Oratorio di Santa Maria in Valdastra – Interno

MUGELLO – Finora le guide e gli studi sulla presenza dei Chini in Mugello assegnavano a Pietro Alessio Chini gli affreschi della cappella di Valdastra (volta affrescata a finta cupola e chiaroscuri raffiguranti due beati dell’Ordine dei Servi di Maria), e realizzati intorno al 1824. In realtà furono realizzati un secolo prima da Antonio Domenico Bamberini (1666-1741), verso l’anno 1725. Lo evidenzia, dopo un’attenta ricerca, fra Stefano M. Viliani, originario di Bivigliano e che ora vive a Roma: Viliani ha ritrovato nell’archivio generale dell’Ordine la documentazione dell’intervento, e per questo ha scritto per “Il Filo” un approfondito articolo, evidenziando come anche l’analisi stilistica confermi l’attribuzione. “Chini – nota Viliani – probabilmente è intervenuto nella cappella decorando le pareti con cartigli riportanti l’antifona mariana “Maria Mater Gratiae”, ma non certamente con questi affreschi: non è il suo stile e lui è più un decoratore, con caratteri inequivocabili”.

 

La Villa di Valdastra con il suo oratorio, prima di passare in mano a privati a seguito della soppressione degli Ordini religiosi avvenuta nella seconda metà dell’Ottocento, era di proprietà dei frati Servi di Maria di Monte Senario. Questi l’avevano a loro volta acquistata nel 1629 da un ramo collaterale dei Medici e l’avevano trasformata in “grangia”, ovvero azienda produttiva a corredo dell’eremo.

Nuove ricerche d’archivio hanno permesso di fare luce su un capitolo di questa presenza, in riferimento al patrimonio artistico di cui è dotata e di cui è ricco il nostro Mugello. In particolare nell’archivio dell’Ordine a Roma si conserva un prezioso codice cartaceo redatto alla metà del Settecento, di oltre millecento pagine e corredato da disegni a china, intitolato Memorie dell’origine et progressi degli Eremi della Congregazione di Monte Senario dell’Ordine dei Servi di Maria Vergine.

Nelle pagine che trattano di Valdastra si afferma che nel 1723 i frati riuniti in capitolo decretarono di ampliare l’oratorio, arretrando l’altare della Madonna e costruendo le due cappelle laterali. La struttura venne dotata anche dell’elegante portico esterno ad archi ribassati che ancora oggi circonda l’edificio su tre lati. Insieme ai lavori di ampliamento e di ricollocazione dell’immagine taumaturgica della Vergine, che occuparono lo spazio di due anni, venne deciso di abbellire la cappella con quadri per gli altari laterali e la volta del presbiterio con pittura a fresco (Ibidem, pp. 698-699). A tale scopo i frati ricorsero all’abile pennello di Antonio Domenico Bamberini (1666-1741), pittore attivo in Toscana che già si era distinto per aver decorato numerosi luoghi di culto, particolarmente esperto nell’affrescare volte e cupole, e per il quale è possibile rintracciare un particolare legame con l’Ordine dei Servi.

Si tratta di un artista appartenente a pieno titolo al barocco toscano, iscritto all’Accademia del Disegno già nel 1684 e formatosi inizialmente alla bottega di Simone Pignoni (1611-1698), per poi diventare collaboratore di Pier Dandini (1646- 1712). Se il Bamberini realizza le prime opere a Firenze, successivamente risulta particolarmente attivo nella zona del pisano ed in particolare a San Miniato: è qui che la vicenda biografica del nostro pittore si intreccia con l’Ordine dei Servi di santa Maria.

A San Miniato “al Tedesco” venne chiamato tra il 1710 e il 1714 da Giovanni Francesco Poggi († 1719), già priore generale dei Servi e vescovo di quella diocesi dal 1703, il quale stava compiendo una vasta opera di restauro del duomo, perseguendo un preciso disegno catechetico visivo attraverso l’arte, tipico degli sforzi pastorali dell’epoca. Da dire che il Poggi è figura certamente legata a Monte Senario, anche dopo la sua nomina vescovile: fu lui che nel 1715 consacrò la rinnovata chiesa dell’eremo.

