
VAGLIA – I ritrovamenti relativamente recenti di reperti databili al III-IV secolo d.C. emersi nel podere di Massapaia nell’area di Coiano, lasciano intuire con certezza una discreta attività umana nel territorio di Vaglia già nell’epoca Imperiale. Tuttavia, gli ultimi studi sulla toponomastica locale indicherebbero in Ualia (Vaglia) un termine di chiara matrice etrusca. La conferma a questa ipotesi sarebbe determinata dai caratteri tipici di altri toponimi locali come Ono, Trini, Mensola, Maianico, tutti termini il cui studio glottologico riconduce inevitabilmente al periodo etrusco e alla storia precedente la nascita di Cristo.
Un contesto storico molto ampio dunque, durante il quale tutto il territorio di Vaglia si sarebbe manifestato come elemento essenziale per lo sviluppo sociale ed economico dell’intera valle mugellana.
L’antichissimo reticolo viario che lo attraversava consentiva infatti i collegamenti con la periferia fiorentina e al contempo quelli con le zone commerciali più importanti della Val di Sieve. Dall’Uccellatoio transitavano le strade per il Monte Morello che degradavano nell’area sestese delle Val di Marina e Marinella, mentre da Fiesole, superati Festigliano e Bivigliano il tracciato passando per la Valcava, scendeva nell’area di Vicchio per raggiungere infine le zone più lontane della Bassa Sieve. San Michele alle Macchie, in prossimità di Fontebuona, era invece il riferimento locale sulla strada forse più importante di ogni tempo, continuamente trasformata ed adattata alle esigenze del momento, rimasta anche ai nostri giorni come la più conosciuta e transitata.
Come altri in Mugello, anche il territorio di Vaglia dovette subire il lungo e tenebroso periodo medievale con le invasioni dei popoli nordici e le insopportabili angherie che quei feudatari avrebbero imposto. Solo verso il settimo-ottavo secolo, l’avvento del Cristianesimo e l’affievolirsi del potere comitale avrebbero gradualmente determinato la crescita e l’affermazione della chiesa fiorentina, rendendo il vescovo come unico e indiscusso signore della zona.
Pian piano il paganesimo, sorretto da ataviche credenze legate alle divinità e al culto della natura, avrebbe lasciato spazio alla crescita del nuovo pensiero cristiano e insieme a questo fenomeno inarrestabile si sarebbero costruiti superbi e maestosi luoghi di culto come le pievi, spesso dedicati a San Pietro, simbolo terreno del Cristo.
Anche se non esistono documenti ufficiali, alcune concomitanze storiche e particolari studi d’archivio sostenuti in passato lasciano supporre con poche probabilità di errore che le origini della pieve di San Pietro a Vaglia siano collocabili almeno nell’ottavo secolo. Senza dubbio la pieve rappresenta comunque uno degli esempi di architettura sacra fra i più antichi ancora presenti in Mugello. Storicamente il documento più datato che la riguarda è un privilegio rogato nel gennaio del 983 con il quale l’imperatore Ottone II ne confermava i possessi alla Canonica fiorentina, pertinenze nuovamente confermate poi anche nella bolla di Gregorigo VII del 1076. Per la sua posizione geografica, fin dall’inizio la pieve si rivelò d’importanza basilare nel primitivo impianto censuario della mensa vescovile cittadina, riferimento sociale e spirituale di una comunità in continua crescita che la identificava come proprio luogo di appartenenza e sopperiva anche materialmente ad ogni esigenza di carattere conservativo strutturale. Di certo possiamo asserire che le ristrutturazioni dell’edificio devono aver mostrato in antico cadenze abbastanza frequenti, privandoci oggi di qualsiasi elemento costruttivo originale.
Storici del nostro tempo vorrebbero un ambiente di culto primitivo più contenuto dell’attuale ma articolato su tre navate delimitate da colonnati, con spazi che occupavano l’attuale cappella della Compagnia, il corridoio laterale e la sacrestia. Un aspetto che forse avrebbe mutato la propria identità strutturale già con il restauro del 1337, per proseguire poi con un analogo intervento apportato sul finire del Cinquecento.
La struttura che vediamo oggi è frutto del restauro avvenuto tra il 1786 e il 1789 e si presenta con un campanile a torre quadrangolare articolato secondo due ordini di fornici con archetti semicircolari. La facciata in bozze di alberese a vista, si prospetta su di un ampio piazzale ed è preceduta da un porticato con tre arcate a tutto sesto, a sua volta sormontato da un finestrone rettangolare con vetrata policroma.
Sopra la porta d’ingresso è posta una bella lunetta a mosaico di foggia bizantina con la figura benedicente di San Pietro che sorregge la pieve, simbolo della comunità, chiaro riferimento alla scritta che in arco recita SANCTE PETRE VALIAM PROTEGE. Sempre nel pronao, a sinistra dell’ingresso, è il sacrario in ceramica policroma di Tito Chini, apposto nel 1920 in ricordo dei caduti della Grande Guerra.
L’interno è luminoso, ad unica navata, coperto a due spioventi con capriate lignee. Sopra l’ingresso è la cantoria sorretta da colonne ioniche e recante la data AD. MDCCCXLIV. Sotto il loggiato della cantoria, a destra dell’ingresso, resta ancora intuibile il narcete, lo spazio riservato in antico ai catecumeni, unico simbolo in Mugello del periodo paleocristiano.
