro le minacce degli Ubaldini, ghibellini, ponendo a presidio 60 uomini nel fortilizio allora controllato da messer Guinizingo da Barberino.
Nel 1269, l’inventario dei danni arrecati dai ghibellini, ci fornisce una prima descrizione del castello: è costituito di un palazzo con torre e di circa tredici case d’abitazione disposte lungo il perimetro murario, con vari abituri e baracche ad uso agricolo all’intorno.
Nel 1351 il castellano Niccolò di Baddino, forse per insofferenza del velato dominio esercitato da Firenze, fornisce appoggio logistico e uomini alle truppe viscontee nemiche della Repubblica fiorentina. Il castello, dalle cronache, è definito forte e ben munito. Il tradimento, al quale aderiscono anche i castelli di Latera, Villanova e Galliano, induce Firenze a disfare il fortilizio di Barberino, come quelli di Latera, Galliano e Marcoiano, senza però raderli al suolo.
Il castello, sopravvissuto nelle sue strutture principali, conserva il perimetro delle mura, sbassate, al cui interno si ricostruiscono edifici d’abitazione.
I discendenti dell’antica Consorteria hanno ormai costituito distinti casati e l’appellativo Cattani dalla metà del Trecento si tramanda di padre in figlio divenendo cognome della famiglia che per cinque secoli avrà il possesso del castello.
La denominazione di Castello tuttavia non corrisponde ad un ruolo militare: il Castello di Barberino non parteciperà in modo attivo ai vari episodi bellici.
A metà Seicento il castello viene descritto come un’ “habitazione con mura intorno e fortificazione all’antica” e nel 1693 per la prima volta si trova abbinato al termine castello quello di villa a segnalare definitivamente il diverso uso degli edifici.
Ultimo discendente dei Cattani è Leopoldo al quale, ancora minorenne, perviene, nel 1830, un’eredità immobiliare ingente ma gravata da debiti ed ipoteche. Leopoldo muore senza figli, nel 1870, con lui si estingue la famiglia Cattani.
Da una perizia, stilata nel 1893, la proprietà di Barberino consiste in 17 poderi con varie case coloniche e appare immutata nella consistenza degli edifici, sempre più impoveriti negli arredi e in pessimo stato di manutenzione.
Socini non altera la situazione planimetrica, salvo per alcuni adeguamenti igienici e distributivi, per la costruzione di un nuovo ambiente a veranda aperto sul giardino e per il rifacimento dei tetti. Il tutto per conformare l’antica villa al gusto e alle esigenze del tempo. Significativa è invece la sua opera sulle finiture interne con realizzazione di soffitti lignei a cassettoni e nuovi pavimenti, sostituzione di parti in pietra, nuovi caminetti monumentali.
Le due torri, quella dell’orologio che sormonta la porta verso l’abitato di Barberino, e quella posta ad ovest a controllo della vallata, erano preesistenti. Nel 1807 questa seconda torre aveva funzioni di colombaia.
Socini interviene rialzando il tetto in una torre e rifacendo il coronamento a merli guelfi già esistenti, nell’altra.
I lavori sono svolti in tempi rapidissimi, soli due anni. Tutti coloro che vi partecipano, l’architetto, i muratori, lo scalpellino, il magnano, il falegname, i pittori, e i giardinieri, sono ricordati nella lapide commemorativa posta nel 1917 su un muro della gradonata che scende alla porta sotto la torre dell’orologio.
Interamente ideato da Agenore Socini è il giardino all’italiana che si dispiega sulle pendici meridionali del castello, in direzione dell’abitato di Barberino. I Dapples conservano il castello fino al 1935 quando decidono di vendere la tenuta.
Foto di Marta Magherini e Niccolò Zanieri
Bibliografia:
Il Castello di Barberino di Mugello, di Pozzana e Salomone
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