Soprattutto però risulta evidente il suo legame con Valdastra, se si considera che per intercessione della Madonna di Valdastra qualche anno prima era stato risparmiato da una rovinosa caduta. Non è un caso quindi che gli Eremiti del Senario, per portare a termine la loro opera di rinnovamento dell’oratorio di Valdastra, ricorsero al Bamberini il quale «compì tutta l’opera nel termine di giorni quarantuno, e fu ammirata da ognuno la sua diligenza, e la sua prestezza» (Ibidem, p. 699) come annota il cronista dell’epoca.

In particolare l’artista fiorentino decorò la volta a vela sopra l’altar maggiore con elementi architettonici che creavano l’effetto ottico di una cupola con pennacchi, opera che in un recente passato era stata attribuita a Pietro Alessio Chini (I Chini a Borgo San Lorenzo), senza però convincere affatto all’analisi stilistica, probabile decoratore invece delle pareti laterali corredate di cartigli con antifona mariana.

Eterno in gloria con angeli e cherubini – Fin qui attribuito a Pietro Alessio Chini – 1824, ora invece a Antonio Domenico Bamberini (1666-1741)

La finta cupola venne quindi affrescata dal Bamberini con l’Eterno Padre in gloria che sta con lo scettro steso sul globo, segno della sua onnipotenza, contornato di angeli e cherubini festanti, sopra il quale aleggia la colomba dello Spirito Santo nello sfondo di un sole che irrompe in un cielo animato da nubi. Illusioni di spazi che non esistono, effetti di profondità in pareti piatte e limiti di altezze superati in coperture affrescate che si stagliano verso l’infinito: siamo di fronte a quel linguaggio teatrale messo in campo nel mondo cattolico a partire dalla Controriforma, che attraverso l’illusionismo ottico del barocco cercava di far leva sul meraviglioso per stimolare sensi ed emozioni dei fedeli e convincerli, attraverso lo stupore, che la dottrina cattolica era l’unica, dopo l’epoca della Riforma protestante, che veicolava le autentiche verità di fede.

Nel Bamberini tutto questo è compreso nel precedente tipologico rintracciabile nel duomo di San Miniato, dove è mirabilmente rappresentato un San Filippo Benizi portato in gloria davanti a Cristo, nella volta della cappella dedicata al santo. A Valdastra il Bamberini, diversamente dalla tecnica utilizzata per decorare la falsa cupola, nei pennacchi mise in atto il grisaille per raffigurare i quattro soggetti corrispondenti ad alcune tra le principali feste mariane celebrate nel calendario liturgico tridentino: la Concezione (8 dicembre), l’Annunciazione (25 marzo), la Visitazione (2 luglio), l’Assunta (15 agosto).

Bamberini – Santuario SS. Crocifisso San Miniato

Risulta evidente qui una tipologia cara al nostro artista, che ancora una volta nel duomo di San Miniato aveva utilizzato questa tecnica del chiaroscuro nella cappella di San Filippo Benizi per rappresentare alcune figure allegoriche delle virtù del santo (Fede, Penitenza, Purezza, Mansuetudine, Carità), o nella cappella di San Francesco di Paola per gli ovati con figure di santi (Carlo Borromeo e Luigi Gonzaga), o in quella di Santa Maria Maddalena de Pazzi per alcuni episodi della vita della santa (Guarigione di una consorella ed Esequie).

Tutto questo solo per citare quegli interventi nel duomo samminiatese che assicurarono al Bamberini una fama anche dopo la morte del vescovo Poggi, ai quali però è possibile affiancare anche altri soggetti in chiaroscuro raffigurati nella chiesa di San Domenico e nell’oratorio del Santissimo Crocifisso sempre a San Miniato, oppure nella Pieve di Santa Maria Novella a Marti di Montopoli in Val d’Arno.

Delle tele degli altari laterali di Valdastra, anch’esse opera del Bamberini, purtroppo non ne rimane traccia: forse sottratte nei periodi di semiabbandono che ha attraversato la cappella, forse lacerate dall’umidità e rovinate dal tempo. I soggetti erano quasi d’obbligo. Il primo è San Filippo Benizi († 1285), considerato il santo per eccellenza dei Servi di santa Maria, la cui fama per lungo tempo ha superato quella dei Fondatori dell’Ordine, affiancato da Santa Giuliana Falconieri (XIII sec.), tradizionalmente ritenuta la fondatrice delle Serve di santa Maria, e da altri due beati dei Servi: Gioacchino da Siena († 1305) e Pellegrino Laziosi da Forlì († 1345). L’altro altare era invece corredato dal quadro raffigurante i Sette primi Padri, nella tradizionale immagine che li raffigura nel momento in cui sul Monte Senario ricevono l’abito dei Servi da parte della Vergine Addolorata.

