BORGO SAN LORENZO – Nel giardino di Villa Pecori Giraldi, l’associazione culturale “Lo Scrittoio” di Borgo San Lorenzo, giovedì 20 giugno, ha presentato lo spettacolo teatrale “B. Vanità”, scritto e interpretato dai componenti del gruppo.
La “B.” del titolo sta per “Barbie”, la più che famosa bambola (della quale quest’anno ricorre il 60° genetliaco) che ha fatto sognare alcune generazione di bambine e non solo.

I coniugi californiani Elliot e Ruth Handler, oramai attempati, si intrattengono con la loro nipotina che, naturalmente, ha in braccio la sua “Barbie”. Nell’occasione, i nonni cercano di spiegarle come sia stata creata la “Fashion Doll” più celebre del pianeta. Raccontano che tutto è nato nel garage di casa, laddove un tempo – prima di iniziare la fabbricazione di bambole – si producevano cornici, piccoli arredi e manufatti in legno.
La nonna Ruth, che all’epoca collaborava con suo marito Elliot e con il suo socio in affari, Mattson, si sofferma sul fatto che lei aveva già l’intenzione di arrivare a produrre bambole e che, a tal proposito, aveva già in mente l’immagine della sua bambola ideale: doveva avere le sembianze di una donna moderna nella quale le bambine di allora avrebbero potuto identificarsi.
La svolta avviene nell’anno 1956 quando, durante un viaggio in Svizzera, la nonna vede nella vetrina di un negozio di giocattoli una bambola di plastica, con le sembianze di quella da lei immaginata: la bambola in questione si chiama Lilli. Il personaggio Lilli è la formosa protagonista di un fumetto tedesco, che si guadagna da vivere seducendo uomini ricchi. Diviene in quegli anni talmente popolare che un’industria di giocattoli pensa bene di farne una bambola per adulti. La nonna acquista ben 5 esemplari di quella bambola che serviranno alla creazione di quella sua ideale. Una volta tornata a casa, inizia il lavoro di rielaborazione degli esemplari e alla fine nasce la nuova “creatura” a cui viene dato il nome di sua figlia: Barbara, che è stata la fonte d’ispirazione per Ruth. Nasce così, il 9 marzo 1959, la prima “Barbara Milicent Roberts” (che diverrà subito “Barbie”).

Il successo di “Barbie” è senza precedenti, tanto da fare la fortuna della società Mattel (dalla contrazione dei nomi dei due soci, Mattson e Elliot). Tuttavia, dopo qualche tempo, Ruth avverte che la situazione le sta sfuggendo di mano. Le bambine sono offuscate dalla bellezza quasi perfetta di Barbie e dal suo aspetto da pin-up, che provoca in loro problemi psicologici: difatti, le bimbe rifiutano il modello classico della mamma e vogliono sempre più assomigliare alla bambola. Enorme il fenomeno commerciale ma altrettanto esorbitante il fenomeno sociale che vede adolescenti impazienti di diventare adulte prima del tempo: da qui, frenesie di acquisti compulsivi, forme di anoressia e altre situazioni patologiche.

Il balletto delle bambine che ondeggia sul palco rende l’idea di come le adolescenti, tra farneticazioni e atteggiamenti da vamp, esprimano questi loro desideri.
Drammatica e coinvolgente è anche la storia di Greta che, ossessionata dall’apparire per ciò che non è, si è sottoposta a ben 200 interventi di chirurgia estetica, dolorosi, pericolosi e illegali, dissipando “mezzo milione di denari”. Lo spettacolo termina con la voce narrante che ci ricorda come la Barbie dovrà rimanere pur sempre un giocattolo…

Tutta la rappresentazione è stata intervallata, oltre che dalle coreografie della Mugello Dance Theatre, anche dall’esibizione di due cantanti d’eccezione, Claudia Pini e Paolo Chiocci, accompagnati dal piano di Viola Frizzi.
Pur non definendosi una compagnia teatrale, l’associazione culturale Lo Scrittoio ha saputo ben rappresentare il tema affrontato attraverso la mimica, la gestualità, il tono della voce e le parole, donandoci, come sempre, emozioni e spunti di riflessione.

 

Carla Gabellini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 1 Luglio 2019

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