di Massimo Biagioni
MUGELLO – Nell’anno del centenario dalla nascita (27 maggio) Mario Lancisi, già cronista di punta del Tirreno di Livorno, ha dato alle stampe la summa di tutti i suoi lavori su don Lorenzo Milani, con cui sta girando con successo tante località della Toscana. Ho avuto la fortuna di partecipare a molti suoi appuntamenti (non solo su don Milani, ma questo è un altro tema) e forse conviene premettere alcune modalità d’uso nell’avvicinarsi alla “Vita del profeta disobbediente” TS edizioni.
Primo: Mario ha esordito nel 1977, primo decennale dalla morte con “Allora don Milani fondò una scuola”, Coines, studiando e approfondendo il prete di Barbiana nel 1997 (Polistampa) sulla sua scuola, e nel 2007 (Piemme) sulla sua vita. Un trittico che si lega a “Processo all’obbedienza”, Laterza, 2006 e “Il segreto di don Milani”, Piemme 2002.
Non solo, un altro snodo fondamentale è rappresentato dal volume “Folli di Dio” edito nel 2020 dalla San Paolo che è la scenografia di fondo dove si svolgono gli eventi; se don Milani vive comunque di luce propria, il contesto – si sarebbe detto un tempo – ci ha messo molto del suo. Si tratta di mettere insieme gente in odore di santità, don Giulio Facibeni, Giorgio La Pira, Elia Dalla Costa, a personalità prorompenti come Ernesto Balducci, Davide Maria Turoldo e Enrico Bartoletti, a esperienze fortemente mistiche come Giovanni Vannucci, Luigi Rosadoni, Divo Barsotti, il missionario Renzo Rossi, il prof. Silvano Nistri, Gino Ciolini, animatore di San Marco, Corso Guicciardini, e politicamente più esposte come Alfredo Nesi – collaboratore di Piero Calamandrei e Enzo Enriques Agnoletti, e Bruno Borghi, primo prete operaio d’Italia. La Chiesa fiorentina di quel periodo poteva contare su una base anche di secondo piano di grande qualità, il Rettore Gino Bonanni, il cappellano delle carceri don Cubattoli, don Mazzi all’Isolotto, don Cesare Mazzoni a Dicomano, don Vittorio Vacchiano a Vicchio, don Corsinovi a Bovino, il futuro arcivescovo di Firenze Piovanelli con Raffaele Bensi, discreto padre spirituale di don Milani sempre presente e sempre nell’ombra. Di contorno le comunità, dalle Sinche a Rovezzano, la LEF, lo Stensen e i Cioneforum.
Una eccezionale pluralità che la Curia romana aveva deciso di disperdere per sconfiggere La Pira, il Sindaco Santo, per cui aveva mobilitato il vescovo di Udine incapace e goffo, assolutamente inadatto a gestire una così ricca comunità che è riuscita a germogliare ovunque. Una fase irripetuta e irripetibile che partì con il Concilio Vaticano II, tutt’oggi attuale e da attuare pienamente, che anticipò il movimento studentesco, il femminismo, il cambiamento dei costumi, le lotte dei lavoratori.
A partire da don Milani confinato a Barbiana, una chiesa destinata alla chiusura. Ma queste premesse devono solo aiutare la lettura del volume di Lacisi, chiaro, onesto, garbato, documentatissimo, che ha ripercorso dalla nascita la vita del priore, i primi anni, la conversione, l’assegnazione a San Donato (1947, dove visse il 18 aprile 1948 e la vittoria della DC con il sostegno della Chiesa che origina la magistrale lettera a Pipetta) e l’esilio a Barbiana nel 1954. Poi gli approfondimenti sui tre lavori della sua vita, Esperienze Pastorali (’58), L’obbedienza non è più una virtù, 1965, Lettera a una professoressa nel 1966. Da segnalare un intervento di Adele Corradi, insegnante del tempo alle scuole medie borghigiane e di Francuccio Gesualdi, che si è sempre tenuto lontano dal partecipare alle rievocazioni, pur essendo un allievo della prima ora, che viveva in casa del sacerdote, insieme al fratello Michele, che invece ha pubblicato parecchi libri su don Lorenzo. Non è possibile sintetizzare oltre 340 pagine senza scadere nella banalità, quindi evito limitandomi a sottolineare i temi su cui si possono trarre spunti di riflessione se non di vero e proprio esempio.
Nell’operato di una vita risplende una visione e un insegnamento laico e una propria fede ferrea; apparente contraddizione governata con sapienza da una intelligenza fuori dal comune; la parità tra maschio e femmina, con un femminismo ante litteram che lo portava a spedire ragazze (bambine di 14 anni) all’estero per imparare le lingue, in una sorta di Erasmus con quarant’anni di anticipo; la cultura e la scuola per avere gli strumenti per contrastare le ingiustizie; la politica per partecipare alla vita del paese e della propria comunità nel segno della Costituzione; il sindacato come mezzo di tutela degli ultimi (e non per la carriera); i valori universali, la costituzione, la libertà, uguaglianza, l’antifascismo; la disubbidienza civile, lo sciopero, la lotta, contro le leggi inique; il rispetto per non inculcare la fede cattolica anche se sarebbe stato ben felice di coccolarla.
Don Milani straordinariamente moderno e attuale, un fenomenale innovatore che, percependo la brevità del suo apostolato, aveva apparecchiato un caleidoscopio in grado di orientarci per decenni.
Ci voleva Papa Francesco a riprendere le esuli spoglie e riportarle a casa, in quella chiesa matrigna che il priore amava tanto, e in cui oggi si staglia possente la sua statura.
Comprate e meditate sul libro di Lancisi, e con l’occasione una rilettura delle tre opere di don Lorenzo. Il cuore e la mente ringrazieranno.
Oggi a Barbiana anche il Presidente Mattarella ha chiuso il cerchio con il sigillo laico restituendo totalmente l’onore al priore. Ma che non diventi un santino, un’icona pronta ad ogni uso strumentale. Perché lui sarebbe inflessibile fustigatore, contro quella borghesia, quel ceto privilegiato “che legge l’Espresso e Panorama”, verso cui don Milani indirizzò le sue invettive.
E oggi quel ceto era tutto riunito.
Sta tornando la contrapposizione tra Gianni e Pierino. In altre forme e in altre vesti, ma il risultato è il solito, sta a tutti noi lavorare e vigilare perché non tornino emarginati ed esclusi.
Massimo Biagioni
Massimo Biagioni © Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 28 Maggio 2023