Sulla sinistra dell’ingresso si trova invece il Fonte Battesimale, opera in pietra e marmo di Carrara, impreziosita da frammenti ceramici di scuola robbiana, con la figura di un cherubino bianco e festoni policromi di frutta e fiori.
Le pareti dell’aula compaiono adorne di fregi e stucchi, con ampi medaglioni ovali recanti una croce centrale, simbolo della Mensa Episcopale Fiorentina.
Sulla parete in Cornu Epistolae, racchiusa in una piccola cornice dorata si conserva un’immagine antica della “Madonna del Buonconsiglio”, dipinto recentemente restaurato estremamente caro alla devozione popolare. Ancora sull’altare di destra è stata ricollocata la ricomposta pala d’altare robbiana appartenuta alla chiesa di Santo Stefano a Pescina. Il restauro di quest’opera, concluso nel 2011, ha permesso la ricomposizione parziale del manufatto eseguito da Giovanni della Robbia nei primi anni del Cinquecento.
In parte trafugata agli inizi del secolo scorso, la pala tripartita raffigura la scena della Natività con ai lati le figure in altorilievo dei Santi Lorenzo e Stefano. Ornano la pala elementi classici con capitelli e motivi a rilievo; nella predella le figure di altri Santi e gli stemmi laterali delle famiglie cittadine dei Pazzi e dei Davanzati.
Ai piedi dell’altare, da poco restituita alla pieve dagli organi di restauro della Soprintendenza, è momentaneamente sistemata una bella scultura settecentesca a grandezza naturale del “Cristo Deposto”.
Sull’altare opposto, in Cornu Evangelii è collocata invece una splendida “Madonna del Rosario”, olio su tela dipinto da Piero Confortini nel 1609 su commissione della famiglia Saltini. Sotto i quindici misteri la Vergine è assisa in gloria fra uno stuolo di cherubini. Più in basso le immagini di San Pietro e San Giovanni Battista che precedono a sinistra le figure di San Domenico e Antonio Saltini e a destra quelle di Giovanna e Cornelia Saltini.
Una balaustra di pietra divide l’aula dal presbiterio con l’Altar Maggiore orientato ancora secondo le norme precedenti le riforme del Concilio Vaticano II. Al centro della mensa, sopra il tabernacolo, il solenne Crocifisso brunito realizzato dal Giambologna e sopra le travi laterali dei portali che danno accesso al coro, i busti lignei di San Pietro e San Paolo eseguiti dallo stesso artista.
Nel coro, sulla parete absidale, campeggia la grande tela raffigurante “Gesù nell’Orto del Getsemani”, opera attribuibile alla scuola di Matteo Rosselli.
Nell’aula, sulla parete destra in prossimità del presbiterio, si apre l’accesso alla cappella della Compagnia intitolata alla Vergine delle Nevi, sodalizio costituito sul finire del Cinquecento. L’ambiente è contenuto, coperto con volta a botte e raccolto attorno ad un piccolo altare di pietra che accoglie il quadro della “Vergine delle Nevi”, opera cinquecentesca di autore ignoto rappresentante la Madonna col Bambino, San Pietro, San Giovanni Battista e San Gregorio Magno.
Altre opere di notevole pregio artistico si conservano in sacrestia. Fra queste è da segnalare, sopra il bancone, l’immagine a fondo oro della “Madonna col Bambino”; scuola fiorentina del XIV secolo, ambito di Filippo Benivieni. Sempre in sacrestia si può ammirare un magnifico reliquiario d’ebano con colonnette di granaglia e statuette in bronzo.
Vi si conserva una reliquia della Santa Croce, parte del bastone di San Francesco ed altre reliquie. L’oggetto fa parte di un notevole corredo di oggetti sacri che Angelo Nardi, pittore nativo di Vaglia e operante alla Corte di Spagna, aveva inviato in omaggio alla pieve di San Pietro nel 1647. Il ricco corredo composto da preziosi oggetti di culto in argento e suppellettili, era giunto a Vaglia in un robusto forziere di noce rivestito da una lamina di ferro e chiuso con tre serrature; un oggetto particolare ancora custodito in sacrestia.
Ancora nella stessa stanza si conservano due campane appartenute alla pieve da tempo immemorabile. La più antica, donata dal vescovo Ildebrando reca la data 1230, mentre la seconda fusa nel 1310 porta il nome dei Pucci, maestri campanari fiorentini.
Negli ambienti della canonica si conservano infine altre opere pittoriche importanti come l’”Adorazione di Sant’Antonio Abate e di Sant’Antonio da Padova, di anonimo, dipinto del XVII secolo e un “San Giovanni Decollato” attribuito a Bernardino Barbatelli. Di particolare interesse una raccolta di dipinti conservati in canonica ma ancor oggi di difficile attribuzione. Alcuni storici li collocherebbero infatti nell’ambito artistico di Angelo Nardi da Razzo, mentre studi più recenti vi individuano l’estro pittorico di Lorenzo Lippi e Domenico Pugliani. Si tratta di una serie di dipinti commissionati nella prima metà del Seicento ad ornamento dell’oratorio della Compagnia della Vergine delle Nevi. Una collezione di tredici tele con figure a mezzo busto delle quali oggi solo sei rimangono ad impreziosire gli ambienti della canonica, testimonianza in passato del patrimonio iconografico della Compagnia, oggi memoria di un periodo di fede irripetibile e di un’arte figurativa di notevole intensità artistica.
Scheda e foto di Massimo Certini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – giugno 2019
1 commento
Pingback: Chiesa di Santo Stefano a Pescina (Vaglia)