VICCHIO – Rispondo al recente articolo su “Il Filo” nel quale il pregiatissimo prof. Paolo Pirillo ha contestato il contenuto di un mio scritto sulla genesi dell’abitato di Vicchio (articolo qui).

Sono felice che l’esperto in questione, che stimo ma non conosco di persona, lo abbia letto e commentato e lo ringrazio per l’interesse; la cosa mi lusinga assai. Anzi, se ha il tempo di leggere altre cose che ho scritto potrebbe trovare altre incongruenze e darmi l’illuminato parere. Ne ho davvero tanto bisogno. Sono invece meno felice anzi, piuttosto contrariato dal fatto che sia a un certo punto scivolato sul personale e che, non conoscendomi, abbia fatto sia pur indirettamente allusioni gratuite. Mi riferisco a quando si dilunga sulla necessità di divulgare la storia in maniera “onesta”, senza “stravolgerla” per fantomatiche “motivazioni politiche” o altro, con “rispetto” per la Storia e per i mugellani che la leggono; tutto ciò facendo intendere tra le righe che io non ero tra questi eletti.

A parte la completa mancanza di stile di queste esternazioni, pure sproporzionate rispetto all’appunto mosso su un articoletto online, le rispedisco al mittente; chi mi conosce sa bene quanto tengo io al rispetto della storia del nostro territorio. Voglio poi sottolineare ai lettori che, un conto è dare un parere tecnico o un’interpretazione storica oggettiva, un altro è andare sul personale; ne poteva fare onestamente a meno.

Da parte mia, anche se mi prude tanto la lingua, non lo farò nei suoi confronti, sempre per quel “rispetto” di cui proprio lui, in maniera direi quanto meno singolare, pare imputare a me la mancanza. Entrando ora nello specifico, mi preme evidenziare due aspetti. In primo luogo, sui documenti citati (che si afferma non riferirsi a Vicchio di Mugello) va detto che su quello del 1218 potrei essermi pure sbagliato, anche se rimango alquanto dubbioso. Se però così fosse, faccio ammenda con i lettori; non sono infallibile e ce ne faremo una ragione, ma capirete che può succedere ai migliori, figurati a me! Sul secondo documento del 1044 sul quale (come si legge nel mio articolo) ho avuto dubbi anch’io, Pirillo deve tener presente che esistono autorevoli pareri totalmente diversi dal suo, come quello di Maria Elena Cortese (professore dell’Università di Genova, ricercatrice ed esperta di Storia Medievale) la quale nel libro “Signori, castelli, città” appare invece più allineata alla mia ipotesi (cfr. pag.326 dove recita “probabilmente Vicchio di Mugello”).

Va precisato, e l’esperto lo sa bene, che su questi lontani documenti storici zeppi di molti omonimi ogni parere, per quanto autorevole, è sovente opinabile, precario e arbitrario, e questo caso non fa eccezione. Per questo motivo l’esternazione di Pirillo su due pergamene che, come visto, sono di dubbia lettura mi ha sorpreso non poco, a meno che non ci siano sotto motivazioni legate a piccoli interessi locali. Vengo ora al secondo e ben più importante aspetto.

La lunga disquisizione sui vari “vicchi” nominati negli ingialliti documenti distoglie l’attenzione dall’argomento vero del mio testo che aveva una diversa rilevanza storica e sociale; rimarcare la preesistente esistenza di Vicchio rispetto alla ristrutturazione del 1324. Forse è colpa della mia eccessiva e scherzosa enfasi data a portinai e mura, cosa che talvolta faccio per rendere le vicende comprensibili al vasto pubblico. Sono, però, sicuro che Pirillo apprezzerà questo mio sforzo, visto che è il primo a dichiarare “la Storia non deve restare relegata – o peggio segregata – nei soli ed esclusivi ambiti accademici proprio perché è un patrimonio collettivo”. Eppure, il mio obiettivo principale era evidente e lo stesso Pirillo pare coglierlo (“la tesi dell’autore é che c’era già un primo nucleo urbano dell’antica Vico”).

Perciò, al di là di contestazioni valide ma a mio parere non decisive, sarei disonesto e irrispettoso solo se fosse smentita questa mia tesi. Lasciando dunque perdere le pergamene, dico che Firenze con la fondazione delle Terre Nuove in Mugello non agì in una campagna vuota e desolata, bensì in una terra viva, piena di borghi e affollati mercatali. E anche Vicchio non fece eccezione perché il paese nel 1324 non fu inventato di sana pianta ma solo “rifondato”. Basti pensare che il termine “Vico-Vicus”, molto diffuso in Italia, indica sovente la presenza di una borgata o un piccolo villaggio, cosa che per la nostra Vicchio è ancor più probabile data la vicinanza con l’antico passaggio sulla Sieve diventato ponte “serio” nel 1295.

Questa preesistenza del paese è ribadita da diversi autori tra cui Pierluigi Cantini il quale in “Origini del castello di Vicchio” dice che nel 1308 il podestà autorizzò “in loco qui dicitur Vicchio” (dunque un presidio già nomato) la costruzione di strutture meglio fortificate: “si trattava di circondare… un nucleo rurale già esistente”. Ma le sorprese non sono finite, perché proprio il Pirillo nel libro “Firenze e i centri di nuova fondazione della Toscana medievale” dice chiaramente che a Vicchio nel 1324 avvenne un “ampliamento del cerchio murario” confermando perciò che esistevano già le mura e ribadendo anche nell’appassionata contestazione l’esistenza della precedente fondazione: “..la prima fondazione di Vicchio (1292-1309) era sfuggita al controllo dei promotori..(omissis).. si dovettero attendere circa due decenni perché Firenze procedesse a una «nuova fondazione» (1324) anche se l’abitato progettato ai primi del secolo esisteva già e aveva anche conservato il palazzo comunale edificato fin dall’inizio”.

Dunque, si riveda pure la datazione, ma il concetto non cambia e viene confermato ciò che dicevo, ovvero che Vicchio molto prima del 1324 aveva già case, palazzi e cerchia muraria (e magari anche il mio amico portinaio). E il tutto trova allineato persino l’autorevole Pirillo; una vera sorpresa questa, ora sono più sollevato e felice. E pensare che al primo rigo di quest’articolo mi sentivo in torto, e chi l’avrebbe mai detto che all’ultimo rigo ci saremmo trovati d’accordo?

Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 12 Febbraio 2023

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