“Ci siamo ritrovati tutti in quei racconti -ha detto Sibe Kallmi, della compagnia teatrale Catalyst, che ha curato la realizzazione dell’evento – le canzoni cantate dalle terrazze, l’applauso per i medici, le lucine accese per esprimere cordoglio per le vittime, gli arcobaleni dipinti alle finestre”. Indubbiamente, questo ha commosso gli spettatori e, differentemente da quando si può pensare, non è un esperimento facile: ci vuole coraggio a trattare questo tema in maniera originale, perché può sembrare presto per parlare di una tragedia che, purtroppo, non è ancora finita. Ciò che probabilmente ha fatto la differenza sono stati il linguaggio ricco di suoni e il ritmo svelto impiegato, che hanno reso l’opera un vero e proprio “esercizio di stile” alla Queneau. Forse questo può essere un esempio anche per gli esperti del settore: spesso a fare lo spettacolo sono le modalità di resa, non tanto, o quantomeno non sempre, i temi, che in questo caso hanno oscillato dalle esperienze nell’infanzia dell’autore, a quelle dei suoi familiari, al suo rapporto con la religione, su cui, secondo alcuni spettatori, ha puntato un po’ eccessivamente, rendendo la sua critica un po’ gratuita. Il finale, con la splendida canzone di Elvis Presley “I can’t help falling love with you” ha riportato l’attenzione sull’uomo in generale, grande protagonista dello spettacolo, e suoi rapporti che questo intrattiene con l’altro, poiché, come ha sottolineato Benvenuti, sono la sola cosa che conta.
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 22 luglio 2021