BORGO SAN LORENZO – Giovedì 12 dicembre, l’attrice Barbora Bobulova reciterà nello spettacolo “Anfitrione” al Teatro Giotto di Borgo San Lorenzo. Celebre per la propria versatilità, ha ricoperto ruoli completamente differenti fra loro. Da quanto ha riportato, emerge una profonda sensibilità e un attaccamento ai diritti delle donne e alla ricerca della verità.

Lei ha lavorato molto nel cinema e in televisione. Con Anfitrione invece si dedica al teatro. Quali sono le differenze fra i due mondi? C’è una grossa differenza fra il cinema e il teatro. Il cinema è un’arte collettiva, il cui risultato non dipende esclusivamente dagli attori. Il teatro dipende molto di più dagli attori, c’è più responsabilità, fare teatro è un mestiere. Per fare teatro servono più studio e più preparazione.

In “Cuore Sacro” di Ozpetek, lei recita una sorta di “spoliazione francescana”: ci viene presentata una santità tutta laica e femminile. C’è in questo un aspetto controcorrente rispetto al mondo odierno e quindi un messaggio attualizzante? “Cuore sacro” è forse il film più spirituale di Ozpetek: si mette al centro la profondità, è un’opera molto complicata. Il mondo, brutalmente detto, del denaro si scontra con il mondo spirituale. È questa la contraddizione più forte, che viviamo anche noi in questo periodo.

Ha interpretato anche Coco Chanel, in cui ci viene proposta un’idea di eleganza sobria e legata al concetto di comodità. Qual è, invece, la sua idea di eleganza? Ho avuto il privilegio di interpretare questa donna rivoluzionaria, che ha cambiato la moda, è stata colei che ha inventato la minigonna. Ho sempre ammirato questo tipo di donne, quelle che mettono la libertà al primo posto. La libertà è importante e va manifestata in modo elegante. È questa l’idea di eleganza che contraddistingue Coco Chanel e che piacerebbe avere anche a me.

Un’altra biografia in cui si è cimentata è quella della regina Maria Josè: quali sono i pregi o i rischi di portare sulla scena vite di personaggi realmente esistiti? È certamente più difficile portare sullo schermo personaggi esistiti. In questo caso, l’attore si scontra con il reale, il che è un po’ più limitante. Bisogna attenersi molto ai fatti, al modo di essere della persona, al suo look, ad esempio. Io mi sono documentata molto sulla storia della famiglia dei Savoia e, in particolare, dell’ultima regina, così ho avuto meno difficoltà. Io e Maria Josè avevamo in comune il fatto di essere straniere.

In “Anche Libero va bene” lei interpreta Stefania, una madre che non riesce a trovare la propria dimensione nel mondo e nella famiglia e, nel giudicarla, non le viene fatto il minimo sconto. Eppure, nella condanna, emerge una certa compassione. Tale compassione può essere una lettura corretta di un disagio che neppure Stefania riesce ad esprimere? Stefania è un personaggio ingrato. Quando si devono interpretare questi personaggi, il compito dell’attore non è tanto interpretarli, quanto difenderli di fronte al pubblico. Qui vediamo una donna che non sa fare la madre e per questo viene messa in croce da tutti. Interpretarla è stato molto faticoso, mi faceva tenerezza, capivo che aveva bisogno di aiuto. Io credo che non si nasca per diventare madri, non è facile. Ci sono donne che non ci riescono e soffrono per questo, perché non ce la fanno a dare ai figli quello che vorrebbero. Queste persone vengono condannate dalla società. Stefania era una donna infelice, l’avrei abbracciata, sentivo il bisogno di aiutarla io stessa.

A tal proposito, il 25 novembre è stata la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Lei ha anche recitato nel film “Helena e Glory”, appartenente al ciclo “Mai per amore”, appunto su questo tema. Oggi, fortunatamente, sono stati raggiunti tanti diritti, ma c’è ancora molto da lottare. In quale ambito, secondo lei, c’è più da lavorare? Siamo molto lontani da una parità fra uomo e donna. Mia figlia fa la quinta elementare e l’altro giorno è tornata da scuola e mi ha detto “Mamma, un mio compagno di classe mi ha detto che le donne devono solo fare i figli”. Queste non sono le parole di un bambino, qualcuno gli ha inculcato questi pensieri e ciò è spaventoso. È questa mentalità che va cambiata.

Lei ha interpretato personaggi di ogni tipo: si spazia dalla donna in carriera, alla regina, a una donna sola… c’è invece un altro personaggio che le piacerebbe interpretare? Io mi considero molto fortunata ad aver spaziato così tanti personaggi. In Italia c’è spesso la tendenza ad etichettare un attore con un tipo di personaggio, quello che gli si confà di più. Io sono felice di aver sperimentato tutti questi caratteri diversi. Mi manca un serial killer, questo mi piacerebbe interpretare… Così potrei dare sfogo a tutta la mia rabbia e liberarmene, una sorta di catarsi.

Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 9 dicembre 2019

 

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