Il complesso decorativo della pieve di San Silvestro a Barberino costituisce una irrinunciabile tappa nell’itinerario chiniano nel Mugello e arricchisce il consistente patrimonio artistico del territorio.
I restauri compiuti di recente all’edificio, rimasto seriamente lesionato dal sisma del dicembre 2019, hanno consentito anche di recuperare un ciclo di pitture murali di primaria importanza, i dipinti eseguiti all’interno della navata della chiesa, eseguiti da Tito Chini nel 1931, e commissionati a Chini e alle Fornaci San Lorenzo dall’allora pievano don Giuseppe Focacci per ammodernare la chiesa.
In sintesi, questi comprendevano la completa decorazione dipinta delle pareti della chiesa, del vasto coro, delle due grandi cappelle laterali, delle altre quattro cappelle minori, nonché delle travi del soffitto, della sagrestia e della facciata esterna col suo loggiato. Inoltre, le Fornaci San Lorenzo avevano realizzato le grandi vetrate policrome, mentre, a quanto pare, altre erano state ampiamente restaurate e integrate, le formelle della Via Crusis, per concludere con le croci della consacrazione, alcuni vasi per fiori e gli altari laterali.
Parte significativa di quella che doveva apparire probabilmente come la più complessa e imponente impresa decorativa chiniana nel Mugello è andata perduta (o almeno non è visibile) ma i restauri recentemente ultimati consentono di ammirare le ampie parti che fortunatamente rimangono.
I saggi eseguiti sulle pareti della vasta aula hanno riportato alla luce lacerti della decorazione di tipo geometrico e medievaleggiante (motivi a quadrilobi) che, in origine, le doveva rivestire per intero.
Il fulcro dei lavori chiniani è indubbiamente rappresentato dai dipinti delle tre calotte absidali che concludono la cappella maggiore e le due laterali.
Il nome dell’autore, Tito Chini (1898-1947), è accertato dalla firma leggibile sulla scena dipinta nella calotta absidale centrale, assieme alla data 1931, alla quale si riferisce l’intero ciclo decorativo.
Il cuore dell’intera decorazione è riconoscibile nella scena dell’Ascensione di Cristo affiancato dagli apostoli e dal Tetramorfo (cioè i simboli dei quattro Evangelisti), rappresentata nel catino absidale che sovrasta l’altare maggiore. Opera di complessa impaginazione, mostra intatti i caratteri del linguaggio figurativo di Tito in questo giro di anni, gli stessi in cui l’artista era impegnato, ad esempio, nella decorazione del palazzo comunale di Borgo San Lorenzo: una certa fissa e ieratica frontalità delle figura del Cristo (che trova un riscontro nel San Lorenzo borghigiano), si accompagna, per contro, alla plasticità delle figure di contorno, alcune rappresentate di scorcio, nelle quali non mancano anche squarci di un vero virtuosismo prospettico.
Le due cappelle laterali presentano altrettante calotte absidali decorate rispettivamente con la scena dell’Ultima Cena (a sinistra) e della Crocifissione (a destra). La prima è impaginata secondo la tradizionale iconografia dei cenacoli fiorentini quattro-cinquecenteschi, più precisamente appare particolarmente ispirata a quello di Domenico Ghirlandaio eseguito per il convento domenicano di San Marco (1486 ca.), segno della notevole cultura figurativa di Tito che si alimentava soprattutto della grande pittura “classica”, specialmente nel caso dei dipinti a soggetto e destinazione sacri. In questo caso, le figure sono caratterizzate da una solenne monumentalità con l’impiego di una gamma cromatica piuttosto articolata.
Decisamente più semplice appare l’impostazione iconografica della Crocifissione: sullo sfondo di un cielo intensamente azzurro/blu, campeggia la drammatica immagine del Cristo Crocifisso, ai cui piedi si vedono le semplici figure di San Giovanni, e la Maddalena a destra, della Madonna e di Maria di Cleofa, a sinistra (le didascalie consentono una piena e certa identificazione delle figure). Anche in questo caso lo stile di Tito si muove preferibilmente all’interno della tradizione toscana, ma alcune eleganze grafiche e lineari, il gusto per la sottolineatura dei profili delle figure, particolarmente avvertibili nei personaggi femminili appaiono come una sottile e raffinata reminiscenza del linguaggio Liberty, proprio dei Chini.
Ancora alla manifattura borghigiana si devono le raffinate piastrelle ceramiche delle pedane degli altari laterali, corredati dalle classiche colonnine con capitelli a foglie d’acqua, prodotti tipici delle Fornaci San Lorenzo, nonché le splendenti e raffinate vetrate policrome, alcune coi busti degli Evangelisti e firmate dalla manifattura, mentre in altre altre l’intervento si sarebbe limitato ad un restauro con integrazioni, che, in quest’ultimo caso, devono essere state comunque piuttosto estese.
Ancora alla manifattura borghigiana si devono le raffinate piastrelle ceramiche delle pedane degli altari laterali, corredati dalle classiche colonnine con capitelli a foglie d’acqua, prodotti tipici delle Fornaci San Lorenzo, nonché le splendenti e raffinate vetrate policrome, alcune coi busti degli Evangelisti e firmate dalla manifattura, mentre in altre altre l’intervento si sarebbe limitato ad un restauro con integrazioni, che, in quest’ultimo caso, devono essere state comunque piuttosto estese.
Infine, l’intervento della Manifattura delle “Fornaci San Lorenzo” deve essere riconosciuto anche nella decorazione della piccola cappella che si apre all’inizio della parete sinistra della chiesa, destinata a ospitare il fonte battesimale.
Nel soffitto, dalla semplice decorazione dipinta, geometrica e a spirali, si incastonano quattro splendide formelle circolari in maiolica tricroma raffiguranti i simboli degli Evangelisti.
Scheda di Marco Pinelli, foto di Paolo Guidotti
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Progetto Itinerario Liberty Mugello – Unione montana dei Comuni del Mugello