La bestemmia è rifarsi in Francia, con gli interessi. Vincere tra i galli non è impresa da poco. Cesare, Bismarck, Bottecchia, Bartali, Fausto, sono un pugno di eroi quelli che ce l’hanno fatta. Gastone a ogni vittoria aggiunge un soprannome: Mistero perché parla poco, Leone del Mugello perché è nato qui, il ‘fusto di Firenze’ sulla stampa francese, e non spiego perché. Io preferisco Nuvola Gialla. Mi ricorda gli indiani d’America, la loro tenacia, il non arrendersi mai.
Il Tour è una maledetta roulette. Ci sono tutti i migliori, c’è soprattutto Riviere, recordman dell’ora, il simbolo della Francia risorta assieme a Bobet. Cadrà alle spalle di Gastone in una folle discesa, per tenere le ruote, e chiuderà la carriera nella disperazione.
Ma il Tour del ’60 è approdato alla storia per un’altra ragione. De Gaulle. Il presidente è sotto attacco dell’Oas per aver restituito l’Algeria agli algerini, si fa vedere poco in pubblico, teme attentati. E invece quel giorno, a due tappe dall’arrivo a Parigi, al Parco dei Principi, si butta sulla strada a Colombey. La corsa si ferma, lo omaggia. Lui fruga nel gruppo, stringe la mano a Gastone, sussurra: ‘Meritate la vittoria’. Nencini balbetta un ‘Merci’, si presenta smontando di sella. Non era mai successo che un Presidente della Repubblica, nel doppio petto delle grandi occasioni, si mescolasse all’avvenimento sportivo che Hemingway riteneva il più bello del mondo.
Al Parco dei Principi Gastone consegnò la bicicletta al meccanico, regalò i fiori a Riviere, si buttò a terra felice e distrutto. Appoggiato a una transenna si gustò la sua sigaretta quotidiana.
Aveva vinto un carattere.
Riccardo Nencini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 17 novembre 2019