MUGELLO – Dal 19 marzo nel chiostro grande della basilica della SS. Annunziata di Firenze saranno esposte circa 130 foto scattate personalmente dal sacerdote fiorentino don Renzo Rossi, estratte dal fondo documentario da lui raccolto nel corso della sua lunga vita (1925-2013). Oggi questo materiale è conservato negli Archivi di Cristiani nella Toscana del Novecento (Arcton) ed è stata proprio questa Associazione, insieme alla Fondazione La Pira, a promuovere la mostra dal titolo Don Renzo Rossi. Prete di Firenze, cittadino del mondo, col sostegno dell’Arcidiocesi di Firenze, Fondazione CR Firenze, Progetto Agata Smeralda ODV, Opera Fraternità Bahiana Onlus, Comunità Giovanile San Michele e col patrocinio del Comune di Firenze.

L’esposizione, curata da Andrea Fagioli, Carlotta Gentile e Piero Meucci, sarà visitabile fino al prossimo 3 aprile, a ingresso libero, dal lunedì al venerdì dalle 12 alle 18, il sabato e la domenica dalle 10 alle 18.

Chi era don Renzo Rossi? Un sacerdote “gioioso e obbediente” (definizione del cardinal Betori), sempre teso a condividere e alleviare le sofferenze dei poveri e dei perseguitati. A parere di tutti coloro che l’hanno conosciuto è stato davvero un esemplare testimone della vitalità della Chiesa fiorentina negli anni del secondo dopoguerra, segnati dal ministero episcopale di Elia Dalla Costa e dall’azione del sindaco Giorgio La Pira. Lo si capisce bene leggendo il libro scritto del giornalista Andrea Fagioli (Renzo Rossi, prete, edizioni Sarnus, pp. 144, euro 15) che ripercorre la sua operosa esistenza: la vocazione, l’entrata in seminario, l’ordinazione, le prime esperienze pastorali nelle parrocchie della periferia cittadina, accanto ai lavoratori del Gas di Rifredi e a quelli delle Ferrovie di Porta a Prato e infine, dal 1965, il lungo apostolato missionario in Brasile, tra i disperati delle favelas e i carcerati politici, oppure tra i poveri dell’India e del Mozambico.

Anche a Vicchio hanno conosciuto bene don Rossi: dal 1952 al 1955 fu parroco dell’isolata chiesa di Rossoio e cappellano del paese; tante volte è ritornato tra noi per commemorare preti scomparsi ai quali era tanto affezionato, il pievano don Vittorio Vacchiano, don Ermindo Corsinovi e soprattutto don Lorenzo Milani. Quando nell’ottobre 1954 l’allora priore di Barbiana, don Torquato Mugnaini, ottenne il trasferimento nei dintorni di Firenze, proprio don Rossi sarebbe dovuto andare a celebrare nella sede vacante la messa domenicale per i pochi fedeli rimasti. Ma dopo qualche settimana il vicario generale della diocesi di Firenze, monsignor Tirapani, lo convocò per dirgli che Barbiana sarebbe stata assegnata a don Milani perché «in quel momento non c’erano parrocchie libere adatte a lui». Don Rossi ci rimase male e scrisse subito una lettera di solidarietà all’amico, conosciuto negli anni del seminario, assicurandogli che a Vicchio sarebbe stato il benvenuto.

Riproduciamo la risposta di don Milani che trasuda profondo sconforto per le calunnie del clero e per i soprusi della Curia mettendo al tempo stesso in luce la sua incrollabile fedeltà alla Chiesa. Gli premeva di aver buoni rapporti con i preti del vicariato di Vicchio sapendo che la gente si sarebbe chiesta che cosa avesse mai combinato quel prete per esser confinato in un posto così sperduto.

L’allievo Michele Gesualdi racconta che la sera del 7 dicembre 1954 don Milani salì a piedi il ripido sentiero che portava a Barbiana mentre si scatenava un violento temporale; entrò bagnato e infreddolito nella chiesa illuminata solo da poche candele (acqua e luce non vi arrivavano) e si mise a pregare nell’ultima panca. Don Rossi ha testimoniato più volte che il nuovo priore di Barbiana, il giorno successivo al suo arrivo, scese a Vicchio e gli chiese di accompagnarlo in Comune perché voleva comprarsi subito una tomba nel piccolo cimitero della parrocchia, dimostrando la sua irrevocabile decisione di legarsi per la vita e per la morte ai suoi montanari. Un acquisto di un pezzo di terra in un cimitero comunale era ovviamente impossibile ma don Rossi comprese bene il messaggio dell’amico e rispose alla sua maniera, con una bella risata, dicendo: «Quanto sei bischero!».

Adriano Gasparrini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 19 marzo 2022

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