Degni di nota sono però i soggetti dei due affreschi a grisaille che ancora si possono ammirare sulla parete di fondo del presbiterio, «le quali pitture ingannano l’occhio disguardante, mentre sembrano per l’arte con cui sono lavorate, propriamente di bassorilievo» (Ibidem, p. 702). Anche qui, dove la tecnica del chiaroscuro vuole creare l’illusione di trovarsi di fronte a statue di marmo poste su finti piedistalli che sembrano staccarsi dalla parete di fondo, l’accostamento con analoghi soggetti del Bamberini è inevitabile: si vedano a tale proposito le due figure di sante (Barbara e Agata) poste ai lati dell’altare della cappella di Santa Maria Maddalena dei Pazzi nel più volte ricordato duomo di San Miniato, che sembra proprio rappresentare un prototipo per gli interventi bamberiniani a Valdastra.

Bamberini – Santuario SS. Crocifisso San Miniato

Nel nostro oratorio le due figure affiancano l’altare della Madonna, una posizione quasi a voler indicare il loro compito di vegliare sulla cara immagine. Si tratta di due figure strettamente legate a Monte Senario e altrettanto connesse con quella sensibilità per la custodia della creato che caratterizzava gli eremiti.

Beato Ubaldo Adimari – Oratorio di Valdastra – di Antonio Domenico Bamberini (1725)

La prima di queste, affrescata a sinistra dell’altare, rappresenta il Beato Ubaldo († 1315) che con le mani regge lo scapolare colmo di acqua, mentre ai piedi si nota una brocca rotta, a ricordo del prodigio che gli è attribuito: secondo la tradizione fra Ubaldo, durante la sua permanenza a Monte Senario, si sarebbe recato come suo solito a prendere l’acqua per le necessità del convento alla fonte che si trova sul versante mugellano del monte, fonte scaturita per le preghiere di san Filippo e che ancora oggi sgorga in mezzo ad una radura del fitto bosco. Mentre stava risalendo il ripido sentiero gli sarebbe scivolata di mano la brocca colma d’acqua, rompendosi. Essendo vicina l’ora del pasto e temendo di fare tardi alla mensa che già vedeva radunati i frati, Ubaldo avrebbe così deciso di correre ai ripari come poteva, riempendo d’acqua quella parte davanti dell’abito detta “scapolare” o “pazienza”: miracolosamente la stoffa avrebbe trattenuto l’acqua manifestando ancora una volta il favore della natura verso il santo frate. Ancora oggi a metà del sentiero che dal convento conduce alla fonte di san Filippo, si trova una croce in legno che segna il punto dove si sarebbe rotto il recipiente di coccio al beato Ubaldo.

Beato Giovanni Angelo Porro – – Oratorio di Valdastra – di Antonio Domenico Bamberini (1725)

La seconda figura in chiaroscuro sulla destra dell’altare della Madonna raffigura il Beato Giovannangelo Porro († 1506), detto anche Giovanni dal Monte per la sua lunga permanenza sul Senario, nell’atto di tenere nella mano sinistra un grappolo d’uva, mentre la destra è alzata in segno di benedizione. L’episodio al quale allude la scena affrescata a Valdastra è ambientato nell’orto dei frati di Milano. Si narra che un giorno fra Giovannangelo, mentre passeggiava, notò nella vigna un bel grappolo d’uva che sembrava maturo e ne approfittò per assaggiarlo. Mentre staccava il grappolo vide però due frati che a distanza stavano mormorando, lamentandosi per quella sua licenza. Fu così che il santo frate, anziché controbattere alle loro lamentele e al fine di mantenere la pace nel convento, avrebbe tracciato un bel segno di croce sul grappolo, riattaccandolo alla vite affinché potesse continuare a maturare a beneficio di tutti.

Quindi entrambi gli episodi raffigurati vogliono dirci una sintonia tale con il creato da poter superare le leggi stesse della natura, quale segno di una speciale benevolenza riservata a questi santi frati, innamorati di Dio e delle creature.

Protagoniste due figure che nell’Ordine si erano distinte per la loro vocazione eremitica realizzata sul Monte Senario, ideale di vita che ha attraversato i Servi in tutta la sua storia e che si è concretizzato in modo speciale proprio negli Eremiti di Monte Senario.

Fra Stefano M. Viliani 
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 21 novembre 2021

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