FIRENZUOLA – La chiesa di Brentosanico (qui un articolo sul vecchio borgo) è dedicata a San Biagio ed era suffraganea della Pieve di San Giovanni Decollato a Camaggiore. Secondo il Santoni la chiesa esiste dal 1506, anche se le caratteristiche architettoniche ce la fanno apparire assai più antica. Nel 1684, forse per la prima volta nella sua storia, Brento ricevette una visita pastorale da parte dell’arcivescovo fiorentino Iacopo Morigia; dopo, per molto tempo, nessun presule si avventurò fin lassù, preferendo mandare un canonico in sua rappresentanza.
Bisognerà aspettare fino al 16 luglio del 1861 per vedere nuovamente apparire dalla erta mulattiera un arcivescovo: Gioacchino Limberti, infatti, non si tirò indietro per una visita a questa sperduta parrocchia. Una breve impressione della giornata ce la riporta il canonico Guido Palagi, che faceva parte del seguito: “Verso mezzogiorno salimmo alla chiesa di Brento, dov’è il bravo parroco Biondi, che ha rinnovata tutta la chiesa. Se fossi pittore, dipingerei la bella posizione di questa chiesa; ma con parole non so farlo. Massi, roccie, alberi, e belle coltivazioni, sormontate da tre o quattro monti acuminati, che sembran piramidi; non so dire altro. Qui pranzammo, e dopo pranzo facemmo la visita, e poi scendemmo a piedi fino al Santerno, con gran fatica di piante e di ginocchia, ritornammo a Ca’ Maggiore.”
La terza domenica di maggio si teneva una festa dedicata alla Madonna del Buon Consiglio, nella quale si portava in processione un quadro che la raffigurava, acquistato nel 1771 e donato alla chiesa da Iacopo Farferi. Nel gennaio 1845 la parrocchia risulta nell’elenco delle donazioni, in favore delle famiglie bisognose fiorentine danneggiate dall’alluvione dell’Arno del 3 novembre 1844, con la cifra di una lira e sei soldi.
Nel 1860 il parroco don Giovanni Battista Biondi rifece completamente la chiesa, fu probabilmente in quel momento che vennero costruite le volte e perlomeno parte delle decorazioni. Don Biondi, morto nel 1786, fu l’ultimo parroco residente, dopodiché i servizi religiosi furono eseguiti da vicari spirituali scelti tra gli alunni e insegnanti del seminario di Firenzuola o tra i parroci vicini.
Ulteriori restauri vennero eseguiti da don Giuseppe Renieri tra il 1917 e il 1919, in quest’ultimo anno soprattutto per riparare i danni dovuti al terremoto.
La chiesa presenta caratteristiche romaniche specialmente nella parte absidale, conserva un campaniletto a vela privo delle campane. All’interno erano degli affreschi quattro-cinquecenteschi ormai completamente deteriorati. Permangono le decorazioni eseguite probabilmente in occasione dei restauri otto novecenteschi, molto suggestiva è la falsa cupola di un bel colore azzurro con al centro una croce greca. Alcune colonne dipinte in bicromia dividono l’aula centrale da due piccole navatelle laterali.
All’interno della chiesa vi erano alcuni oggetti d’arte, trasferiti, al momento dell’abbandono, in luoghi più sicuri: “una reliquia di San Giovanni Grisostomo in un bel vasetto di cristallo con l’arme Imperiale, e donata a detta chiesa da Monsignore Martini”, come testimonia Luigi Santoni nel suo Notizie storiche riguardanti le chiese dell’Arci-Diocesi di Firenze.
Don Stefano Casini elenca: un calice in rame lavorato del XVI secolo; una croce processionale in rame con figura di Gesù, emblemi dei quattro evangelisti, mezza figura di un Santo Vescovo e altre figure graffite, risalente al secolo XIV; una bella cornice cinquecentesca con all’interno una modesta crocifissione di scuola fiorentina; “un tabernacoletto in pietra murato alla sinistra dell’Altar Maggiore. Questo ha i due pilastretti larghi e bassi con capitelli corinzi, i quali esibiscono un motivo ornamentale ad alette con due ghiande in cima. In piano corre un ornamento a dentellini con foglie sotto il suo timpano intrecciate che formano un fregio originale. Nel timpano sta il nome di Gesù con un’iscrizione di lettere iniziali di rozza grafia, da cui di chiaro non rilevasi che l’anno 1530” (di questo è allegata una foto degli anni 60, tratta dal Catalogo dei beni culturali italiani).
L’ultimo abitante di Brentosanico se ne andò nel 1963; la parrocchia era già stata accorpata a quella di San Pellegrino. A Brento è ambientato anche un racconto dello scrittore di Cornacchiaia Tito Casini; si intitola “I brentani e l’agnello” ed è pubblicato nel libro “Il pane sotto la neve”.
Sergio Moncelli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 24 Febbraio 2025